venerdì 15 ottobre 2010
Con il messaggio del Papa letto dal nunzio Bertello e con la prolusione del cardinale Bagnasco, ha preso il via a Reggio Calabria la 46ª Settimana Sociale. Nella prima relazione il sociologo Diotallevi ha spiegato che la posta in gioco del dibattito «è l’Italia stessa», mentre il vescovo Miglio ha sollecitato «un’educazione al bene comune». LA PROLUSIONE DEL CARD. BAGNASCO | IL MESSAGGIO DEL PAPA


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In 1.200 per cominciare a riempire quell’«Agenda di speranza» di cui l’Italia ha tanto bisogno. Un’agenda che parte dalla «insostituibile funzione sociale della famiglia», come ricorda il Papa nel suo messaggio, per approdare agli altri valori non negoziabili – vita, sfida educativa, libertà religiosa – e in definitiva a quella «questione antropologica», che il cardinale presidente della Cei, Angelo Bagnasco, proprio sulla scia del magistero di Benedetto XVI, indica in pratica come l’altro nome della questione sociale e dell’unità politica dei cattolici. «Su molte cose e questioni – nota il porporato – ci sono mediazioni e buoni compromessi, ma ci sono valori non soggetti a mediazioni, pena essere negati».L’agenda, ricorda il Papa, comprende anche il bisogno «di una nuova generazione di cattolici» impegnati in politica «senza complessi di inferiorità» e non dimentica la grande questione degli immigrati, da integrare «nel pieno rispetto della legalità». L’opera che fino a domenica i 1.200 delegati della 46ª Settimana Sociale, inaugurata ieri pomeriggio a Reggio Calabria, si accingono a scrivere, è già a buon punto. Frutto di una prima sessione di lavoro, che – oltre al messaggio di Papa Ratzinger, letto dal nunzio in Italia, monsignor Giuseppe Bertello e alla prolusione del cardinale Bagnasco – ha visto un mosaico di spunti e di interventi, proprio in vista della compilazione della famosa Agenda. Così, sotto le eleganti volte del Teatro comunale di Reggio, non è andata in scena un’opera di fantasia, ma è stata passata in rassegna la viva realtà dell’Italia del 2000, con le sue ombre e le sue (potenziali) luci. Parlando, ad esempio, dell’attuale crisi, il Papa (nel testo che pubblichiamo integralmente a pagina 19) ha sottolineato che «il problema non è solo economico, ma soprattutto culturale». Il primo punto dell’Agenda non può non essere, dunque, quello di riportare al centro dell’attenzione la famiglia, assicurandole – come scrive il Pontefice – «efficaci misure di sostegno». Un punto, questo, sul quale non tutti gli attori sociali sono oggi d’accordo. «È infatti di tutta evidenza – ha notato il cardinale Bagnasco nella prolusione di cui pubblichiamo ampi stralci a pagina 18 – l’impronta individualista che la cultura contemporanea propaga». Ma l’Italia del 2000 non ha bisogno di «monadi accanto ad altre monadi», ha ricordato il presidente della Cei – molto applaudito al termine della sua relazione – quanto di persone capaci di entrare in relazione con altre persone, cioè «capaci di fare comunità, popolo, casa». È questa, in sostanza la via per il bene comune che i cattolici indicano al Paese. Non tanto per «imporre alla società pluralista una morale cattolica», ma per offrire il contributo di una sana laicità, lontana dal «confessionalismo», come dal suo opposto che è il «laicismo». «Nessuno – ha rimarcato Bagnasco – dovrebbe considerare con sospetto la religione», perché in Europa, come del resto in Italia, «non è il cristianesimo che ostacola il progresso, la democrazia, la pace. Aspettarsi che i cattolici si limitino al servizio della carità, chiedendo loro invece l’afasia su altri versanti, significherebbe tradire Dio e l’uomo».Con l’Agenda di speranza e con i suoi punti fondamentali, dunque, ha cominciato a delinearsi fin dall’inizio dei lavori la vera posta in gioco di questi anni difficili. «La posta in gioco – ha detto il sociologo Luca Diotallevi, nella prima relazione della Settimana sociale – è l’Italia stessa». Secondo il vicepresidente del Comitato scientifico e organizzatore, infatti, il Paese «attraversato da dinamiche divaricanti non adeguatamente riconosciute ed affrontate». Dinamiche territoriali (Nord–Sud, per intenderci), generazionali (frutto del «declino demografico») ed economiche, che rendono urgente applicare la cura del bene comune, soprattutto adesso che si va verso il federalismo, da non confondere con un «microstatalismo». «I nodi che l’agenda individua vanno infatti affrontati al più presto e costituiscono una sfida urgente e difficile, dagli esiti per nulla scontati», ha rilevato Diotallevi, applaudito specie quando ha stigmatizzato la malavita organizzata, ne ha ricordato i martiri e puntato il dito contro quanti scippano i giovani del loro futuro. Per fortuna, ha concluso, esistono ancora forze sufficienti, specie nel mondo cattolico, per vincere quelle sfide. Ma «bisogna far presto». E bisogna far presto soprattutto in merito alla sfida educativa. Monsignor Arrigo Miglio, vescovo di Ivrea e presidente del Comitato scientifico e organizzatore, ha ricordato quanto questa sfida sia presente nell’Agenda della Settimana sociale. «Le potenzialità che ogni essere umano ha in sé vanno tirate fuori per consentirgli di partecipare responsabilmente e positivamente alla vita della comunità umana», ha detto il presule. Una «educazione al bene comune», dunque, che entra a pieno titolo tra le priorità del decennio dedicato proprio alla formazione. E che da Reggio Calabria si spera possa propagarsi a tutta l’Italia.
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