martedì 25 aprile 2017
Il cardinale Bassetti su Mazzolari: «Vedo fra don Primo e Francesco una visione similare, direi un pensiero analogo almeno su due interrogativi fondamentali: che cosa è la Chiesa e chi è il povero»
Il cardinale Gualtiero Bassetti (Foto d'archivio)

Il cardinale Gualtiero Bassetti (Foto d'archivio)

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Due giorni fa ha posato sulla tomba di don Primo Mazzolari a Bozzolo una rosa d’argento donata da papa Francesco. «Mi sono chinato e ho baciato la lapide. Ero emozionato », racconta il cardinale Gualtiero Bassetti. Anche perché poco prima gli avevano comunicato che Bergoglio sarebbe andato a pregare sulla tomba di questo «straordinario profeta del Novecento », come ama definirlo l’arcivescovo di Perugia-Città della Pieve. Una figura che il porporato ben conosce. E che «con padre Turoldo, La Pira, don Milani e don Barsotti mi ha ispirato fin dalla giovinezza un umanesimo bello, profondo e cristiano che ha nutrito la mia vocazione al sacerdozio ». Poi confida: «Quando sono stato chiamato dal Vaticano, mi hanno detto: “Goditi la sorpresa di oggi (domenica, per chi legge). Domani (ieri, per chi legge) ne avrai un’altra”. Era l’annuncio della visita di Francesco anche a Barbiana. E dire che nell’omelia della Messa celebrata domenica per i 58 anni dalla morte di don Primo ho unito per due volte il priore fiorentino e don Mazzolari».

Il cardinale parla del parroco di Bozzolo come di un «incompreso, perseguitato, amato». Tutto ciò per evidenziare che è stato «uno dei grandi esempi di preti che hanno popolato la Chiesa italiana nel secolo scorso e hanno lasciato un segno profondo». Quando gli si chiede di offrire una chiave di lettura del viaggio “lampo” del Papa nella diocesi di Cremona per inginocchiarsi di fronte alla salma del sacerdote, Bassetti non ha dubbi. «Vedo fra don Primo e Francesco una visione similare, direi un pensiero analogo almeno su due interrogativi fondamentali: che cosa è la Chiesa e chi è il povero».

L’arcivescovo parte dalla comunità ecclesiale. «Mi toccano le parole con cui don Primo delineava la parrocchia: “Essa, perché è una comunità di povera gente, non può avere il passo delle élite. Il suo è un passo cadenzato e stanco, misurato sugli ultimi più che sui primi: e dietro l’ambulanza per chi si lascia cadere sullo zaino a terra”. Ecco, Francesco ha descritto la Chiesa come un “ospedale da campo”. Molto prima del Concilio, Mazzolari aveva già pensato “all'ambulanza” per questo ospedale». Poi il cardinale guarda alla seconda dimensione. «Se papa Bergoglio esorta a essere una Chiesa povera per i poveri, il pastore d’anime di Bozzolo vedeva nei poveri quasi dei fratelli carnali di Gesù. E diceva: “Non avrei mai pensato che in terra cristiana, con un Vangelo che incomincia con 'Beati i poveri', il parlar bene dei poveri infastidisse tanta gente, che pure è gente di cuore e di elemosina”. Del resto la povertà è uno scandalo per chi adora dotte citazioni e afflati pubblici, salvo poi dimenticarsi del misero che gli sta accanto. Non è una questione di colpe e responsabilità. È una questione di amore e responsabilità. È una questione che investe la fede e che si riflette anche nel modo di vivere la Chiesa».

Infine un riferimento ai Seminari, “nodo” caro a Bassetti dopo essere stato rettore nella sua diocesi, Firenze, e per dieci anni visitatore dei Seminari d’Italia. «Scrisse un giorno don Primo: “Quando penso che un figlio di poveri contadini, dopo dodici anni di Seminario, invece di uscirne più contadino e col cuore più largo, ne viene fuori imborghesito, sono tentato di chiedermi se non ci sia un’altra maniera per preparare l’animo del prete a sentire il suo popolo”. Anche oggi c’è la tentazione di avere preti distanti dalle persone, che si chiudono in sacrestia. Invece, come sosteneva Mazzolari nel suo diario di seminarista, per essere preti veri bisogna essere uomini interi. È una delle sue tante intuizioni che formano un’eredità da testimoniare e tradurre in vita».

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