venerdì 22 giugno 2012
​Domenica la Giornata per la raccolta dei fondi destinati dal Pontefice alle opere di aiuto ai poveri e alle comunità bisognose. Un appuntamento di carità di grande significato, dal valore «non soltanto pratico ma anche fortemente simbolico», come ha sottolineato Benedetto XVI.
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Domenica si celebra in Italia la Giornata per la carità del Papa, promossa in Italia dalla Cei in collaborazione con l’Obolo di San Pietro e con il sostegno di Avvenire, dell’Agenzia Sir, di Radio InBlu, di Tv2000 e dei settimanali della Fisc. Un appuntamento di carità di grande significato, dal valore «non soltanto pratico ma anche fortemente simbolico», come ha sottolineato Benedetto XVI, tradizionalmente fissato in prossimità della solennità dei santi Pietro e Paolo del 29 giugno.In tutte le chiese in cui si celebra la Messa saranno raccolte offerte che il Papa destinerà liberamente alle sue opere di carità portando nel cuore, come pastore della Chiesa universale, le necessità del mondo intero. «Il vincolo che ci lega al successore di Pietro – sottolinea il vescovo segretario generale della Cei, monsignor Mariano Crociata – è profondissimo: il sostegno economico alle attività del suo ministero di pastore della Chiesa universale concretizza e rende manifesto questo legame. Dove ci sono popolazioni colpite da una calamità, dove vengono realizzate opere sociali e assistenziali a vantaggio dei più fragili, dove viene rilanciato l’impulso a iniziative di promozione umana, lì il Santo Padre è presente e lì vogliamo essere anche noi, al suo fianco». Così domani «abbiamo tutti, ciascuno secondo le proprie possibilità, l’opportunità di concretizzare questo desiderio».Si tratta, ricorda il cardinale vicario di Roma Agostino Vallini nella sua lettera ai parroci per la Giornata, di un «appuntamento che tutte le diocesi del mondo sono chiamate a vivere», anche perché «è una ulteriore occasione per esprimere il nostro affetto e la nostra gratitudine al Santo Padre per il sapiente Magistero che quotidianamente offre alla Chiesa e per la sua sollecitudine di carità per i tanti poveri del mondo». E a Roma continua la «felice consuetudine» che l’obolo sia raccolto con la collaborazione dei soci del Circolo di San Pietro, storica associazione di laici cattolici fondata nel 1869, due anni prima che Pio IX con l’enciclica «Saepe venerabilis» del 5 agosto 1871 desse la forma attuale all’Obolo. Anche se le sue radici sono ben più antiche. Già alla fine del secolo VIII, infatti, gli anglosassoni, dopo la loro conversione, si sentirono tanto legati al vescovo di Roma, che decisero di inviare in maniera stabile un contributo annuale al Papa. Così nacque il «Denarius sancti Petri» (elemosina a san Pietro), che ben presto si diffuse nei Paesi europei.Oggi le offerte vengono raccolte in tutto il mondo, e anche i territori di missione più poveri non fanno mancare il proprio contributo. Comunque la maggior parte dell’obolo raccolto – che nel 2010 è stato di 67,7 milioni di dollari – proviene tradizionalmente dagli Stati Uniti, dall’Italia e dalla Germania. Ed è con questi soldi che il Papa può intervenire con la sua carità a 360 gradi. Così fra le opere finanziate con l’obolo, c’è l’Università Cattolica di Madaba in Giordania, che prevede, quando ultimata, otto facoltà, come pure l’aiuto allo sviluppo della Chiesa in Amazzonia. È frequente l’aiuto a vittime di guerre e disastri naturali, a profughi e migranti, a emarginati e poveri, come pure il sostegno a diocesi in via di costituzione, borse di studio, nonché a iniziative particolari, come, ad esempio, al villaggio «Città dei ragazzi» per orfani a Mbare, in Rwanda. Inoltre è l’obolo ad assistere la «Casa di accoglienza Giovanni Paolo II», istituto che dà ospitalità e assistenza ai pellegrini diversamente abili che giungono a Roma. Senza contare infine che una somma consistente è stata già versata per le popolazioni colpite dal terremoto in Emilia che il Papa andrà a visitare martedì prossimo.
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