mercoledì 21 maggio 2014
​Sarà ancora il Papa a nominare il presidente della Cei. Ma sulla base di una terna di nomi scelti dall’Assemblea generale dei vescovi. È la modifica allo Statuto approvata ieri sera nell’assise.  (Mimmo Muolo)
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Sarà ancora il Papa a nominare il presidente della Cei. Ma sulla base di una terna di nomi scelti dall’Assemblea generale dei vescovi tramite votazione. È questa la modifica allo Statuto della Conferenza episcopale italiana approvata ieri sera nell’assise che si concluderà oggi a Roma. A darne notizia ai giornalisti è stato il cardinale presidente, Angelo Bagnasco. «Abbiamo lavorato con molta fraternità e siamo arrivati a una buona conclusione con la votazione di questa sera», ha commentato il porporato. In sostanza, ha aggiunto Bagnasco, «si è scelto di mantenere il peculiare legame con il Santo Padre. Un legame unico che deve essere preservato, valorizzato e sempre meglio espresso. D’altra parte – ha proseguito il presidente della Cei – si è scelta la via della partecipazione alla decisione finale del Pontefice tramite l’indicazione della terna». I tre nomi, ha anche spiegato il cardinale, per poter essere eletti dovranno aver riportato il 50 per cento più uno dei consensi degli aventi diritto al voto. Con il successivo regolamento, già nell’Assemblea straordinaria di novembre, saranno poi definiti gli altri dettagli (ad esempio se rendere noti ai vescovi i tre nomi scelti) e le altre modifiche allo Statuto. I lavori assembleari di ieri si erano aperti con la Messa presieduta dal cardinale Marc Ouellet nella Basilica di San Pietro. Il prefetto della Congregazione per i vescovi ha sottolineato: «Non si convoca un’assemblea solo per dialogare tra di noi allo scopo di raggiungere un compromesso di ordine politico o organizzativo – ha sottolineato il cardinale –. Ci si riunisce, invece, per prendere più profondamente coscienza di che cosa siamo, grazie all’ascolto comune della testimonianza dello Spirito che opera in mezzo a noi e che si esprime attraverso i fratelli». Ouellet ha quindi fatto notare che «l’obiettivo di qualsiasi assemblea episcopale è di fare corpo nello Spirito ricevuto dal Signore per pascere le sue pecore. Egli ci ha costituiti membri non solo della sua Chiesa – ha aggiunto il porporato canadese –, ma anche del corpo dei successori dei Dodici, che formarono il Collegio apostolico. Perciò siamo sempre invitati, anzi obbligati a assumere quell’atteggiamento teologale che permettere di cogliere più adeguatamente il punto di vista altrui e quindi di discernere ciò che lo Spirito sta dicendo alla Chiesa e verso dove la sospinge». A questo proposito il porporato, commentando il Vangelo del giorno, ha spiegato: «L’assemblea è in un certo senso un esercizio di potatura, dal momento che per arrivare a una decisione comune ognuno deve essere disposto all’accoglienza e alla condivisione anche a prezzo di qualche concessione o rinuncia affinché regni l’unità e quindi sia assicurato un frutto maggiore al lavoro comune». «Lavoriamo insieme, noi in Dio e Dio in noi, nell’ascolto comune della Sua voce – ha auspicato in conclusione il prefetto della Congregazione per i vescovi –: chiediamo la grazia di non abbassare il livello spirituale della nostra assemblea a un gioco di fazioni, di polarizzazioni e di politica. Che i nostri discorsi e le nostre decisioni rispettino la presenza di Dio in mezzo a noi e così lo Spirito Santo attuerà più efficacemente il retto discernimento delle soluzioni».
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