sabato 7 aprile 2012
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L'AVANA
Dopo mezzo secolo si celebra la Passione
Mi sembra di essere tornata indietro nel tempo. Quando ero giovane e lavoravo al cinema Central chiudevamo sempre il Venerdì Santo». Carmen, 89 anni, è entusiasta: «Prima ci hanno restituito il Natale. Ora la Settimana Santa. È un passo avanti». Per la prima volta da quasi mezzo secolo Cuba si è fermata ieri per celebrare il giorno della passione di Cristo. Scuole e uffici pubblici sono rimasti sprangati come pure tutti «i servizi non indispensabili per i cittadini», secondo la definizione del quotidiano ufficiale Granma. A ordinarlo è stato, sabato scorso, il governo di Raúl Castro che ha accolto la richiesta presentata da Benedetto XVI durante il viaggio nell’isola, dal 26 al 28 marzo scorso. Si tratta – ha precisato l’esecutivo – di una «misura eccezionale». Non è detto, dunque, che la festività entri a far parte in modo stabile del calendario cubano. «È comunque un segnale positivo – dice ad Avvenire Orlando Márquez, portavoce dell’arcidiocesi dell’Avana –. Nel 1997, quando il governo ristabilì il Natale festivo in vista della visita di Giovanni Paolo II, la decisione fu varata in "via eccezionale". Nei mesi successivi, poi, è stato emanato il decreto ufficiale. Speriamo che accada così anche per il Venerdì Santo». Dello stesso parere Roberto Veiga, direttore della rivista Espacio Laical. «È un segno di grande riconoscimento nei confronti della comunità cattolica che rappresenta la maggior parte della popolazione. E di tutti i cristiani dell’isola», afferma. Non solo. Per la prima volta, la tv di Stato ha trasmesso in diretta, nel primo pomeriggio, il «Sermone delle sette parole» pronunciato dall’arcivescovo della capitale, cardinale Jaime Ortega y Alamino, nella cattedrale. Poi, migliaia di persone hanno affollato il centro storico per la Via Crucis. «Da qualche anno, il cardinale Ortega ha voluto riprendere un’antica tradizione risalente all’Ottocento, quando per le strade dell’Avana vecchia si svolgeva la processione. In seguito, l’usanza cadde in disuso, molto prima della Revolución», spiega Veiga. Fedele allo storico rituale, la Via Crucis si è snodata per le vie più antiche della città. Un percorso di quasi tre chilometri, dalla cattedrale alla chiesa del Cristo del Buon Viaggio, dove ad attenderla c’era il cardinale Ortega. E, come tutte le volte, anche ieri la partecipazione è stata travolgente. Donne, uomini, giovani, anziani, tanti hanno voluto accompagnare la processione. Che, come al solito, si è svolta in tarda serata. «L’orario era stato scelto perché anche i lavoratori potessero partecipare. Non era previsto che fosse festa», conclude Márquez e rispondendo alla domanda se verrà anticipata l’anno prossimo, ride. Poi conclude: «Dio lo sa...».
Lucia Capuzzi

PARIGI
La croce «pellegrina» in tanti luoghi simbolo
Non una Via Crucis sola, ma tante e in luoghi e situazioni simbolo della grande città. Così Parigi ha vissuto anche quest’anno l’appuntamento con la Via Crucis del Venerdì Santo. Tante celebrazioni segnalate con grande cura dal sito dell’arcidiocesi, che da settimane riportava il lungo elenco quartiere per quartiere delle proposte per rivivere la Passione di Gesù. L’appuntamento più in vista è stato come ogni anno quello sui Campi Elisi, organizzato dalla parrocchia Saint Pierre de Chaillot e giunto quest’anno alla sua venticinquesima edizione. Un percorso che si svolge tra le 12 e le 14 - nell’ora del digiuno al posto della pausa pranzo - proprio nella zona centrale dell’Alma, con i suoi tanti uffici dove lavorano circa 100mila persone. Ieri sono state alcune migliaia quelle che hanno preso parte all’itinerario delle 14 stazioni le cui meditazioni sono state guidate da frère Alois, il priore della comunità di Taizé. Intorno a sé ha voluto alcuni giovani provenienti da tutti i continenti e nel cammino di Gesù verso il Calvario ha sviluppato il tema del rapporto tra la fiducia in Dio e la solidarietà tra gli uomini. «Guardare insieme a questi due valori – ha detto – non potrebbe diventare un vero programma di vita per tutti noi?». Altra Via Crucis dal percorso suggestivo è stata quella proposta alla stessa ora al Campo di Marte, proprio all’ombra della Tour Eiffel. Qui l’iniziativa ogni anno è ecumenica: a promuoverla sono insieme le parrocchie Saint-Pierre du Gros Caillou e Saint-Léon e la chiesa luterana di Saint Jean. Un segno che in questo caso ha parlato in maniera particolare alle migliaia di turisti che come ogni giorno anche ieri affollavano questo angolo di Parigi.Un’altra proposta molto significative è stata nel 14° arrondissement il «Cammino della compassione», vissuto in comunione con i malati e i detenuti. Organizzato dalla parrocchia di Saint-Dominique, ha fatto tappa davanti agli ospedali di La Rochefoucauld, St-Vincent de Paul, Cochin, Sainte-Anne, Notre-Dame de France e alla Santé, il carcere di Parigi. Un gesto non estemporaneo: la parrocchia è infatti gemellata con la cappellania del penitenziario; dunque fare sosta tra i detenuti al Venerdì Santo è un modo concreto per raccogliere anche le loro sofferenze e - oltre a metterle sotto la croce di Gesù - provare a farsene carico anche in tutti gli altri giorni. Stile simile, infine, per la Via Crucis con «la gente della strada» nel quartiere di les Halles: promossa dalla parrocchia di St-Leu-St-Gilles ha portato la croce di Gesù nei luoghi abitati dai senza fissa dimora nel quartiere di periferia dove un tempo c’erano i mercati generali.
Giorgio Bernardelli

NEW YORK
Il cammino sul Calvario fa tappa a Ground Zero
La tradizionale Via Crucis di New York, che da diciassette anni riunisce folle sempre più consistenti di cattolici sul ponte di Brooklyn e nella zona sud di Manhattan, ha visto ieri anche la presenza dell’arcivescovo di New York, il cardinale Timothy Dolan. Il cardinale ha avviato la commemorazione del «cammino sul Calvario» alla Basilica di Saint James, a Brooklyn, proponendo una riflessione per gli oltre mille fedeli riuniti. «Questi giorni di Pasqua sono un invito a passare oltre – ha detto Dolan – come Cristo passa dalla morte alla vita, come la natura passa dall’inverno alla primavera, come i nostri vicini ebrei celebrano il passaggio dalla schiavitù dell’Egitto alla liberazione della Terra promessa, anche noi siamo invitati a passare oltre. Lo faremo? Rimarremo nella schiavitù del peccato? Rimarremo nell’inverno delle nostre vecchie abitudini o passeremo alla primavera dello Spirito? Saremo come il ladrone alla sinistra di Gesù sul Calvario e ignoreremo Gesù? Professeremo la nostra fede e abbracceremo i Sacramenti della Chiesa in compagnia dei nostri fratelli e sorelle o rimarremo come passanti distratti nella nostra stessa Chiesa? Gesù ci dà la possibilità e la forza di unirci a lui nell’abbandonare la tomba, ma non ci costringe. Spetta a noi decidere di passare oltre».Dopo la celebrazione delle prime tre stazioni sul celeberrimo ponte, la quarta è stata ricordata a Ground Zero, teatro oltre undici anni fa di un atto estremo di odio e di morte e ora segno di rinnovamento urbano e sociale con nuovi edifici, un monumento ai caduti, piazze e musei.Nel corso degli anni il semplice gesto di camminare in silenzio, alternando riflessioni a inni a ogni fermata, sotto gli occhi di una città sempre in movimento, è diventato a New York simbolo di una fede che si rinnova e che cresce. «È una commemorazione che ridiventa viva ogni anno per portare la passione di Gesù nel cuore di New York», ricordano gli organizzatori, il movimento di Comunione e liberazione della «Grande Mela». Come ogni Venerdì Santo dal 1996 a oggi, il coro ha accompagnato la processione, cantando a ogni stazione per risvegliare la consapevolezza dei fedeli con la bellezza e la tristezza che solo la musica corale è in grado di esprimere. «C’è tristezza in questo giorno, c’è un senso di vuoti nei nostri cuori – ha commentato l’arcivescovo Dolan – verrebbe da chiedersi perché in inglese chiamiamo il Venerdì Santo "Good Friday" ("good" significa "buono", ndr). Ma è perchè il bene supremo, la Risurrezione di Cristo, è reso possibile da questo giorno di tristezza».
Elena Molinari
 
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