mercoledì 22 febbraio 2017
Palermo celebra il «Boccone del povero» avviato dal beato Cusmano. L’iniziativa di carità nata da una famiglia che all’ora del pasto metteva un piatto al centro della tavola per un povero
Da 150 anni cibo per gli ultimi
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Da 150 anni al servizio degli ultimi, di chi non ha nulla e tende la mano. Il “Boccone del povero”, nato a Palermo dall’intuizione e dalla profonda fede del beato padre Giacomo Cusmano, è diventato in un secolo e mezzo sostegno insostituibile per i bisognosi della città, raggiungendo famiglie, persone sole, migranti. Ieri pomeriggio, in Cattedrale, la celebrazione presieduta dall’arcivescovo di Palermo, Corrado Lorefice, alla presenza di rappresentanze della famiglia cusmaniana provenienti da ogni parte d’Italia e del mondo, del superiore generale padre Salvatore Russo e della madre generale suor Palmina Borzellino.

«Voi ci testimoniate la ricchezza che il Signore ha fatto alla Chiesa palermitana – ha detto Lorefice – Il dono di un carisma che oggi ricorda il cuore del Vangelo: che Dio è misericordioso e ha un cuore attento al grido del povero». Una festa che offre l’occasione di tornare alle origini di un carisma nato e sviluppatosi proprio in Sicilia, proprio dopo l’unità d’Italia. La fame è nera, al punto da spingere famiglie disperate, dove i bambini muoiono per di stenti, a ritrovarsi attorno a una carcassa di cane e divorarla.

È la scena che si trova davanti padre Giacomo Cusmano e che lo spinge a spendere tutte le sue energie per alleviare le sofferenze e la miseria della popolazione palermitana. L’ispirazione arriva osservando un nobile e semplicissimo atto di carità che compie ogni giorno, nel segreto della sua casa, un amico e collega di Cusmano (che è un medico benestante prima di diventare sacerdote). Il dottor Michele De Franchis e i suoi familiari, all’ora del pasto, mettono un piatto vuoto al centro della tavola, dove pongono un boccone della propria porzione, che pochi minuti dopo diventa il pranzo per un povero. Il beato pensa: «Se metà della popolazione di Palermo si associasse per compiere quest’opera benefica, ben settemila poveri si potrebbero alimentare in un solo giorno».

Nasce così, il 21 febbraio 1867, l’associazione “Boccone del povero” nella chiesa dei Santi Quaranta Martiri al Casalotto con l’approvazione dell’arcivescovo dell’epoca, Gian Battista Naselli, che due anni dopo racconta nella sua lettera pastorale questo straordinario esempio di Chiesa missionaria e attenta ai bisogni del tempo. Padre Giacomo, che è sacerdote già da sette anni, coinvolge i propri familiari e qualche amico nella particolare colletta, a cui aderiscono tante famiglie cristiane. Si va di casa in casa, con grandi tasconi e bisacce appese al collo, magari con un carrettino a mano, per raccogliere i “bocconi”. Non si tratta di fare un’elemosina, ma «di fare comunione condividendo giornalmente la propria mensa con il povero», racconta in un libro l’attuale padre provinciale dei Servi dei poveri, padre Salvatore Fiumanò. È un modo nuovo di essere Chiesa dove tutti, dai vescovi ai laici, hanno un ministero e un servizio.

Ma la forza rinnovatrice del carisma di Cusmano è destinata a propagarsi, con la fondazione delle suore e dei missionari Servi dei poveri, prima frati nel 1884 e poi sacerdoti nel 1887, tutti dediti all’aiuto della persona umana “dalla culla alla tomba”, con l’istituzione di una serie di servizi, dagli orfanotrofi alle officine dei mestieri. Ancora oggi a Palermo i cusmaniani garantiscono il cibo per i più poveri: a San Marco al Capo vengono preparati un centinaio di pasti da portare a casa, mentre in via Pindemonte ogni sera trovano un piatto caldo 150 persone. «Sì, perché il carisma della “carità senza limiti” viene vissuto ancora secondo i bisogni di oggi», spiega suor Palmina. «Un’opera – aggiunge padre Fiumanò – in piena sintonia con il pontificato di papa Francesco perché va verso le periferie esistenziali e del mondo».

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