giovedì 20 settembre 2018
Il 20 settembre 1918 sul corpo del frate comparvero le ferite, segno di un personalissimo calvario. Parla lo studioso Pietro Gerardo Violi, che ne indagò la autenticità
Padre Pio e le stimmate (Foto archivio Siciliani)

Padre Pio e le stimmate (Foto archivio Siciliani)

COMMENTA E CONDIVIDI

Il cappuccino Pio da Pietrelcina, al secolo Francesco Forgione, nasce nella piccola città sannita di Pietrelcina il 25 maggio 1887. Fu battezzato il giorno successivo nella chiesa di Sant’Anna. Gli venne dato il nome Francesco per desiderio della madre Maria Forgione, devota a san Francesco d’Assisi. Il 22 gennaio 1903, a sedici anni, entra in convento e da francescano cappuccino prende il nome di fra Pio da Pietrelcina. Diventa sacerdote sette anni dopo, il 10 agosto 1910: viene consacrato presbitero nella Cattedrale di Benevento. Nel 1916 i superiori pensano di trasferirlo a San Giovanni Rotondo, sul Gargano, e qui, nel convento di Santa Maria delle Grazie, ha inizio per Padre Pio una straordinaria avventura di taumaturgo e apostolo del confessionale. Il 20 settembre 1918 il cappuccino riceve le stimmate della Passione di Cristo che resteranno aperte, dolorose e sanguinanti per ben cinquant’anni. Padre Pio viene visitato da un gran numero di medici, subendo incomprensioni e calunnie per le quali deve sottostare a infamanti ispezioni canoniche; il frate delle stimmate si dichiara “figlio dell’obbedienza” e sopporta tutto con serafica pazienza. Infine, viene anche sospeso a divinis e solo dopo diversi anni, prosciolto dalle accuse calunniose, può essere reintegrato nel suo ministero sacerdotale. Muore il 23 settembre 1968, a 81 anni. Dichiarato venerabile nel 1997 e beatificato nel 1999, è canonizzato nel 2002 da Giovanni Paolo II. Il suo testamento spirituale, alla fine della sua vita, fu: «Amate la Madonna e fatela amare. Recitate sempre il Rosario».

Lo straordinario che si cala nell’ordinario della vita quotidiana. Il mistico profondamente umano. La semplicità, l’abbassamento, l’umiltà anche un po’ ruvida come vie per lasciare spazio all’infinitamente grande. Chi ha avuto la possibilità di raccontare Padre Pio lo descrive così: come un manifesto di santità, una testimonianza di Vangelo radicato fin dentro le viscere, tanto che le stimmate, le ferite sanguinolente che richiamano la passione di Cristo, erano in lui, per così dire, anche i segni di un personalissimo calvario vissuto fuori ma soprattutto dentro la Chiesa.

COSA SONO LE STIMMATE? E QUALI SANTI LE HANNO AVUTE? (Riccardo Maccioni)

Un mistero di sofferenza e di intimo legame con Dio che torna prepotentemente di attualità oggi, a un secolo esatto della loro comparsa, il 20 settembre 1918. Un’icona di dolore assoluto sulla cui autenticità Pietro Gerardo Violi si è interrogato come uomo di fede e ha indagato come scienziato. Settantasei anni, già responsabile del Centro di microcitemia e thalassemia presso l’ospedale Casa Sollievo della Sofferenza di San Giovanni Rotondo, ha diretto il processo di canonizzazione di Padre Pio insieme a fra’ Gerardo di Flumeri.

«Il mio legame con Padre Pio dipende da una curiosa coincidenza – spiega –. Mi sono laureato a Pavia il 28 luglio 1971 e il 1° agosto sono capitato a San Giovanni Rotondo per accompagnare mia mamma che era devota del santo. Anche se avevo un posto in un altro ospedale, chiesi al direttore sanitario di allora se c’era qualche possibilità di impiego. Subito mi disse che l’organico era al completo; poi mi suggerì di presentare la domanda che mi dettò egli stesso. Diedi l’esame di Stato, glielo comunicai e dopo una settimana mi arrivò la notizia dell’assunzione a San Giovanni Rotondo. Non mi sono più mosso, pur avendo la possibilità di fare il primario altrove, persino di andare a Kuwait City».

Per la causa di beatificazione e poi di canonizzazione ha avuto la possibilità di studiare le stimmate. Quale approccio ha avuto?
Come uomo di scienza e di fede posso dire di essermi imbattuto in qualcosa di straordinario. Mi sono posto delle domande cui la medicina e la scienza in generale non riescono a dare delle risposte, delle spiegazioni plausibili.

Ma in lei ha prevalso più l’aspetto scientifico o l’approccio del credente?
I due atteggiamenti vanno di pari passo, non sono in contrasto, quasi si completano l’un l’altro. Là dove non arriva la scienza, subentra la fede. Einstein diceva che se tutto è scienza, nulla è scienza. Ci sono cose che trascendono le leggi stesse della natura.

Come le stimmate appunto.
Queste ferite hanno caratteristiche inspiegabili scientificamente. Prima di tutto, dalla loro comparsa, il 20 settembre 1918 e fino alla morte, quindi per 50 anni, non si sono mai alterate, rimanendo sempre uguali per grandezza, forma e vivacità. Un fatto strano, tanto più che allora non esistevano gli antibiotici. La scoperta della penicillina avviene infatti nel 1929 e la messa in commercio nel 1941 ma è solo due anni dopo che gli Stati Uniti, mossi dalla necessità di curare i feriti della seconda guerra mondiale, ne avviano la produzione a livello industriale. In Italia la penicillina arrivò nel 1948. Vuol dire trent’anni dopo: come mai quelle ferite non si sono mai infettate? E Padre Pio ci camminava sopra.

Un dolore che si può solo immaginare.
Noi pensiamo a Padre Pio come a un mistico ma era anche un uomo. Immaginiamo ciascuno di noi. Se tu hai una minima lesione al piede, al tallone, una piccola escoriazione, ti blocchi, non ti muovi più. Lui invece camminava sulle piaghe. Luigi Romanelli, il professor Bignani che pure era ateo, Giorgio Festa, cioè i medici incaricati di visitarlo, di studiarlo con attenzione, hanno detto che svolgeva tutte le comuni attività quotidiane. Malgrado le ferite, si muoveva, camminava normalmente.

Il decorso invece quale sarebbe dovuto essere?
Se fossero state lesioni umane, si sarebbero modificate, ingrandite. Invece hanno mantenuto sempre le stesse caratteristiche di quando sono comparse. Dico di più: per procurarsi quelle ferite, com’è stato accusato di aver fatto, Padre Pio avrebbe dovuto conoscere perfettamente l’anatomia. Nel palmo della mano passano i tendini, passano i nervi, il frate avrebbe in qualche modo dovuto subire un deficit della funzionalità, per esempio delle dita. Lui invece no, usava le mani normalmente.

Ma lo straordinario, mi sembra di capire, non finisce qui.
Infatti. Parlando di lesioni, noi medici diciamo che guariscono per prima, seconda o terza intenzione. Prima intenzione è quando c’è una cicatrice lineare. Quando si verifica una perdita di sostanza, la guarigione avviene con la formazione di cicatrici aberranti e il tempo per la loro formazione varia dai 20 ai 60 giorni. Ebbene, come si vede dalle fotografie, durante l’ultima Messa Padre Pio aveva le stimmate che, poche ore dopo, alla morte erano completamente scomparse, senza lasciare segno di sé. Com’è possibile? Sfido qualsiasi uomo di scienza a darmene spiegazione. E parlo anche sotto il profilo psichico, dell’ipotesi di stimmate frutto di autosuggestione. Sotto questo aspetto anche il professor Bignami incaricato dal Sant’Uffizio di verificare la credibilità di Padre Pio disse che era un uomo perfettamente equilibrato. Di più, nella sua relazione, lui che era ateo, sottolineò che malgrado si nutrisse poco, il frate riusciva a confessare, a stare in confessionale 16-17 ore filate.

Fin qui abbiamo parlato dell’approccio scientifico al “fenomeno Padre Pio”. Ma secondo lei qual è oggi l’attualità del santo di Pietrelcina?
Il messaggio di Padre Pio è il fulcro del Vangelo: l’amore. Nei suoi scritti, nelle sue lettere si parla di amore, amore, amore. Verso Dio e verso il prossimo. Padre Pio è stato la personificazione del Vangelo, l’ha messo in pratica. La sua eredità, le tante opere che ha lasciato non sono che il frutto dell’amore. Penso alla Casa Sollievo della sofferenza, ai centri per agli anziani, per i disabili, per i non vedenti. «Io mi brucio di questo amore, mi brucio ma non mi consumo», è questo il suo messaggio. Amare, amare, amare.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI