sabato 19 novembre 2016
Spreafico: ci chiede di prendere coscienza della divisione. Servono gesti e parole che facciano comprendere le ferite della storia
I lavori al convegno ecumenico di Trento (Boato).

I lavori al convegno ecumenico di Trento (Boato).

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Per tre giorni nella città del Concilio hanno discusso insieme in 350 - cattolici e protestanti - abbracciandosi nella pace. Per gli organizzatori del convegno Cei conclusosi ieri a Trento le parole del Papa affidate ad 'Avvenire' sono arrivate come una benedizione tanto gradita, quanto inattesa: «Nel concludere i lavori – osserva don Cristiano Bettega, direttore dell’Ufficio nazionale Cei per l’ecumenismo e il dialogo – ci siamo detti che il Papa ci dà una spinta nella dimensione quotidiana del dialogo, di questa diversità riconciliata. Non si tratta più di ridirsi se avviare percorsi di reciproca comprensione e stima, ma come avviare questi percorsi ormai sperimentati e rilanciati dalle parole del Papa». Monsignor Ambrogio Spreafico, vescovo di Frosinone-Veroli-Ferentino e presidente della Commissione Cei per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso, ha gustato le parole del Papa: «C’invita innanzitutto a prendere coscienza della divisione, non dobbiamo sottovalutare il fatto che siamo divisi. In questi giorni abbiamo visto come condividere gesti e pensieri ci aiuta a costruire l’unità per quanto sappiamo che ciò che ci unisce è molto più di quanto ci divide».

Spreafico pone l’accetto sull’ecumenismo dei martiri ribadito dal Papa di diverse Chiese e confessioni cristiane differenti, che pure ci chiede quindi unità nello spirito del Concilio. «Il primo problema non è la teologia – riflette il vescovo – ma porre gesti e parole che rendano possibile una vicinanza e una comprensione delle ferite che la storia ha provocato. Anche chiedendosi perdono come avvenuto a Lund: Francesco è in questo un missionario dell’unità». La risposta di Francesco alle critiche? «Se uno non è profondamente identitario non può dialogare con nessuno. Chi dice che il dialogo è una rinuncia all’identità vuol dire che è lui il problema. Chi dialoga può farlo in modo serio solo se è profondamente identitario. Chi è profondamente cattolico sa dialogare con sguardo di simpatia nei confronti dell’altro». Il teologo don Angelo Maffeis, presidente dell’Istituto Paolo VI di Brescia e membro della Commissione internazionale del dialogo cattolico-luterano, ha appena concluso un’apprezzata relazione centrata anche sul dovere di far arrivare alle giovani generazioni l’urgenza del dialogo ecumenico non solo interreligioso: «Mi ha colpito nell’intervista di Avvenire l’importanza degli incontri personali del Papa nei suoi viaggi ma inseriti dentro il cammino del Vaticano II. Non si sente protagonista di qualcosa di nuovo ma continuatore di una linea conciliare. Si percepisce poi come egli apprezzi la qualità spirituale dei suoi interlocutori: è un incontro nella preghiera comune riconoscendo la stessa missione. Il riferimento a Lund lo porta a incoraggiare il dialogo teologico e il valore ecumenico di quel principio per cui più che occupare spazi dobbiamo aprire dei processi. Sulla Riforma mette a foco il fatto che Lutero reagisce contro una Chiesa che ha dimenticato la grazia e quindi ci invita a recuperare quest’attenzione».

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