sabato 7 aprile 2012
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Stanotte è «la Notte»: la notte in cui «la morte è vinta», la notte che ha segnato il passaggio a una nuova fase per l’umanità, la notte in cui si trova la radice che giustifica ogni azione della Chiesa nel mondo. È la notte in cui ancora oggi molte persone trovano una nuova vita nel Risorto. Durante la Veglia pasquale, uno dei riti liturgici più antichi, infatti, stasera moltissimi catecumeni riceveranno i Sacramenti dell’iniziazione cristiana, così come accadeva nei primi secoli, quando questa notte era l’unica «occasione» per diventare cristiani.Nelle diocesi italiane i volti di questi nuovi battezzati sono quelli di tanti adulti, molti di origine straniera, che rappresentano la continua capacità della comunità cristiana di rinnovarsi. In questa pagina raccontiamo alcune delle loro storie.A Parma, ad esempio, a ricevere il primo dei Sacramenti in Cattedrale saranno 15 adulti, 11 stranieri e 4 italiani. A Trento i catecumeni sono nove, tutti di origine straniera. A Reggio Emilia in 38 stasera riceveranno i Sacramenti dell’iniziazione in Cattedrale dalle mani del vescovo Adriano Caprioli e del suo ausiliare Lorenzo Ghizzoni. Un numero record per la Chiesa reggiana da quando nel 2000 ha avviato il percorso diocesano del catecumenato. Il gruppo più nutrito è quello dei 13 ghanesi, ma non mancano i giovani italiani che non essendo stati battezzati nell’infanzia hanno chiesto autonomamente di entrare a far parte della Chiesa.A Rimini sono 30 i catecumeni che riceveranno il Battesimo durante la Veglia Pasquale in Cattedrale per imposizione delle mani del vescovo Francesco Lambiasi. Tra di essi anche due famiglie intere, oltre a una mamma con la figlia e un padre con il figlio. Si aggiungono, poi, altri cinque ragazzi (quattro italiani e un togolese) ai quali il vescovo impartirà solo la Cresima.A Padova cinque donne – due cubane, una zambese, una albanese, una nigeriana – e un italiano saranno battezzati dal vescovo Antonio Mattiazzo in Cattedrale. Altri 44 catecumeni, invece, vivranno lo stesso rito nelle loro comunità. Si tratta, quindi, di 50 adulti, 30 donne e 20 uomini, tutti tra i 19 e i 50 anni. Tra loro sei sono italiani, gli altri sono originari di altri Paesi: Albania, Bosnia Erzegovina, Brasile, Bulgaria, Burkina Faso, Camerun, Cuba, Etiopia, Ghana, Mauritania, Nigeria, Sri Lanka, Sudafrica, Thailandia, Togo, Ucraina, Vietnam e Zambia. Il volto variegato, insomma, di una Chiesa che continua a «generare figli» nella fede. Matteo LiutPADOVA - «VICINO AGLI ULTIMO HO CAPITO LA STRADA»L'ultimo tassello di un puzzle: definisce così la sua «iniziazione cristiana» Eric Casal Ide, 38 anni, medico chirurgo dell’Azienda ospedaliera di Padova, che stanotte, nella Basilica del Santo, in più che ideale comunione con altri 49 catecumeni della diocesi riceverà Battesimo, Cresima ed Eucaristia. Non un traguardo ma una nuova partenza afferma: «Le risposte importanti penso arriveranno dopo; la vera sorpresa, anche su me stesso, arriverà giorno dopo giorno».Quella del dottor Casal Ide, milanese di nascita, ma padovano d’adozione da dieci anni, è una scelta di fede adulta che ha trovato un terreno fertile nella formazione ai valori dell’amore del prossimo, della solidarietà ricevuti in famiglia, dal padre, portoghese di fede avventista e dalla madre, cattolica praticante. A questo si aggiunga un lavoro che continuamente mette a confronto con la sofferenza, la malattia, i grandi perché e domande della vita. Ma sono due gli «incontri» che hanno fatto maturare questa scelta: quello con la moglie Sonia, con cui è sposato da due anni anche se, precisa Casal Ide, la scelta di ricevere i Sacramenti non nasce dall’esigenza di celebrare il matrimonio religioso; e quello con i francescani, grazie all’esperienza, anche questa condivisa con la moglie, del volontariato con i disabili del Villaggio Sant’Antonio di Noventa Padovana.Il percorso di catecumenato è durato due anni; periodo in cui in cui non sono mancati i dubbi e anche le discussioni importanti anche con la famiglia d’origine, con cui «c’è stato molto dibattito». Fondamentali la vicinanza e la condivisione con la moglie, ma anche un altro elemento: la consapevolezza di voler dare un esempio di coerenza di vita ai figli che verranno. «Li battezzeremo – afferma il medico – gli offriremo la nostra esperienza per aiutarli a vivere questo percorso educativo, poi faranno le loro scelte». Sara MelchioriPARMA - «COSI' NELLE DIFFICOLTA' HO INCONTRATO LA LUCE»Caro Gesù, ti ringrazio per la vita e la nuova grande famiglia che mi hai dato, la Chiesa». Sono le parole di Angelica Festa, 22 anni, che ha voluto descrivere il proprio cammino in una lettera inviata al vescovo di Parma, Enrico Solmi, dal quale durante la Veglia pasquale stasera riceverà i Sacramenti dell’iniziazione cristiana.La storia di Angelica è singolare. Rimasta orfana di padre a un anno e mezzo, tre anni fa la sua famiglia è stata sfrattata per difficoltà economiche, dividendosi: la mamma vive in un paese di montagna come badante, una sorella si trova a Milano e un fratello a Parma. Angelica si è trovata per strada, andando a dormire alla Caritas e svolgendo diversi lavori, prima come centralinista in un’azienda e poi come aiutante in un negozio di formaggio. Poi ha perso anche il lavoro, tanto che ora è disoccupata ed è aiutata dalla Caritas e dalla madre. «Ora però – racconta – ho finalmente un monolocale tutto per me in un paese vicino a Parma, una catechista, Mariolina Vincenti, che mi vuol bene e una famiglia grande: la parrocchia di Santa Maria del Rosario, guidata da don Demetrio Ferri».Ma com’è nato il desiderio di ricevere il Battesimo? «Quando di notte andavo alla Caritas e di giorno ero per strada disperata – racconta la giovane –, mi rifugiavo nella chiesa della Santissima Annunziata dei frati francescani, all’ombra del campanile di padre Lino Maupas (un frate morto nel 1924, molto amato in città e dichiarato venerabile da Giovanni Paolo II, ndr). Andando a Messa e pregando assieme alle donne della parrocchia cresceva giorno per giorno in me il desiderio di conoscere Dio». Angelica è riconoscente alla Chiesa locale, tanto che la sua madrina sarà Maria Cecilia Scaffardi, della Caritas e direttore del settimanale diocesano «Vita Nuova». Ora resta solo un sogno: riunire la famiglia. Quinto CappelliTREVISO - «GRAZIE ALLO SGUARDO DEI MIEI AMICI HO SCOPERTO IL DESIDERIO DI CRISTO»«È un lungo percorso che si compie. È il raggiungimento di una pienezza che il mio cuore desiderava da tempo e che continuava a mancarmi, mi lasciava insoddisfatta e insieme assetata. È una rincorsa arrivata alla meta, ma adesso la mia vita riparte, più sicura, dentro l’amicizia della Chiesa». Anna, questo è il nome che ha scelto per il Battesimo, viene da Tuzla, in Bosnia. Ha 27 ani, alle spalle una gioventù segnata da guerra, sofferenze e lutti. Quando ha otto mesi suo padre muore in un incidente stradale nel quale lei e la madre si salvano miracolosamente. A sette anni conosce l’ululato delle sirene e i rumori dei bombardamenti, le corse nel garage interrato assieme ai vicini di casa per sfuggire alle granate che piovono dal cielo, la madre che la butta per terra e la protegge col suo corpo. Poi la fuga da Tuzla, città martoriata, i posti di blocco, l’arrivo in Croazia dove viveva il nonno materno.Anna proviene da una famiglia mista, come ce ne sono tante nei Balcani: padre musulmano, madre ortodossa, nonno cattolico. «Ho studiato il cristianesimo fin da piccola, mi ha sempre affascinato la figura di Gesù, ma visto che papà era musulmano (anche se più per tradizione che per pratica) la mamma mi ha sempre lasciato la decisione sul cammino religioso da fare».Nel 1993 emigra in Italia, dopo la scuola si iscrive alla facoltà di Giurisprudenza di Padova, sede distaccata di Treviso. A lezione conosce alcuni giovani di Comunione e liberazione che la invitano alla scuola di comunità, la catechesi che il movimento propone a partire dai testi di don Giussani. «Nell’amicizia con loro si è risvegliato il desiderio di Gesù, che vedevo nei loro volti, nel loro modo di stare insieme, studiare, divertirsi. Un modo di vivere il cristianesimo come esperienza elementare a affascinante, che me lo ha reso familiare. Ed è in facoltà che ho conosciuto Andrea Pin, il mio prof di diritto costituzionale, che sarà il mio padrino di Battesimo».La «grande notte» di Anna sarà oggi nel Duomo di Treviso, dove ha seguito il corso di preparazione sotto la guida di don Edy Savietto. Assieme a lei altri venti catecumeni provenienti da Cina, Nigeria, Albania e a un gruppo di italiani, quasi tutti tra i 20 e i 30 anni. Nuova linfa per la Chiesa che non invecchia mai. Giorgio PaolucciTRENTO - «PORTERO' IN AFRICA QUESTO MIO TESORO»Entrare «a far parte della vita di Dio»? «Una cosa meravigliosa. Meravigliosa». Avrà presto 30 anni Willy Ouemba, laurea in economia e master in management. Stasera a Trento porterà al fonte battesimale anche la sua storia, con un’infanzia segnata dalla malattia in Camerun e un presente provato dalla scomparsa del padre, un mese fa a Douala, la sua città. È venuto in Italia otto anni fa per studiare ma ora è pronto a tornare in Africa dove vorrebbe «restituire» le competenze acquisite all’Università. Da Trento si porterà anche una Bibbia nuova, riscoperta nel catecumenato.«I miei genitori avevano sì la fede – racconta Willy – ma io me ne sono distaccato. Col tempo però ho avvertito dietro questa distanza la presenza di Qualcuno e il desiderio di affrontare i miei dubbi. Ma non volevo farlo da solo». Provvidenziale si è rivelato l’incontro con un disabile trentino, Piergiorgio Cattani, laureato in filosofia, che Willy accompagnava spesso negli spostamenti in città in carrozzina. Nasce un’amicizia e anche l’idea di prepararsi al Battesimo insieme a Klarita, collega albanese.D’intesa con il parroco don Renzo Caserotti e i responsabili diocesani, per oltre un anno e mezzo a casa Cattani hanno «spezzato» insieme la Parola in un clima di fraterna ricerca: «Se non s’impara a leggere la Bibbia, per cercarne in profondità il contenuto, ti restano troppi dubbi – riflette Willy –. Negli incontri di preparazione ho capito qual è la via giusta: Dio ci aiuta a capire chi siamo e dove andiamo». Poi l’economista africano si sofferma sul libro del Qoelet: «Ci insegna ad essere umili, a non attaccarsi troppo alle cose materiali. Dobbiamo saper gioire sì delle bellezze che ci ha dato, ma sapere non sono il fine per noi». Infine, Willy si chiede come coinvolgere i giovani: «Al Battesimo abbiamo invitato anche i nostri amici non credenti – racconta –. In fondo anch’io mi trovavo dalla loro parte fino ad un anno e mezzo fa». Diego AndreattaREGGIO EMILIA - «DALLE PAROLE DI GESU' LE RISPOSTE VERE»Walya Ibrahim Ahmed, 27 anni, commessa in un negozio di telefonia, appartiene alla parrocchia di Fogliano a Reggio Emilia: è nata e cresciuta qui da genitori del Cairo e stasera inizierà la sua nuova vita nel Battesimo. La madre è una musulmana praticante, mentre il padre, che è deceduto l’estate scorsa negli Emirati Arabi, era musulmano per «tradizione». L’uomo ha vissuto a Reggio Emilia 35 anni della sua vita, fino al 2001, anno in cui per lavoro ha dovuto ristabilirsi nel mondo arabo, seguito presto dalla moglie. Così, per circa sette anni, Walya ha vissuto con il fratello maggiore.Quando la madre, rimasta vedova, è ritornata a Reggio Emilia, non ha voluto imporre le sue convinzioni religiose alla figlia che aveva conosciuto il cristianesimo. «In casa – racconta Walya – non abbiamo mai parlato molto di religione. Per un periodo della mia vita ho anche indossato il velo, ho sinceramente cercato un contatto con l’islam. Però ho incontrato una certa rigidità, facevo tante domande ma non ottenevo risposte, mentre ho trovato più semplice aprire una Bibbia e confessarmi con i sacerdoti». La vera conversione di Walya è avvenuta nel 2009. Era scesa a Salerno, dalle parti del suo ragazzo e attuale marito. Là, dopo una Messa nell’eremo di Pagani con i gesuiti, ha avuto un colloquio in confessionale con un religioso, padre Gigi. «Appena entrai mi guardò negli occhi e mi diede un fazzoletto, come se sapesse già che sarei scoppiata a piangere», dice Walya, che all’epoca soffriva anche per i problemi di salute del papà, già manifestatisi. «Si può dire che io abbia iniziato a pregare al suo capezzale. Pregavo in italiano in mezzo ad arabi, ma mi aiutava tanto», afferma. Padre Gigi la ascoltò quella prima volta ed altre in seguito. Da qui è iniziata la sua preparazione al Battesimo. Stasera come nome cristiano aggiungerà al suo quello di Caterina, in omaggio a Caterina d’Alessandria, egiziana. Edoardo Tincani

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