domenica 10 aprile 2016
Fisc, da 50 anni insieme per dare voce a chi non ce l'ha
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Il popolo dei giornali diocesani in piazza San Pietro con papa Francesco, sabato 9 aprile. Non era mai successo. Quasi seimila persone sono giunte da un centinaio di diocesi italiane. Nell’anno del cinquantesimo di fondazione della Fisc, la Federazione italiana settimanali cattolici, l’occasione è stata preziosa per una sosta di riflessione, di silenzio, di preghiera e di recupero delle ragioni di un servizio spesso svolto senza i riflettori della notorietà. Nell’Anno Santo della misericordia è stato importante vivere il Giubileo assieme al successore di Pietro. I nostri periodici, da sempre, desiderano porsi come compagni di viaggio nei confronti di chi abita, opera, soffre e gioisce nei mille territori del nostro Paese. Il Papa invita ad andare nelle periferie, geografiche ed esistenziali. Noi da oltre un secolo diamo voce a chi non ce l’ha, come abbiamo ricordato ieri mattina a Francesco nel brevissimo incontro avuto a tu-per-tu. Gli abbiamo detto che siamo abituati a stare in prima linea, a farci compagni di viaggio alle donne e agli uomini di oggi, alla maniera dei discepoli di Emmaus. Il nostro non è uno sforzo che dipende da noi, ma solo una presa di coscienza. Abbiamo un messaggio di speranza da portare. Non tanto facendo prediche o alimentando riflessioni filosofiche, ma dando spazio alle storie dei “santi di tutti i giorni” di cui sono ricche le nostre comunità locali. Un impegno e una responsabilità non da poco per chi ha coscienza che dietro a ogni notizia, anche la più banale, ci sono sempre le persone. Non possiamo permetterci di sopravvivere. Desideriamo essere “santamente inquieti”, animati da un “sacro fuoco” che ci fa andare lungo le strade dei nostri territori per metterci in ascolto di chi lo abita. Senza pregiudizi, senza risposte preconfezionate, anzi capaci di suscitare domande, di creare dibattito, di aprire spazi di condivisione, di confronto franco e sincero. Paolo VI, nel giorno della costituzione della Fisc, il 26 novembre 1966, ricordò le parabole evangeliche del piccolo seme e del fermento nella pasta. Quelle consegne rimangono del tutto attuali anche per noi. Anche senza grandi mezzi, i nostri giornali si pongono a sostegno delle comunità in cui sono inseriti a pieno titolo, con quel carattere popolare che li contraddistingue. Popolari, cioè in grado di interpretare le attese di chi abita la cosiddetta provincia italiana, quella che spesso non trova spazio sui grandi network. E poi ancora, giornali della Chiesa, giornali della gente, con il punto di vista dichiarato fin dalla testata. Ben radicati nelle origini e in un dato territorio, ma sempre attenti a ciò che accade in Italia e nel mondo, capaci di fare alzare lo sguardo, anche oltre le stelle. Giornali locali solo per ambito di diffusione, ma desiderosi di dare sapore all’esperienza umana, senza nulla escludere dal suo ambito di interesse, anzi assicurando senso pieno a ogni vicenda umana. Se ci siamo sempre definiti come piazze, il luogo per eccellenza in cui la gente si incontra, adesso Francesco ci invita a costruire ponti, a farci promotori di rapporti nuovi, a favorire una Chiesa in uscita. Una responsabilità che accogliamo volentieri, oggi come ieri, con sguardi e cuori rivolti al futuro.*presidente della Fisc
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