giovedì 29 aprile 2010
Il Segretario generale della Cei alla riunione della Commissione presbiterale italiana: «Posto che un solo caso di pedofilia è già di troppo, in qualsiasi ambiente, un tale comportamento è doppiamente condannabile quando a metterlo in atto è un uomo di Chiesa, un prete, una persona consacrata».
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«Senza dubbio c'è stata una evoluzione nella sensibilità sociale, che ha portato da un lato ad una più netta e condivisa percezione della inaudita gravità della pedofilia e dall'altro all'esigenza di una totale trasparenza nella individuazione e nel contrasto di comportamenti e responsabilità». È quanto ha affermato il Segretario generale della Cei, mons. Mariano Crociata,nel corso del l'intervento pronunciato alla riunione della Commissione presbiterale italiana, che si conclude oggi a Roma. Le parole di Crociata sono state riportate dall'Osservatore romano. «Si tratta - ha aggiunto il Segretario della Cei - di una evoluzione positiva, che ha trovato una risposta adeguata e pronta nei documenti emanati sotto il pontificato di Giovanni Paolo II, e, più recentemente, nella "Lettera pastorale ai cattolici d'Irlanda" di Benedetto XVI e nella "Guida alla comprensione delle procedure di base della Congregazione per la Dottrina della Fede riguardo alle accuse di abusi sessuali" (12 aprile 2010)».«Posto che un solo caso di pedofilia è già di troppo, in qualsiasi ambiente, un tale comportamento è doppiamente condannabile quando a metterlo in atto è un uomo di Chiesa, un prete, una persona consacrata». Ha affermato il Segretario generale della Cei. «Per questo - ha aggiunto Crociata - non basta dire che, in proporzione numerica, i casi di pedofilia tra il clero sono uguali o addirittura inferiori a quelli che si verificano in altre categorie di persone. Non possiamo infatti sorprenderci se la reazione di fronte ad abusi commessi da ecclesiastici è stata così forte».«Noi stessi - ha spiegato ancora - siamo cultori della grandezza e della elevatezza del ministero che ci è stato affidato, e desideriamo diffondere questo senso di sacralità nei fedeli e attorno a noi: è comprensibile che chi ci incontra si aspetti dal sacerdote un comportamento corrispondente».«Sia gli autori di abusi sessuali che le vittime hanno bisogno di essere accompagnati in un difficile percorso. continua Crociata. «Ci troviamo di fronte - ha detto - a persone da tutelare e da accompagnare: qui sta la sfida e la difficoltà di una condizione umana che interpella la responsabilità di tutti. Le vittime hanno bisogno di giustizia e di solidarietà; necessitano di essere protette e difese e poi accompagnate in un lungo cammino di recupero e di riconciliazione anzitutto con la loro storia». «Dall'altra parte - ha spiegato ancora Crociata - anche gli autori degli abusi vanno accompagnati, senza falsa pietà, in un percorso di correzione e di contenimento che impedisca la reiterazione del male e ne favorisca il processo di redenzione».«La comunità cristiana, in tutto questo - ha proseguito il Segretario generale della Cei - si trova in una posizione peculiare, poichè è doppiamente colpita e danneggiata nei suoi membri, sia offensori che vittime; ma è ferita anche nella sua immagine pubblica in ordine all'esercizio della sua missione pastorale».«La rabbia e l'amarezza - ha osservato poi il Segretario generale della Cei - hanno un significativo rapporto con la consapevolezza dell'alta qualità morale e umana del clero, nonchè con l'affidabilità maggiore da noi offerta e attesa dagli altri, particolarmente in rapporto ai minori consegnati alla nostra guida e alla nostra responsabilità educativa. Le aspettative più alte alimentate dal nostro ministero rendono smisuratamente più intollerabile e condannabile un tradimento così grave e devastante».
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