mercoledì 3 marzo 2010
Oggi al convegno nazionale dei delegati per l’ecumenismo la presentazione del nuovo vademecum Cei. Battaglia: è una risposta alle domande concrete che vengono dalle diocesi e dalle parrocchie. Dalla concessione dei luoghi di culto ai matrimoni misti. Nel testo appena pubblicato le indicazioni per un corretto rapporto con i fedeli delle Chiese orientali in Italia.
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Una risposta alle domande concrete che vengono dalle diocesi e dalle parrocchie. Risposta che «non è né innovativa né "creativa"», ma «con la preoccupazione, in questa materia nuova su cui talvolta non siamo preparati, di organizzare in materia tematica le norme che già esistono a livello di Chiesa universale, non solo quindi di Chiesa italiana».È don Gino Battaglia, direttore dell’Ufficio nazionale Cei per l’ecumenismo e il dialogo, a inquadrate in questi termini il Vademecum «per la pastorale delle parrocchie cattoliche verso gli orientali non cattolici», che, pubblicato ieri sul sito web www.chiaesacattolica.it, viene presentato ufficialmente oggi al Convegno nazionale dei delegati diocesani per l’ecumenismo e il dialogo, sul tema «L’ortodossia in Italia. Nuove sfide pastorali, nuovi incontri spirituali» che vive la sua giornata conclusiva. Un testo, spiega ancora Battaglia ad Avvenire, approntato «da due Uffici della Segreteria generale della Conferenza episcopale italiana (l’altro è quello per i problemi giuridici, ndr), quindi non dei vescovi in quanto tali», proprio allo scopo di aiutare vescovi e parroci a orientarsi su una materia complessa, sulla base della normativa esistente.Un’esigenza crescente, visto che ormai, «anche se ovviamente parliamo di stime – precisa ancora Battaglia – per quanto riguarda gli ortodossi residenti in Italia credo si possa parlare di circa un milione e mezzo di persone, compresi quelli che in qualche modo sono ancora irregolari». Si tratta insomma «della seconda comunità religiosa presente nel nostro Paese, considerando che per gli islamici si parla di un milione e duecentomila presenze»; fedeli in «stragrande maggioranza romeni e a seguire quelli legati al Patriarcato di Mosca e quindi russi, ucraini, moldavi».Nel Vademecum, come detto, si trovano le risposte a quelle che cono le domande più frequenti che arrivano dalla base. «A livello di diocesi –sottolinea il direttore dell’Ufficio nazionale per l’ecumenismo e il dialogo – le sollecitazioni che ci arrivano riguardano soprattutto la richiesta per la concessione di luoghi di culto, di ospitalità, di luoghi dove poter celebrare. A livello di vita parrocchiale ci sono invece diverse problematiche: una per esempio è quella dei matrimoni misti, ci sono anche richieste di integrazione anche a livello religioso, di passaggio al cattolicesimo. Questioni complesse e nuove che richiedono attenzioni particolari».Così, nei 78 paragrafi che compongono il documento, si trovano le indicazioni riferite alle questioni relative ai sacramenti. Riguardo ai quali, nel ricordare che «le Chiese orientali hanno validi e veri sacramenti, garantiti dalla successione apostolica», si sottolinea tuttavia che non essendoci ancora la piena comunione tra le Chiese in via generale vale il principio che «i ministri cattolici amministrano lecitamente i sacramenti ai soli fedeli cattolici, i quali parimenti li ricevono lecitamente dai soli ministri cattolici», pur se «per singole persone» è permessa la condivisione di vita sacramentale «in certe circostanze e a determinate condizioni».Altrettanta attenzione, ovviamente, va posta rispetto al problema dei matrimoni misti, vista tra l’altro la differente disciplina canonica vigente in materia tra Chiesa cattolica e Chiesa ortodossa – quest’ultima in determinate circostanze infatti può riconosce lo "stato libero" anche a una persona divorziata. Quanto infine alle possibili richieste di accesso ai sacramenti o anche di integrazione religiosa da parte di un fedele ortodosso, la raccomandazione è che il sacerdote cattolico valuti molto bene le «concrete circostanze» che conducono la persona a tali richieste, perché se non lo si facesse «si potrebbe cadere nel rischio di assecondare atteggiamenti di indifferentismo o relativismo ecclesiologico o di esporsi al dubbio di un latente proselitismo».
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