sabato 7 aprile 2018
Da oggi a Taungngu al via le celebrazioni per ricordare i primi arrivi nel 1869. Il messaggio di Filoni: una Chiesa piccola ma dinamica figlia dell’eroismo dei primi missionari
I primi tempi di presenza missionaria del Pime in Myanmar (Mauro Moreti)

I primi tempi di presenza missionaria del Pime in Myanmar (Mauro Moreti)

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Un’autentica epopea missionaria, quella scritta dal Pime in Myanmar; «un’amicizia lunga un secolo e mezzo», la chiama il Superiore generale dell’istituto, Ferruccio Brambillasca, che oggi e domani parteciperà a Taungngu, insieme con una nutrita rappresentanza della Chiesa locale, alle celebrazioni per il centocinquantesimo anniversario dell’arrivo in Birmania dei primi missionari di quello che allora si chiamava “Seminario lombardo per le missioni estere” e oggi ha preso il nome di Pontificio istituto missioni estere (Pime). Quando nel 1866 Propaganda Fide propose al Pime di assumere la missione della Birmania orientale, non mancò di avvisare che si trovava in «territori ancora indipendenti, abitati da tribù in guerra tra loro».

I primi tre missionari (Eugenio Biffi, Rocco Tornatore, Tancredi Conti e Sebastiano Carbone) arrivarono a Toungoo nel 1868, scoprendo che in città erano già presenti altri cristiani (battisti) e che la popolazione, in larga maggioranza buddista, era restia alle conversioni. Decisero così di rivolgersi ai “pagani”, ossia ai tribali, disprezzati da tutti. E agli inglesi che li sconsigliavano vivamente («Non potremo più proteggervi!») replicarono: «Andiamo lo stesso, siamo sotto la protezione di Gesù Cristo».

Fin dall’inizio i missionari del Pime si proposero di raggiungere le regioni al di là del fiume Salween (che divide la Birmania centrale da quella orientale). Da allora il Pime ha continuato ad operare in una delle zone più difficili dell’Asia, non lontano dal famigerato “Triangolo d’oro”, al confine con Laos e Thailandia, tra minoranze etniche, ieri come oggi, in rapporti molto tesi con Yangon. Nell’arco di un secolo e mezzo il Pime ha fondato in Myanmar ben cinque diocesi: oltre a Taungngu, quelle di Kengtung, Taunggyi, Loikaw e Pekhon.

Ed è proprio a vescovi, sacerdoti e reli- giosi di quelle diocesi che il cardinale Fernando Filoni, prefetto della Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli, ha inviato un messaggio in cui esprime sentimenti di stima per il lavoro iniziato dai missionari del Pime e continuato da coloro che oggi dedicano le loro vite al servizio della Chiesa locale. Ricordando quanto detto papa Francesco nella sua visita di novembre scorso, Filoni afferma che la forza della piccola ma dinamica Chiesa del Myanmar è dovuta all’eroismo dei primi missionari e allo sforzo e alla fede di coloro che, fino ad oggi, si sono uniti ad essi.

In terra birmana hanno operato figure di grande rilievo: tra gli altri fratel Felice Tantardini, missionario laico di cui è in corso il processo di beatificazione e i beati Paolo Manna, fondatore della Pontificia unione missionaria e Clemente Vismara, “patriarca” della Birmania. L’amicizia con il popolo della Birmania è costata al Pime la vita di cinque missionari, uccisi negli anni tra il 1950 e il 1955; tra loro padre Mario Vergara, beatificato nel 2014 insieme al suo catechista Isidoro Ngei Ko Lat, primo martire della Chiesa del Myanmar. La travagliata vicenda politica del Paese (che negli anni Sessanta intraprese la “via birmana al socialismo”) portò nel 1966, dopo la confisca dei beni ecclesiastici, all’espulsione di tutti i missionari entrati prima dell’indipendenza, proclamata nel 1948. Del Pime restarono in 29, anche a costo di gravi rischi.

L’ultimo fu padre Paolo Noè, morto nel 2007 dopo 59 anni trascorsi in aree fino a poco tempo fa inaccessibili agli occidentali per via della guerra con gli indipendentisti locali. In tempi recenti il Pime ha continuato ad appoggiare la Chiesa birmana con brevi soggiorni di missionari per corsi di formazione (a causa dell’isolamento politico l’aggiornamento pastorale dopo il Concilio sta avvenendo con grande ritardo), oppure accogliendo per lo studio seminaristi birmani in Italia. Padre Brambillasca conferma: «In questi 150 anni molte cose sono cambiate, ma l’affetto del Pime per questa terra e questa Chiesa non è mutato. Abbiamo dato a questa terra beati, martiri e tanti missionari. Ora la Chiesa in Myanmar può camminare da sola, ma noi del Pime, se ci sarà richiesto, saremo sempre pronti ad aiutarla».

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