giovedì 5 gennaio 2017
Cinque sono italiani, tre sono stranieri. Due di questi, musulmani. Sono i commensali dell'arcivescovo di Milano. Che dopo la Messa in Duomo, divide il pasto della festa con chi non ha casa
Il cardinale Scola presiede i secondi vespri dell'Epifania nel Duomo di Milano (Fotogramma)

Il cardinale Scola presiede i secondi vespri dell'Epifania nel Duomo di Milano (Fotogramma)

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Otto clochard. D’età compresa fra i 25 e i 65 anni. Cinque sono italiani, tre sono stranieri. Due di questi, musulmani. Sono i commensali del cardinale Angelo Scola nel giorno in cui la Chiesa celebra la solennità dell’Epifania del Signore. Una festa particolarmente sentita a Milano, dove nell’antica Basilica di Sant’Eustorgio sono custodite le reliquie dei Magi. Ecco, allora, il tradizionale corteo da piazza Duomo a Sant’Eustorgio, la mattina del 6 gennaio, a rievocare il cammino dei sapienti d’Oriente e il loro incontro con il Dio Bambino. Ma quell’incontro non è una storia del passato o un mero pretesto per una manifestazione folcloristica. È una storia vera. È un evento che si rinnova. Oggi. Ora. Nell’incontro con Gesù Cristo, volto della misericordia del Padre. Incontrato nella Parola di Dio. Nell’Eucaristia. E nei poveri.
Questo suggerisce l’agenda dell’arcivescovo di Milano di venerdì 6 gennaio 2017. Alle 11 il cardinale Scola presiede il Pontificale dell’Epifania in Duomo, dove torna alle 16 per guidare la recita del Secondi Vespri. Fra Messa e Vespri – l’una e gli altri trasmessi in diretta da Chiesa Tv, canale 195 del digitale terrestre, e www.chiesadimilano.it – alle 13 un’altra mensa, quella dell’arcivescovado, sarà il luogo di un’esperienza di incontro e condivisione. Niente diretta, in questo caso. Attorno a Scola, otto senza dimora. Di età, nazionalità, fedi differenti, sono una rappresentanza di tutte quelle persone in difficoltà seguite da Caritas Ambrosiana nel loro cammino di riscatto.


Non è la prima volta che Scola festeggia l’Epifania invitando a pranzo in arcivescovado commensali speciali. Un anno, furono ragazzi stranieri di diverse provenienze. Un anno, un gruppo di preti anziani della diocesi di Milano. Un anno, alcuni carcerati. Nel 2016, una famiglia di profughi iracheni di origine palestinese e di fede islamica. Ora, gli otto clochard. Che porteranno l’oro, l’incenso e la mirra delle loro fatiche, delle loro ferite, delle loro speranze. Dei loro sogni.


Rilanciando le parole di papa Francesco, a proposito della «nonviolenza attiva come metodo di costruzione di pace», il 1° gennaio scorso Scola affermava, nell’omelia della Messa in Duomo: «Questo metodo ci tocca anzitutto di persona e va vissuto a livello delle relazioni costitutive – famiglia, vicinato, comunità ecclesiale, realtà civile – in cui siamo immersi. Per la pace tra i popoli dobbiamo offrire ai potenti di questo mondo un tessuto civile adeguato quale solo uomini di pace sono in grado di tessere pazientemente. Arrivare fino al perdono, condividere il bisogno, stare di fronte a Dio spalancati in umile atteggiamento di confessione rappresenti l’impegno del nuovo anno. Ad esso ci solleciterà la venuta a Milano del Papa il prossimo 25 marzo». Ecco: anche da un pasto condiviso, a raccogliere, nella stessa festa, attorno alla stessa tavola, italiani e stranieri, cristiani e musulmani, passa il cammino dei costruttori di pace.

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