venerdì 29 aprile 2016
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Una visione d’insieme di cosa significa «Essere vescovo oggi», seppur da prospettive diverse tra loro, ma ancorati alla concretezza della vita quotidiana. Su queste linee, nei giorni scorsi, si è discusso nel convegno organizzato dalla diocesi di Latina-Terracina-Sezze-Priverno. A relazionare sono stati chiamati il cardinale Edoardo Menichelli, arcivescovo di Ancona-Osimo; monsignor Dario Vitali, teologo, docente all’Università Gregoriana; Paolo Rodari, giornalista vaticanista. Un momento voluto dal vescovo diocesano Mariano Crociata in occasione della prossima ordinazione episcopale di don Felice Accrocca, arcivescovo eletto di Benevento, ma anche per conoscere meglio il servizio di «insegnare, santificare e reggere» la propria diocesi in una società come quella attuale. Proprio il cardinale Menichelli ha posto l’attenzione su una questione di principio: «Non c’è diritto all’episcopato. Però, se un presbitero accetta questo ministero credo debba aver risolto un problema di fondo: ci crede o non ci crede? Perché bisogna essere prima di tutto discepolo di Cristo ed essere alla sua sequela». Rispetto alla sua esperienza personale, Menichelli ha spiegato di impostare il suo ministero «sulla scelta continua tra l’essere servito e l’essere servitore; come un padre è sempre disponibile, anche il vescovo non ha orari ed è un pastore che 'abita con' la gente che ha bisogno di essere ascoltata. Consiglio di non allontanarsi mai dalla normalità». In un’epoca come quella attuale, in cui la comunicazione è istantanea e pervasiva, secondo il giornalista Paolo Rodari «il vescovo deve ricordare sempre il profilo pubblico del suo ministero, cioè non si rivolge solo ai suoi fedeli, tenendo presente che anche coloro che non credono hanno un’attesa; comunque tutti giudicano la sua coerenza di vita con quella professata». Nella vita di tutti i giorni, sempre per Rodari, «è una questione di stile, che per me deve essere all’insegna della sobrietà». Da parte sua, il professor Dario Vitali ha riportato la discussione «su quale immagine abbiamo di un vescovo e quindi della stessa Chiesa». Si è passati da «una visione preconciliare, di fatto funzionario del Papa a livello locale, a quella del Vaticano II che introduce la sacramentalità dell’ordinazione episcopale e recupera il valore della successione apostolica. Così, alla luce di questo magistero si può affermare che, nella sua diocesi, il vescovo è un cardine della collegialità, poiché è uomo di relazione, ma soprattutto è segno e principio di unità». Un aspetto questo su cui tutti hanno trovato una sostanziale concordanza. © RIPRODUZIONE RISERVATA Il tavolo dei relatori al convegno
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