sabato 5 agosto 2017
Oltre trenta anni di amicizia fra il cardinale presidente della Cei e il porporato scomparso oggi. «Attento alle persone, non era appariscente nonostante la sua levatura teologica»
Il cardinale presidente della Cei, Gualtiero Bassetti, durante il pellegrinaggio diocesano in Portogallo

Il cardinale presidente della Cei, Gualtiero Bassetti, durante il pellegrinaggio diocesano in Portogallo

COMMENTA E CONDIVIDI

È stata un’amicizia lunga oltre trent’anni quella che ha unito il cardinale Dionigi Tettamanzi e il cardinale Gualtiero Bassetti, presidente della Cei. Cominciata lungo l’Arno. «Erano gli anni Ottanta ed ero rettore del Seminario di Firenze – racconta Bassetti ad Avvenire –. Tettamanzi insegnava morale nel nostro Istituto teologico. Sono stati anni di frequentazione pressoché quotidiana, di condivisione del tetto e della mensa, anni nei quali ci siamo confrontati innumerevoli volte. Parlavano spesso delle vocazioni, dell’anima del sacerdote, delle sfide della Chiesa. E in quegli anni abbiamo intessuto rapporti così saldi che ci hanno accompagnato sempre».


La notizia della morte dell’arcivescovo emerito di Milano è arrivata questa mattina al presidente della Cei durante il pellegrinaggio della sua diocesi, quella di Perugia-Città della Pieve, in Portogallo che Bassetti sta guidando. «In questo momento desidero farmi interprete di tutto l’episcopato italiano per esprimere un pensiero di grata memoria per quanto il cardinale Tettamanzi ha dato alla nostra Chiesa, nei diversi ministeri a cui è stato chiamato - aggiunge anche in una nota della Cei - . Come presidenza della Cei non possiamo dimenticare il servizio da lui prestato nella prima metà degli anni Novanta in qualità di segretario generale. Oggi lo affidiamo con fiducia alla misericordia di Dio, nella quale ha creduto profondamente e di cui è stato segno in mezzo al popolo di Dio».


Bassetti definisce il porporato scomparso oggi «un grande pastore, un apprezzato docente e, soprattutto, un fedele amico». Poi lo descrive come «un uomo che non era per nulla appariscente ma al tempo stesso di fine cultura». Il presidente della Cei sottolinea l’attenzione alla persona che ha contraddistinto il ministero episcopale di Tettamanzi. «È sufficiente ricordare le modalità con cui, da arcivescovo di Milano, svolgeva la visita pastorale: con cura e profondità, ma soprattutto con la fisionomia del pastore e, quindi, la semplicità del buon parroco, attento a ogni uomo e donna. Nonostante guidasse una delle diocesi più grandi del mondo, era solito fermarsi anche un’ora, al termine della Messa, per salutare ad uno a uno coloro che uscivano dalla chiesa. Ciò mostra come, accanto alla sua levatura teologica, Tettamanzi abbia sempre saputo proporsi con un tratto di estrema disponibilità, che abbatteva ogni distanza e lo rendeva un vero uomo dell’incontro».


La prossimità a tutti, prosegue il presidente della Cei parlando con Avvenire, si è tradotta anche «nei suoi richiami all’accoglienza degli ultimi e dei migranti, nelle visite alle fabbriche e alle carceri, nell’abbraccio alle coppie e alle famiglie in difficoltà». E, aggiunge, «mi preme evidenziare anche una sua grande intuizione: la nascita del Fondo di solidarietà per le famiglie colpite dalla crisi economica che è stato un modello per la Chiesa italiana». Ecco perché, conclude il cardinale, Tettamanzi «ha davvero abitato le periferie esistenziali portando la gioia del Vangelo».

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: