giovedì 12 novembre 2020
Il presidente della Cei resta in terapia intensiva a Perugia ma è vigile. Si moltiplicano le preghiere. Ecco la riflessione di Bassetti sull'Eucarestia datata 30 ottobre
Il cardinale Gualtiero Bassetti

Il cardinale Gualtiero Bassetti - Ansa

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È «invariato» il quadro clinico del cardinale Gualtiero Bassetti, presidente della Cei e arcivescovo di Perugia-Città della Pieve, che dal 3 novembre è in terapia intensiva a causa del coronavirus. Secondo il bollettino medico giornaliero dell’ospedale Santa Maria della Misericordia di Perugia, dove il porporato è ricoverato, il cardinale rimane «vigile e collaborante». Inoltre i parametri respiratori e cardiocircolatori sono «stabili», con il piano terapeutico «immodificato». Lunedì scorso le condizioni del presidente della Cei si erano aggravate.

Alla preghiera unanime che, da parte di persone, comunità parrocchiali e religiose, gruppi e movimenti laicali, in ogni diocesi d’Italia, viene fatta nei confronti del cardinale e di tutti i malati Covid, si unisce il Rinnovamento nello Spirito Santo che ha già mobilitato un’incessante catena di intercessione. A Bassetti sono stati dedicati gli Esercizi pastorali online che, da martedì scorso a domani venerdì 13 novembre, si tengono presso la sede nazionale in Roma, con circa duecento partecipanti collegati via web e che vedono fra i relatori il cardinale Edoardo Menichelli, arcivescovo emerito di Ancona-Osimo; padre Amedeo Cencini, psicologo e docente all’Università Pontificia Salesiana; monsignor Carlo Rocchetta, teologo esperto di pastorale familiare; il vescovo di Rieti, Domenico Pompili; e il presidente del RnS, Salvatore Martinez. Proprio Martinez spiega: «Duecento sacerdoti, diaconi e religiosi, uniti online in un’intensa esperienza spirituale di revisione pastorale del loro ministero, non si stancano di elevare al cielo mani benedette per la guarigione del cuore del mondo e delle tante ferite che il Covid-19 sta provocando nella vita delle famiglie e delle comunità, per la guarigione fisica di tanti malati nello spirito e nel corpo. Un continuo ricordo è per il caro padre cardinale Bassetti. Desideriamo coscientizzare ancora di più e ancor meglio l’attività terapeutica di Gesù, contribuendo efficacemente a una nuova evangelizzazione di questo nostro tempo bisognoso di “pastorale della salute”, di esperimentare la potenza d’amore del Vangelo di Gesù che, ancora oggi, consola, libera e guarisce l’uomo».

Ieri, durante l’incontro della Fondazione Migrantes che si è svolto in digitale, il direttore generale, don Giovanni De Robertis, ha chiesto di pregare per il presidente della Cei. Anche il vescovo di Tivoli e di Palestrina, Mauro Parmeggiani, aderendo «dal profondo del cuore» all’invito del vescovo Stefano Russo, segretario generale della Cei, ha esortato tutte le comunità parrocchiali e religiose della diocesi ad «accompagnare con la preghiera il cardinale Bassetti in questo momento di prova». Il vescovo ha chiesto a tutti di ricordare il porporato nei vari momenti di preghiera insieme a quanti, in questo momento, sono duramente provati dalla malattia. Parmeggiani ha anche spronato a pregare per i medici, gli operatori sanitari e quanti si prendono cura dei sofferenti.



La riflessione di Bassetti sull'Eucarestia datata 30 ottobre


Intanto viene riproposto sul web la lettera-messaggio che il cardinale Bassetti ha indirizzato all’arcidiocesi di Perugia-Città della Pieve per la solennità di Ognissanti. La riflessione non è un testo di queste ultime ore (come qualcuno lascia intendere), ma porta la data del 30 ottobre ed è stata dettata dal presidente della Cei a fine ottobre prima di essere ricoverato in ospedale. Il messaggio ha per titolo “L’Eucaristia al centro della vita dei cristiani” e qui di seguito viene proposto nella sua forma corretta.



O Dio, Tu sei il mio Dio! All’aurora ti cerco! Di Te ha sete l’anima mia, a te anela la mia carne come terra deserta, arida e senz’acqua (Sal 62).
Questa notte, in sogno, mi sono ritrovato nel tempo in cui, in Seminario, avevo come Padre spirituale don Divo Barsotti. Egli mi insegnava a rivolgermi all’Onnipotente con queste parole fin dal mattino: «O Dio, Tu sei il mio Dio, all’aurora ti cerco». Da quando sono in isolamento per la positività al Covid-19, ho la possibilità di comunicarmi ogni giorno nella mia camera, avendo portato una piccola pisside vicino alla porta della stanza. Era necessaria questa esperienza di malattia per rendermi conto di quanto siano vere le parole dell’Apocalisse in cui Gesù dice all’angelo della Chiesa di Laodicèa: «Ecco, sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me» (Ap 3, 20).
L’Eucarestia, soprattutto in questo periodo così difficile, non può essere lasciata ai margini delle nostre esistenze ma dev’essere rimessa, con ancora più forza, al centro della vita dei cristiani. L’Eucarestia non è soltanto il Sacramento in cui Cristo si riceve – l’anima è piena di grazia e a noi è dato il pegno della gloria futura – ma è l’anima del mondo ed è il fulcro in cui converge tutto l’universo. In definitiva, l’Eucarestia è pro mundi salute, ovvero per la salvezza del mondo, e pro mundi vita, per la vita del mondo (Gv 6, 51).
Nell’Eucarestia Gesù rinnova e riattualizza il suo sacrificio pasquale di morte e resurrezione, ma la Sua presenza non si limita a un piccolo pezzo di pane consacrato. Quel pane consacrato trascende dallo stesso altare, abbraccia tutto l’universo e stringe a sé tutti i problemi dell’umanità, perché il corpo di Gesù è strettamente unito al corpo mistico che è tutta la Chiesa. Non c’è situazione umana a cui non possa essere ricondotta l’Eucarestia. Anche le vicende drammatiche che stiamo vivendo in questi giorni in Italia – come l’aumento della diffusione dell’epidemia, la grave crisi economica per molti lavoratori e per tante imprese, l’incertezza per i nostri giovani della scuola – non sono al di fuori della Santissima Eucarestia. Mi ricordo che Padre Turoldo ci insegnava queste cose con grande chiarezza. E più vado avanti negli anni, più cerco di sperimentarle e più le sento vere. Non c’è consolazione, non c’è conforto, non c’è assenza di lacrime che non abbia il suo riferimento a Gesù Eucarestia.
Questo è un piccolo messaggio che voglio indirizzare ai miei preti, ai consacrati, ai giovani, alle famiglie e ai bambini dell’Archidiocesi. Vorrei che in questo periodo di così grave sofferenza non sentissimo la croce come un peso insopportabile ma come una croce gloriosa. Perché la Sua dolce presenza e la Sua carezza nell’Eucarestia fanno sì che le braccia della croce diventino due ali, come diceva don Tonino Bello, che ci portano a Gesù.
Ritengo infatti, come scriveva Paolo, «che le sofferenze del momento presente non sono paragonabili alla gloria futura che dovrà essere rivelata in noi». Con «impazienza» noi aspettiamo di contemplare il volto di Dio poiché «nella speranza noi siamo stati salvati» (Rm 8, 18.24). Pertanto, è assolutamente necessario sperare contro ogni speranza, spes contra spem. Perché, come ha scritto Charles Péguy, la Speranza è una bambina «irriducibile». Rispetto alla Fede che «è una sposa fedele» e alla Carità che «è una Madre», la Speranza sembra, in prima battuta, che non valga nulla. E invece è esattamente il contrario: sarà proprio la Speranza, scrive Péguy, «che è venuta al mondo il giorno di Natale» e che «portando le altre, traverserà i mondi».


Gualtiero cardinale Bassetti
arcivescovo di Perugia-Città della Pieve


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