martedì 18 febbraio 2014
​Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II; che saranno canonizzati insieme il 27 aprile, avevano in grande considerazione questo beato, religioso originario di Olera, Bergamo, conosciuto anche come "fratello del Tirolo".
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Tra le cose che uniscono, Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II, i due Papi che il 27 aprile saranno canonizzati in insieme, c’è anche la grande considerazione per un frate cappuccino, Tommaso da Bergamo, o anche Tommaso da Olera.  «Ancora oggi è onorato nella città di Innsbruck e nei dintorni, il nome del "fratello del Tirolo", padre Tommaso da Bergamo, la cui tomba si trova nel locale convento cappuccino e il cui operato ha confermato la fede di contadini e principi del XVII secolo». Così disse Papa Giovanni Paolo II, (come testimoniano e documentano le immagini del Centro Televisivo Vaticano qui a fianco), davanti ai tanti fedeli che presero parte alle celebrazioni del 27 giugno del 1988 a Innsbruck.Nel 1988 era ancora in corso la causa di beatificazione del cappuccino, salito agli onori degli altari il 21 settembre in cattedrale a Bergamo, ma Wojtyła con queste parole dimostrò di conoscere già quel frate nato nel 1563 a Olera, nella Bergamasca, e morto poco lontano dal luogo in cui si tennero quelle celebrazioni (nel convento dei cappuccini alle due di notte del 3 maggio 1631). Richiamò così in questo modo l'attenzione della Chiesa sul fraticello bergamasco. Ricordò inoltre Tommaso come colui che «ha confermato la fede di contadini e principi». Fra Tommaso seppe infatti, sempre con estrema umiltà, essere vicino sia ai poveri, sia ai potenti. Fu proprio l'arciduca del Tirolo Leopoldo V a chiamare a Innsbruck Tommaso nel 1619. Wojtyła con il suo viaggio in Austria (dal 23 al 27 giugno del 1988) si recò in preghiera nel lager di Mauthausen e visitò Vienna, Eisenstadt, Salisburgo e Innsbruck. E Papa Giovanni XXIII lo dichiarò: «un santo autentico e un maestro di spirito». Il suo segretario, il cardinale Loris Capovilla, ricorda: «Rileggeva frequentemente le pagine di questo Fuoco d’Amore (il libro di Tommaso). Ciò che colpiva papa Giovanni era la constatazione della perfetta fusione dell’umile vita di tutti i giorni, condotta dal laico cappuccino, con una vita eminentemente contemplativa. Diceva che fra Tommaso doveva essere stato condotto certamente dallo Spirito del Signore a stendere pagine così limpide e in conformità con la ortodossa dottrina». «Degno di nota particolare – continua Capovilla – mi sembra il fatto che negli ultimi giorni della sua vita, specie quando cominciò a restare a letto, dal 20 maggio 1963, Papa Giovanni volle che, a turno, il sottoscritto, l’infermiere fra Federico Belotti e i giovani aiutanti Guido e Gianpaolo Gusso gli leggessimo, oltre alle pagine dell’Imitazione di Cristo, del Breviario e di altri libri di pietà, copiosi brani di Fuoco d’Amore. Papa Giovanni mi aveva parlato di lui come di un santo autentico e di un maestro di spirito». Inoltre Capovilla in un’intervista su Fra Tommaso ha avuto modo di dichiarare: «Per quello che ha scritto e che ha lasciato, è un uomo che merita di essere accostato ai grandi Dottori della Chiesa».
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