martedì 17 novembre 2020
Stamani in preparazione all’esposizione universale che si aprirà il 1°ottobre 2021 un evento digitale promosso dall’Italia sulle relazioni interculturali e interreligiose
Sullo sfondo del documento di Abu Dhabi e dell’enciclica “Fratelli tutti” la sfida dell’incontro tra le fedi come via di pace anche in tempo di pandemia

Sullo sfondo del documento di Abu Dhabi e dell’enciclica “Fratelli tutti” la sfida dell’incontro tra le fedi come via di pace anche in tempo di pandemia - Wikimedia Commons

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Nella geografia del mondo pre Covid, Dubai era una frontiera aperta sul domani. La città-stato simbolo della crescita a mille all’ora, con i grattacieli in cemento e vetro sempre più alti. Il crocevia, pur tra tante contraddizioni, si pensi alla tutela degli ultimi, delle varie anime sociali, economiche, culturali, chiamate a progettare il futuro. Non a caso “collegamento”, “connessione” è la parola chiave dell’Expo 2020, l’esposizione universale che si sarebbe dovuta tenere negli Emirati Arabi in questo periodo, dallo scorso 1° ottobre al 31 marzo 2021 e rimandata di un anno esatto, nelle medesime date ma dodici mesi dopo, ovviamente sullo stesso tema: “ Connecting minds, creating the future” (“Collegare le menti, creare il futuro”).

Un concetto riconducibile anche al nome arabo della città di Dubai, al-Wasl significa collegamento, e che richiama alla prospettiva del dialogo, la cui declinazione in chiave interreligiosa e interculturale è al centro del contributo italiano alla “Tolerance & inclusivity pre-Expo week”, evento digitale che anticipa le settimane tematiche della prossima esposizione quando, dal 14 al 20 novembre 2021 verranno messe al centro proprio l’inclusione e la tolleranza con un focus speciale su quest’ultima nella Giornata, il 16 novembre, che le è dedicata.

Nell’occasione il Padiglione Italia ospiterà il forum internazionale “Connecting souls” (Collegare le anime) i cui contenuti sono in qualche modo anticipati dall’odierno forum digitale, pre-Expo event in programma stamani alle 9.35 e visibile sul canale You-Tube di Expo 2020 Dubai. Sullo sfondo, e non potrebbe essere altrimenti, il “Documento sulla fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune” firmato il 4 febbraio 2019 ad Abu Dhabi da papa Francesco e dal grande imam di al-Azhar, Ahmad Al-Tayyeb. «Sono passati quasi due anni – spiega monsignor Paul Hinder vicario apostolico dell’Arabia Meridionale e amministratore apostolico dell’Arabia Settentrionale – e nel frattempo si è giunti anche al Patto di Abramo (tra Emirati Arabi, Bahrein e Israele ndr) ,che ha promosso iniziative diplomatiche, economiche, culturali e religiose prima impensabili. Il dialogo interreligioso prosegue e ha acquistato anche una rilevanza politica. Per questo è cruciale mantenere queste dinamiche nel periodo che seguirà la pandemia». Fondamentale, in tal senso, il ruolo della formazione, che significa promuovere l’educazione e la conoscenza.

«Per via della pandemia – è la disanima di Stefania Giannini vice direttore generale Unesco – abbiamo avuto 1,5 miliardi di studenti fuori da scuola e la maggior parte degli Stati è costretta a trasformare i metodi di insegnamento tradizionali in e-learning e blended (misto) learning. Questa situazione ha messo in luce molte disuguaglianze. Per questo l’Unesco ha promosso un incontro globale sull’educazione con 14 capi di Stato e oltre 80 ministri dell’istruzione per costruire un’agenda comune sull’utilizzo del Recovery Fund a favore di nuovi modelli educativi. Siamo fiduciosi che un mondo più istruito possa promuovere maggiormente i valori fondamentali per l’umanità».

Tra questi la protezione delle comunità religiose, frontiera che, sottolinea l’ambasciatore italiano presso la Santa Sede, Pietro Sebastiani rappresenta una priorità per la politica estera del nostro Paese. «Nell’enciclica “Fratelli tutti” – commenta Sebastiani – la parola “dialogo” è menzionata 44 volte ma non si tratta di un tema di interesse solo per le Chiese, riguarda infatti direttamente anche le istituzioni non religiose, la società civile, i governi e le organizzazioni internazionali dal momento che è legato al principio fondamentale della libertà di ogni essere umano». Un principio che in ambito religioso si manifesta nell’incontro tra le differenze riconciliate, si esprime nel rapportarsi a Dio ciascuno secondo le proprie tradizioni. Così come avvenne per iniziativa di san Giovanni Paolo II nel 1986 ad Assisi, evento il cui impulso profetico è portato avanti dalla Comunità di Sant’Egidio.

«Lo spirito di Assisi – spiega il presidente Marco Impagliazzo – vuol dire non più pregare gli uni contro gli altri come si è fatto per secoli, ma gli uni accanto agli altri con un unico obiettivo, quello di portare nel mondo il messaggio di pace che è al cuore di ogni religione. Questo è lo spirito di Assisi e sono stato molto felice che la Comunità di Sant’Egidio ed io personalmente, abbiamo potuto partecipare al grande incontro del febbraio 2019 negli Emirati Arabi Uniti con la firma del fondamentale documento sulla fratellanza umana». Un testo, quello di Abu Dhabi, che rifiuta le omologazioni ma invita all’incontro tra le differenze. «Immaginare un mondo dove tutti condividiamo lo stesso background, la stessa cultura, la stessa religione, la stessa storia – commenta Khadijah Taufiq, studentessa alla Bocconi di Milano e membro del programma di Peer Mentoring (una forma di tutoraggio) per gli eventi formativi e culturali del Padiglione Italia – è spaventoso e anche noioso.

Ora più che mai abbiamo bisogno delle nostre differenze ed è proprio questo che Expo rappresenta: una piattaforma globale di opportunità, dibattito e dialogo». Un’offerta che varrà a maggior ragione per l’evento “Conneting souls” ospitato da Padiglione Italia con l’obiettivo di mettere in relazione «i grandi patrimoni spirituali, le culture e le religioni». La proposta – commenta lo storico delle religioni Alberto Melloni – consiste nel «partire da “Connecting minds” e fare un passo ulteriore nella direzione della connessione delle anime. “Connecting souls” vuole far vedere come sia possibile che attraverso la memoria e la fiducia comuni le religioni siano il luogo in cui ciascuno dà ospitalità all’altro. Non un deserto di tolleranza, uno spazio che nessuno abita, ma un’esperienza di coabitazione e di incontro fra le persone». Nessuna utopia dunque, ma una possibilità concreta, un progetto. «I tempi sono maturi e le alleanze abbastanza forti – spiega monsignor Hinder – per superare i conflitti e garantire il rispetto della dignità e dei diritti fondamentali a tutti gli esseri umani, cittadini e migranti compresi. Nell’enciclica “Fratelli tutti” il Papa sottolinea il ruolo della religione. Se seguiremo la via della fratellanza non solo le religioni ma tutte le nazioni ne beneficeranno e godranno di un futuro più pacifico».

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