lunedì 9 settembre 2019
Il messaggio del Papa: un pastore «fondato nella carità». La festa a Perugia per il giubileo episcopale del presidente della Cei. La confidenza: non sono mancate «croci e tribolazioni»
Il cardinale Bassetti durante la Messa a Perugia per i 25 anni di ordinazione episcopale

Il cardinale Bassetti durante la Messa a Perugia per i 25 anni di ordinazione episcopale

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Papa Francesco lo definisce «fratello fondato nella carità», prendendo a presto il motto episcopale del cardinale Gualtiero Bassetti. E lui, arcivescovo di Perugia-Città della Pieve e presidente della Cei, quasi facendo eco alle parole del messaggio firmato da Bergoglio, rivolge il suo pensiero «agli sfiduciati», a chi «si sente abbandonato da tutti o ha subito ingiustizie», alle «famiglie soprattutto a quelle dove mancano pane e lavoro», a «tutti coloro che hanno perso la speranza per la durezza del cuore dei fratelli», a «chi non ha un tetto dove abitare» o «non ha mai ricevuto un gesto di amore». Abbraccia la sua «famiglia», ossia la gente che incontra ogni giorno, Bassetti nella Messa in cui celebra i venticinque anni da vescovo. Era l’8 settembre 1994, festa liturgica della Natività di Maria quando riceveva l’ordinazione episcopale nella “sua” Firenze dopo essere stato nominato nel luglio dello stesso anno pastore di Massa Marittima-Piombino. È l’8 settembre 2019 quando l’ex prete fiorentino – oggi cardinale 77enne alla guida dell’episcopato italiano – festeggia nella Cattedrale di Perugia il suo «giubileo d’argento», come scrive il Papa nel testo inviato per l’occasione. Il Pontefice gli esprime il suo particolare «affetto»; sottolinea la capacità di unire «all’amore di Dio la cura del prossimo»; pone l’accento sul «servizio rivolto a Dio e al suo popolo e adornato di tante opere di carità». E cita l’«incarico» di presidente della Cei che «degnamente eserciti e la premurosa attività svolta presso vari uffici della Sede Apostolica».

La lettera di Francesco risuona fra le navate che accolgono il “popolo” stretto intorno a Bassetti. In primo luogo, quello di Perugia-Città della Pieve, arcidiocesi che guida da dieci anni (un anniversario che sarà festeggiato il 4 ottobre con un concerto del coro della diocesi di Roma diretto da monsignor Marco Frisina). E poi quello delle terre legate al cardinale: Firenze, Massa Marittima-Piombino, Arezzo-Cortona-Sansepolcro. Non è un caso che l’Eucaristia sia concelebrata con i sacerdoti dell’Umbria e della Toscana e con quattordici vescovi delle due regioni. Fra loro il cardinale Ennio Antonelli, presidente emerito del Pontificio Consiglio per la famiglia e già arcivescovo di Perugia-Città della Pieve, e il vescovo di Fiesole, Mario Meini, vice-presidente della Cei per l’Italia centrale. «Padre e fratello» lo chiama l’ausiliare Marco Salvi nel saluto all’inizio della Messa. E rivela che da alcuni anni la «missione di vescovo» di Bassetti ha assunto una valenza «nazionale e mondiale», prima con la porpora e poi con la presidenza Cei. «C’è voluto un grande sforzo per assumere con energia questi ruoli», afferma Salvi. Eppure, aggiunge, mai è venuta meno la «presenza costante e generosa» in diocesi continuando sempre a «tessere i fili di comunione e di carità».

Il cardinale sorride. È quasi commosso. Parla del suo ministero episcopale come di un «santo viaggio» che lo ha portato da Firenze alla Maremma e poi da Arezzo-Cortona-Sansepolcro (Chiesa in cui è stato per un decennio) al capoluogo umbro. «Le mie braccia – confida nell’omelia – sono oggi più deboli e le forze diminuite, ma i palpiti del cuore, per tutta la nostra gente, sono gli stessi». E sono stati venticinque anni «sotto la speciale protezione della Vergine, totalmente gratuita perché non meritata», ripete. Con la mente va alle sue origini. «Provengo da una famiglia povera dell’Appennino tosco-romagnolo. Ho vissuto da piccolo il dramma della seconda guerra mondiale». E richiama l’esempio dei genitori che «mi hanno trasmesso, assieme al timor di Dio, una fede semplice, ma robusta, che si esprimeva nel rispetto degli altri e nella solidarietà verso tutti». Poi il Seminario a Firenze. La missione di prete «che, pur con tanti limiti, ha voluto essere una consegna generosa a Cristo e ai fratelli». E i ventidue anni da «formatore nei Seminari» del capoluogo toscano, minore e maggiore di cui è stato rettore. Oltre cento “suoi” ragazzi sono stati ordinati sacerdoti. «E ora tre di loro sono vescovi in altrettante diocesi d’Italia, un quarto è nunzio apostolico», dice.

Quindi l’omaggio al “maestro e amico” il cardinale Silvano Piovanelli, l’arcivescovo di Firenze che l’aveva voluto suo vicario generale e che l’ha consacrato vescovo. Riferendosi al periodo aretino, ammette di aver vissuto in una «Chiesa toccata dalla presenza di san Francesco, con le due famose terrazze sull’Europa, Camaldoli e La Verna, così definite da Giorgio La Pira». E, tornando al presente, rivela: «Non sono mancate in questi anni pene, tribolazioni e croci». Di Perugia ricorda le «numerose vocazioni al presbiterato e alla vita religiosa» ma anche la «pastorale giovanile che sta portando i suoi frutti». Come a dire che occorre guardare avanti. Affidandosi sempre a Maria «segno di sicura speranza».

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