mercoledì 17 luglio 2013
Quindici ore su un bus con andata e ritorno in tre giorni I pellegrini di Lages: «Non potevamo permetterci di più». Partiranno in dodici dalla cittadina del Sud tristemente colpita nel 1997 da un’alluvione. Un pellegrinaggio nel segno della patrona del Paese Latinoamericano cui è intitolata la loro «nuova» chiesa. «Un sogno per noi incontrare e ascoltare il Papa».
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Gli zaini sono già pronti. Il "micro" (mini bus da 15 posti), invece, arriverà domani per l’ultima sistemata. Quindici ore di viaggio, in buona parte di notte, sulle strade impervie del sud del Brasile non sono poche. «Poi se c’è traffico magari il tempo si allunga…», afferma padre Roberto Moreira. La cittadina di Lages dista un migliaio di chilometri dallo storico Santuario di Nostra Signora di Aparecida, patrona del Brasile. I 12 fedeli, che partiranno lunedì, faranno andata e ritorno in tre giorni. «Non potevamo permetterci un soggiorno più lungo – aggiunge il sacerdote –. Certo, ci sarebbe piaciuto arrivare fino a Rio per la Giornata mondiale. Per noi, però, è già un regalo enorme andare a ricevere papa Francesco ad Aparecida. O meglio, portare la “nostra” Aparecida a conoscere il Santuario da cui prende il nome e il Papa». Un pellegrinaggio spirituale e simbolico. Con cui i partecipanti vogliono “costruire” un ponte ancora più stretto tra la loro comunità, dedicata proprio alla Madonna di Aparecida, e la patrona nazionale. «È il coronamento di un sogno».Un sogno nato quasi 17 anni fa, dopo una tragedia. Nel 1997, una terribile alluvione rase al suolo parte della periferia di Lages. Quasi 4mila sfollati furono «ammassati con la sola roba che avevano addosso in un terreno brullo, tra le zone di Petropolis, Beatriz e São Pedro. Là hanno dovuto lottare per anni per trasformare lo sterrato in un vero quartiere, con acqua, luce, strade, una scuola… L’attuale Gralha Azul», racconta Natielle Machado, una delle poche studentesse universitarie tra le giovani dell’area. La ragazza era appena una bimba quando padre Roberto Moreira celebrò la prima Messa per gli sfollati in mezzo alla strada. Poi fu costruito - con la collaborazione volontaria degli abitanti e il legname donato dalla vicina parrocchia della Sacra Famiglia - il salone comunitario. «È stato il centro della vita di Gralha Azul. Là si svolgevano le Messe, le celebrazioni, il doposcuola, le feste per i bambini…», continua Natielle. La gente del quartiere, però, sognava di avere una propria chiesetta. «Era un desiderio latente. Se ne fantasticava spesso… ma ovviamente non c’erano i soldi. Poi, nel 2006, ci è venuta l’idea: avremmo venduto abiti e oggetti usati - riadattati grazie al lavoro delle signore della zona - per racimolare un po’ di denaro», afferma il sacerdote. Nessuno pensava che bastassero cinque anni per riempire la cassa comune. Il 7 gennaio 2012, invece, è stato smantellato il salone comunitario e, con parte del materiale, è iniziata la costruzione della cappella di Nostra Signora di Aparecida, ormai terminata. L’opera, però, continua per realizzare il nuovo centro parrocchiale. «Come abbiamo fatto? Beh, non paghiamo la manodopera», scherza padre Moreira. Non poi tanto però. Perché tutti i lavori - da quelli di muratura alla falegnameria alle rifiniture - sono fatti gratis dalla gente. Sotto lo sguardo attento del signor Armando, il coordinatore-volontario. «Qui lo chiamiamo mutirão – spiega –. Cioè lavoro comunitario, svolto nei giorni di festa, la sera o nei fine settimana, per costruire qualcosa che interessa la totalità degli abitanti». E non solo Gralha Azul: a centinaia hanno partecipato dai quartieri vicini. «Anche i soldi del viaggio sono stati raccolti con una colletta e la vendita di piccolo artigianato», aggiunge Armando, con un pizzico di emozione mal trattenuta: Aparecida è da sempre una meta del cuore di questo signore di poche parole. «No, non credevo che ci sarei andato», conclude. Anche Alzira è entusiasta. Questa donna minuta e combattiva - a lungo impegnata nella Pastorale della Terra - è tra le fondatrici della Casa Ecuménica di Gralha Azul. Uno spazio nato anch’esso nel 2011 - dopo cinque anni di progetti -, grazie alla donazione  di Maria Soave Buscemi, missionaria italiana e nota biblista, di cui in Italia è uscito il libro Le tredici lune per Emi. «È un luogo di accoglienza, condivisione di esperienza, di sogni. C’è posto per chiunque voglia essere ospitato. Per questo abbiamo voluto che fosse "ecumenica". Attualmente, la struttura ospita diverse donne vittime di violenza o in difficoltà. Due di loro, tra cui Alzira, andranno ad Aparecida. «Con il cuore siamo già là. Sarà una gioia immensa vedere e ascoltare papa Francesco, un pastore con l’odore delle pecore».
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