venerdì 27 gennaio 2017
Intervista al diacono permanente di Brescia, Mauro Salvatore, sposato e padre di quattro figli. «Il mio servizio nel segno della trasparenza. Anche il Vangelo può illuminare i bilanci e i numeri»
Papa Francesco con il diacono permanente Mauro Salvatore, nuovo economo Cei

Papa Francesco con il diacono permanente Mauro Salvatore, nuovo economo Cei

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Più volte ricorre al vocabolo «gratitudine» per commentare la «sorpresa» della sua nomina. E al tempo stesso parla di «trepidazione» perché, confida, «certamente immagino che si tratti di un compito gravoso». Ma subito aggiunge: «Mi affido al Signore». È dal suo ufficio nella Curia di Brescia che Mauro Salvatore si racconta. Sessantuno anni, originario di Milano, sposato da trentasei e padre di quattro figli, laureato in lettere e poi in scienze religiose, è il diacono permanente della diocesi di Brescia scelto come nuovo economo della Cei.

Per la prima volta l’incarico non è affidato a un sacerdote. «Leggo tutto ciò – osserva Salvatore – come un segno dei tempi. Nella Chiesa che viene dal Concilio e che valorizza sempre più le varie ministerialità, il fatto che ci sia un’articolazione di ruoli è significativo. Inoltre da diacono vedo la nomina come un’opportunità di servizio». A lungo dirigente nell’Università Cattolica del Sacro Cuore (fra Milano e Brescia) e nell’Editoriale bresciana, insegna organizzazione delle aziende editoriali alla facoltà di lettere della Cattolica a Brescia. Come cifre o bilanci si legano con il Vangelo e un percorso di fede? «Occorre rendersi conto che il Vangelo non è una buona notizia data in astratto – afferma Salvatore –, ma essa va calata nella realtà che l’uomo vive. Guardando allo specifico di un economo, la scommessa è far sì che la buona notizia possa dire qualcosa anche all’economia».

La Chiesa italiana sollecita a una buona, corretta e trasparente gestione dei beni e delle risorse. Ma non mancano le difficoltà. «Da una parte scontiamo un retaggio culturale – riflette il nuovo economo Cei –. Siccome parliamo di attività legate alla generosità dei fedeli, dal momento che siamo collettori della carità di molti verso altri, si ritiene che serva una certa parsimonia di notizie. Tuttavia non è assolutamente immaginabile che l’intera attività economica non sia resa evidente. Da tempo la Cei ha invitato alla massima trasparenza nella gestione dell’8xmille da parte delle diocesi. Dall’altro lato, dobbiamo confrontarci con il continuo aggiornamento della normativa in campo civilistico, fiscale e finanziario che rappresenta una difficoltà. Da qui la necessità che ai sacerdoti si affianchino collaboratori laici competenti. È impensabile che oggi un parroco sia anche commercialista, avvocato, ingegnere».

L'intervista integrale su Avvenire del 28 gennaio

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