domenica 3 aprile 2016
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INVIATO A CROTONE «Scrivilo, per favore! Questo qui è il prete nostro, il prete di quelli ai margini, di quelli rifiutati, di quelli che non avevano più carte da giocare. Se non fosse stato per lui, io, questa bimba di 8 anni, la signora accanto, quei ragazzi, tanti qui… chissà dove saremmo a quest’ora. Noi siamo la sua famiglia». Confuso tra i tanti fedeli che fanno la fila per ottenere un posto a sedere nel palazzetto dello sport di Crotone, Corrado, 46 anni, gran parte dei quali passati a sfidare la legge, e gli ultimi a rendere concreto il suo pentimento, precede una bambina di 8, da tempo senza genitori. Anche loro fanno parte della “famiglia” speciale: quella di monsignor Antonio Giuseppe Caiazzo, “don Pino” da queste parti. Sessant’anni domani, calabrese di Isola di Capo Rizzuto, è il nuovo arcivescovo di Matera-Irsina: viene ordinato nel corso di una celebrazione toccante. Impensabile far svolgere il rito in una chiesa: nessuna potrebbe accogliere le migliaia di fedeli intervenuti. E neanche il PalaMilone ce la fa: 3.600 le persone sugli spalti e sul parquet (in 600 provenienti da Matera), tanti altri seguono la celebrazione davanti a un maxischermo. Diciassette vescovi e più di duecento sacerdoti prendono parte all’ordinazione che è presieduta dal pastore di Noto, Antonio Staglianò (ordinante); conconsacranti principali gli arcivescovi Salvatore Ligorio (Potenza-Muro Lucano-Marsico Nuovo e predecessore di Caiazzo a Matera), Domenico Graziani (Crotone-Santa Severina, che rivolge il saluto introduttivo), il vescovo Luigi Antonio Cantafora (Lamezia Terme) e l’arcivescovo emerito di Benevento, Andrea Mugione. Tra i presuli che concelebrano l’arcivescovo di Catanzaro-Squillace e presidente della Conferenza episcopale calabra, Vincenzo Bertolone. La liturgia di ordinazione, l’imposizione delle mani, la sacra unzione e la consegna delle insegne episcopali della mitra, del pastorale e dell’anello uniscono nella preghiera le due comunità di Crotone e Matera. La gioia per la nomina copre solo in parte la commozione dei crotonesi per la partenza di Caiazzo che lascia un’eredità pastorale e spirituale non comune: in trenta anni ha letteralmente saputo costruire, attorno a una parrocchia inizialmente fatta di garage, scantinati e poche anime, una attivissima e frequentata “fabbrica” della carità. Che ruota attorno alla chiesa di San Paolo del rione Tufolo (ora abitato da quasi 15mila persone), consacrata nel 1988, alla quale si sono aggiunti oratorio, teatro, spazi per la pastorale, luoghi di spiritualità. E, non meno importanti, strutture ad uso dei meno abbienti, che qui possono mangiare, lavarsi, riposare, riabilitarsi, condividere il lavoro di alcune cooperative sociali. Che qui possono sperare. «Ma adesso andrai in giro per le strade della tua nuova diocesi – gli dice l’amico e concittadino Staglianò –, e imparerai a conoscere la tua sposa. Ci andrai per santificare Dio, prima di tutto attraverso i sacramenti. Lui agisce e lascia il segno, trasforma e dona nuova sensibilità. Lo fa toccando e lasciandosi toccare proprio attraverso l’esperienza sacramentale ». Pur in un tempo «pieno di insidie, lavorerai perché, insieme, questo popolo di Dio possa ridare nuova credibilità all’esperienza cristiana. Perché la fede in Gesù ritorni a splendere bella e luminosa». Sì, «avrai potere – aggiunge il vescovo di Noto –: ma il potere della Chiesa è quello di cui parla Gesù, cioè il potere di servire». Dunque, «il tuo primo grande servizio è servire la comunione del presbiterio. Mi auguro che tutti i tuoi presbiteri ti obbediscano – afferma il pastore rivolto ai sacerdoti di Matera Irsina –, perché il vostro vescovo è stato obbediente». Nel suo saluto Caiazzo, che sceglie la parola paolina come suo motto, “Mi sono fatto servo di tutti”, è emozionato e interrotto dagli applausi. Rivolge ripetutamente il «pace a voi» alle diverse componenti della folla. Lo fa anche con le istituzioni alle quali consegna, pochi giorni prima di lasciare la Calabria, la sua implorazione: «Lavoriamo per il bene comune di una umanità che ha bisogno, nei nostri comprensori, di scrollarsi di dosso il cancro della sottomissione alle mafie che li mortificano; di un territorio che ha bisogno di essere disintossicato e bonificato perché gli interessi di pochi l’hanno avvelenato; l’altissimo tasso di morte per tumore non può lasciare nessuno indifferente. Penso – prosegue – all’emorragia dell’emigrazione dei nostri giovani in cerca di lavoro che sta svuotando le nostre case e le nostre parrocchie, mentre il nostro cuore, perché così siamo fatti, si dilata nell’accogliere e accudire i tantissimi immigrati che arrivano nel nostro territorio». Sabato 16 aprile l’ingresso a Matera. E già annuncia che diventerà suo impegno di vita il “Patto delle catacombe” sottoscritto il 16 novembre 1965 da diversi padri conciliari prima della chiusura del Vaticano II. © RIPRODUZIONE RISERVATA CROTONE. Monsignor Antonio Giuseppe Caiazzo saluta i fedeli (Alfonso Di Vincenzo - Kontrolab)
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