giovedì 13 ottobre 2016
Arriva in libreria una lettera alla Francia della Conferenza episcopale: "Il contratto sociale ha bisogno di essere ridefinito, serve una visione a lungo termine". Migranti, Islam, laicità, sono questi alcuni dei temi affrontati
I vescovi francesi: un Paese senza progetto
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I vescovi francesi lanciano un grido d'allarme. In una sorta di lunga lettera rivolta al Paese a pochi mesi dalle presidenziali del 2017, la Conferenza episcopale di Francia lancia un forte appello per i valori di solidarietà, fratellanza e vivere-insieme. "Il contratto sociale ha bisogno di essere ridefinito", affermano i vescovi della République, dicendosi preoccupati, tra l'altro, per le fratture della società transalpina e l'"assenza di un progetto o visione a lungo termine". Migranti, Islam, laicità, sono questi alcuni dei temi affrontati nel lungo testo intitolato Dans un monde qui change, retrouver le sens du politique, da domani in libreria. "Il contratto repubblicano che consentiva di vivere insieme sul territorio nazionale non sembra più funzionare",affermano i vescovi che aggiungono: i "valori repubblicani di liberté, égalité, fraternité spesso branditi in modo incantatorio sembrano svuotati di senso per molti dei nostri contemporanei sul suolo nazionale". Interpellato sul rapporto tra i migranti e la Francia dal quotidinao Le Monde, il il presidente della Conferenza episcopale francese (Cef), Georges Pontier ha detto: "Provo un pò di vergogna per il nostro Paese quando vedo che la piccola Giordania accoglie 1,5 milioni di rifugiati, altrettanti il Libano e la Grecia e l'Italia fanno ciò che possono da anni". Per Pontier sul tema dei migranti la chiesa francese "non riesce a farsi sentire. Questa realtà dei rifugiati viene anche strumentalizzata". Eppure, afferma, oggi c'è un "dovere di umanità", di "fratellanza per usare uno dei valori della République, che è anche una parola cristiana". E ancora: "Non possiamo affabulare l'Europa sul 'Paese dei diritti umani' e poi non manifestare un minimo di accoglienza. C'è una contraddizione tra l'immagine che vogliamo dare del nostro Paese e la realtà. Non descriviamo ogni rifugiato come un terrorista potenziale!. Sono anche dei talenti", conclude Pontier.
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