giovedì 25 luglio 2013
La comunità italiana in Brasile comprende tanto i cittadini residenti quanto gli oriundi non ancora titolari di cittadinanza. Presenti in tutte le regioni del Paese, gli italiani sono principalmente concentrati negli Stati del Sud del Brasile dove più intenso è stato il flusso migratorio iniziato nel lontano 1874.
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La comunità italiana in Brasile comprende tanto i cittadini residenti quanto gli oriundi non ancora titolari di cittadinanza. Presenti in tutte le regioni del Paese, gli italiani sono principalmente concentrati negli Stati del Sud del Brasile dove più intenso è stato il flusso migratorio iniziato nel lontano 1874. La maggiore concentrazione di discendenti di nostri connazionali si trova nello Stato meridionale dell’Espirito Santo, in cui il 67 per cento della popolazione ha origini italiane. Complessivamente, la popolazione brasiliana di origine italiana è stimata oggi in 25 milioni di persone, pari al 15 per cento della popolazione totale del Paese. Nello stato di Rio de Janeiro vivono circa 600mila italiani e discendenti, pari al 4 per cento del totale. «Sono la settima presenza sul territorio nazionale, ma sono certamente una comunità molto attiva e produttiva. Qui hanno sede grandi aziende italiane e quindi anche il numero di espatriati è consistente sebbene inferiore a San Paolo», spiega Mario Panaro, da due anni console generale a Rio de Janeiro, in prima linea nel sostegno all’organizzazione e allo svolgimento della Gmg. È proprio a loro, e agli oltre settemila pellegrini italiani iscritti ufficialmente alla Giornata, che è stato rivolto l’invito alla Festa italiana del Maracanãzinho, il piccolo palazzetto dello Sport vicino al più famoso stadio Maracanã di Rio de Janeiro. Ieri sera (la notte appena trascorsa in Italia, ndr) si sono esibiti gruppi e artisti importanti, emergenti o di lungo corso, come Francesca Michielin, Ron, Chiara, Francesco Renga e gli Zero Assoluto. «#immaginaRio, Giovani in festa con papa Francesco» il titolo dell’appuntamento che ha preso le mosse dalla figura di Gesù per riflettere sull’attualità del suo messaggio. Protagonisti della serata condotta da Francesca Cialdini, Livio Beshir e Lorena Bianchetti, sono stati anche gli attori Fabrizio Bucci e Marilù Pipitone. Il momento clou è stato però la presenza di papa Francesco. In collegamento da Tijuca dove ha inaugurato l’ospedale di São Francisco de Assis (centro per la riabilitazione e per il recupero di tossicodipendenti) ristrutturato anche grazie al contributo della Conferenza episcopale italiana. Il Pontefice ha infatti voluto inviare un messaggio ai giovani italiani. L’iniziativa, dello spettacolo-evento, come si può capire, è stata salutata con grande risalto e successo nel nostro Paese come in Brasile. Compresa la comunità di oriundi che a troppo a lungo si è, per così dire, sentita “dimenticata” dall’Italia: la classe politica che ha permesso il voto agli italiani all’estero solo in tempi recenti ma anche la stampa che poco spazio dedicato ai tanti italiani che spinti dalla necessità o dal corso della loro vita hanno contribuito (spesso in modo rilevante) a costruire l’economia del Paese sudamericano. Eppure la presenza degli italiani in Brasile ha origini remote. È di Amerigo Vespucci la scoperta di Salvador de Bahia nel 1501 e già nel 1502 la grande Bahia de Todos os Santos appariva in una carta geografica del duca di Ferrara Ercole d’Este. Vespucci costeggiò poi la costa fino ad Angra dos Reis (oggi località turistica) e fondò Cabo Frio, il primo insediamento fortificato portoghese, una guarnigione formata da 24 uomini di cui 12 italiani. A Rio de Janeiro gli italiani giunsero invece più tardi, verso il 1820, in maggioranza liguri di Genova. Rivolte di lavoratori italiani generarono sentimenti di chiusura verso l’immigrazione dalla penisola, poi superati dall’arrivo proprio a Rio, proveniente da Napoli, di Maria Teresa di Borbone, figlia del Re delle due Sicilie Francesco I, destinata in sposa al secondo monarca brasiliano Don Pedro II. Alla fine del XIX secolo, dopo l’abolizione della schiavitù (1888) furono le grandi fazendas (allevamenti di bestiame) la meta principale dell’immigrazione italiana composta in gran parte da umili braccianti e agricoltori. Solo in tempi successivi, a cavallo della Prima guerra mondiale, seguì un flusso di piccoli commercianti, professionisti e artigiani dell’Italia meridionale e della Toscana. È proprio a questi immigrati, un flusso che continua anche oggi fra i giovani vittime della crisi, che è stata dedicata la Festa italiana. Una celebrazione insieme religiosa e umana perché ricorda l’avventura e la vita di tanti di noi.
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