domenica 27 marzo 2016
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KONAJMENDI (KANDHAMAL, INDIA) È stato un incontro senza precedenti nella storia della Chiesa indiana. Vedove, mariti, fratelli, sorelle e figli delle vittime del massacro di Kandhamal del 2008 si sono riuniti per la prima volta lo scorso 9 febbraio. Lo storico raduno è stato ospitato al centro pastorale di Divyajyoti, oggi rinnovato dopo essere stato ridotto a un “Ground Zero” durante gli attacchi alla comunità cristiana avvenuti a partire dalla fine di agosto di otto anni fa, nel distretto remoto di Kandhamal, nello stato indiano dell’Orissa. I familiari di oltre ottanta persone rimaste uccise sono stati invitati dall’arcidiocesi di Cuttack- Bhubaneswar, che comprende anche la regione di Kandhamal e si trova a circa 275 chilometri a ovest di Bhubaneswar, la capitale dell’Orissa ( su avvenire.it le foto dell’incontro). «La violenza non rappresenta la fine di tutto – ha detto padre Ajaya Kumar Singh, direttore del Forum per l’azione sociale della Chiesa cattolica dell’Orissa – dobbiamo prendere ispirazione dalla fede dei martiri e quest’incontro è un’occasione per farlo». Più di cento cristiani hanno perso la vita nella violenza esplosa a Kandhamal dopo il misterioso assassinio del leader indù Swami Laxmanananda Saraswati, avvenuto il 23 agosto del 2008. Nonostante le autorità ecclesiali avessero condannato l’uccisione del guru, i fondamentalisti indù hanno subito puntato il dito contro i cristiani e parlato di una «cospirazione ». Così migliaia di fedeli sono stati costretti a fuggire nella giungla per evitare di essere costretti sotto minaccia a farsi induisti. Durante settimane di caos, gruppi di criminali guidati dai fondamentalisti hanno dato fuoco a seimila case e trecento chiese, creando 56mila profughi. Dozzine di cristiani, che si sono rifiutati di rinnegare la propria fede, sono stati bruciati vivi, fatti a pezzi o uccisi a sassate. È stato commovente vedere i familiari di questi martiri, la maggior parte dei quali cristiani non cattolici, mettersi in fila, con le lacrime agli occhi, per raccontare la storia dei propri cari. Salomina Mantri, in lacrime, non è riuscita ad alzarsi. Quando le è stato portato il microfono, con la voce spezzata, ha narrato la storia del figlio di vent’anni, il seminarista Kudan Mantri, ucciso dalla polizia durante una manifestazione a Bamunigam. Arrivato a casa per le vacanze di Natale del 2007, Kundan fu mandato al mercato a comprare medicine per il padre che qualche anno prima aveva perso una gamba in un incidente e lì si imbatté nelle proteste cristiane contro la profanazione della Chiesa cattolica di Bamunigam. La polizia aprì il fuoco e Kundan fu ucciso, cadendo ai bordi della strada. «Ascoltando le testimonianze dei familiari dei martiri – ha detto la madre ad Avvenire – la memoria di quanto accaduto a mio figlio torna a perseguitarmi». Rabindra Pradhan, un soldato indiano in pensione e fratello di Rasadan Pradhan – 28 anni, rimasto gravemente ferito nel rogo della sua sua casa – ha detto: «Sono felice che finalmente, per la prima volta, ci incontriamo. È bello vedere queste famiglie insieme». Gli ha fatto eco Christudas Nayak, protestante, che nel massacro ha perso la moglie: «Dovremmo incontrarci spesso. Rafforzerebbe la nostra fede e ci renderebbe più uniti». Nayak ha visto la moglie uccisa dalle spade dei fondamentalisti quando questi hanno attaccato il villaggio di Rudangia e preso di mira quei cristiani che si erano rifiutati di abiurare la propria fede dopo un ultimatum imposto dai fondamentalisti. Non è stato facile, ha spiegato padre Manoj Nayak, direttore del Centro sociale Jan Vikas, riunire le persone colpite dai massacri orchestrati nel distretto, uno dei più remoti nello stato dell’Orissa. «Questo primo incontro – ha sottolineato – creerà un senso di appartenenza e rafforzerà il legame tra loro». Padre Santhosh Digal, portavoce della Chiesa cattolica dell’Orissa ha detto a Avvenire che «il Vaticano e il mondo intero sono stati colpiti dalle vicende delle vittime di Kandhamal e molti sforzi sono stati fatti dall’arcidiocesi affinché il loro status di martiri venga riconosciuto». Non solo, «la Chiesa ha messo a punto un programma di supporto per le famiglie segnate dalla violenza, che riguarda tra le altre cose l’istruzione per i figli e il sostentamento di base». Nel frattempo la Conferenza episcopale indiana ha invitato l’arcivescovo di Cuttack-Bhubaneswar, John Barwa, a parlare dei martiri di Kandhamal nel corso dell’ultima assemblea a Bangalore, che si è tenuta dal 2 al 9 marzo e alla quale hanno partecipati i vescovi di 167 diocesi del Paese. L’arcidiocesi di Cuttack-Bhubaneswar ha fatto richiesta dell’apertura della causa di beatificazione. ( Traduzione di Elisabetta Del Soldato) © RIPRODUZIONE RISERVATA Per la prima volta insieme i familiari dei cristiani uccisi in India nel 2008
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