giovedì 25 maggio 2017
Parla l’ausiliare di Perugia-Città della Pieve: lavori bene con lui, perché si fida. Vive la diocesi come un parroco la sua parrocchia. E conosce bene i preti
ll Cardinale Bassetti e il vescovo Paolo Giulietti

ll Cardinale Bassetti e il vescovo Paolo Giulietti

COMMENTA E CONDIVIDI

Ma com’è da vicino il cardinale Gualtiero Bassetti? Nessuno può rispondere a questa domanda meglio di chi ha il proprio ufficio accanto a quello del nuovo presidente della Cei, ovvero il «suo» vescovo ausiliare. Anche se in realtà, mette subito in chiaro monsignor Paolo Giulietti, l’arcivescovo di Perugia-Città della Pieve «preferisce stare fuori, in mezzo alla gente, piuttosto che in curia o in episcopio». E proprio per questo Bassetti «conosce le persone e i loro problemi concreti, ha un contatto diretto con il territorio della sua diocesi, sa come arrivano 'alla base' le decisioni prese 'nei piani alti'. E questo sarà di certo una risorsa preziosa per la sua presidenza».

Quindi com’è lavorare fianco a fianco con il cardinale Bassetti?
Si lavora bene con lui perché è uno che si fida, apprezza le qualità, le cose buone. Per esprimere il concetto in termini più diretti si potrebbe dire che non è un 'invidioso', nel senso che non ha di certo paura di lasciare la scena ad altri. Quando si lavora con lui il clima è sempre di profonda serenità: le diverse idee vengono discusse apertamente, con franchezza. Davanti a lui si può esprimere in libertà il proprio disaccordo e questo elimina dal campo tutti quei 'non det- ti' che spesso complicano i rapporti e le attività.

Qual è la «cifra pastorale» del nuovo presidente della Cei?
Io la rintraccerei in due caratteristiche fondamentali: la prima è la grande conoscenza dei preti, perché è stato in Seminario molti anni. E poi è stato vescovo di piccole diocesi, dove ha sempre incontrato molto i preti (e continua a incontrarli) e i seminaristi. Quindi conosce molto bene il mondo presbiterale, con tutte le sue risorse e le sue criticità. Questo è un bagaglio prezioso che di certo si porterà dietro. L’altro tratto importante nasce sempre dal fatto di essere stato alla guida di comunità diocesane non grandi (Massa Marittima, Arezzo, Perugia), avendo quindi la possibilità di toccare con mano i problemi concreti delle persone e la loro quotidianità: conosce il povero, il disoccupato, il prete, la famiglia, i bambini, gli anziani. Per la comunità locale ha la stessa attenzione che un parroco ha per la sua parrocchia: è a contatto con la vita quotidiana. Per fare un esempio: un’anziana compie cent’anni e lo invita alla festa? Lui ci va, perché ha un rapporto diretto con la comunità e le persone. Insomma, nel suo caso l’espressione «pastore con l’odore delle pecore» ha un’applicazione tangibile, visibile agli occhi di tutti. Ha un’esperienza diretta della concretezza di quell’Italia che è fatta soprattutto di piccole diocesi e piccole comunità, cioè la maggioranza del nostro Paese. Secondo me la sua presidenza sarà caratterizzata proprio da questo stile, radicato in una profonda conoscenza della vita pastorale.

E com’è la sua giornata tipo?
In realtà è difficile descriverla: gli impegni sono così tanti e così vari che ogni giorno è a sé. E in una situazione così non si può certo parlare di routine. Come la vita di preghiera: alle volte celebra in casa ma spesso anche fuori, là dove lo portano i numerosi appuntamenti. Una cosa è sicura: il suo ritmo di lavoro è molto serrato e spesso è fuori, gira parecchio la diocesi e in questi anni è sempre stato così.

E che rapporto ha Bassetti con i giovani?
Intanto segue moltissimo i 20 seminaristi della diocesi, perché ci tiene in maniera particolare alla pastorale vocazionale: va in Seminario e parla con loro, partecipa sempre a un’iniziativa estiva assieme ai futuri preti. Ma in realtà è molto disponibile con tutti i giovani, ad esempio nel corso della visita pastorale che, dopo quattro anni, si chiuderà nei prossimi mesi, è stato nelle scuole, ha incontrato gli universitari. Agli incontri con i bambini, i ragazzi, i giovani ci va volentieri. E loro sono contenti, perché apprezzano il suo tratto dialogico, paterno, niente affatto giudicante. Inoltre ha sempre molte storie da raccontare tratte dal suo personale vissuto, dagli incontri che ha fatto nella sua vita (alcuni con personaggi come don Lorenzo Milani o Giorgio La Pira), e questo affascina molto le nuove generazioni. Basta guardare come lo stanno ad ascoltare quando parla. In realtà in diocesi siamo abituati a condividerlo perché la sua agenda ha sempre contemplato molti appuntamenti che lo tengono occupato fuori dai confini diocesani, ad esempio a Roma. Per i perugini non è mai stato un problema e non lo sarà ora. Lo dimostrano i messaggi di congratulazioni e felicitazioni che continuano ad arrivare dalla diocesi dal momento in cui si è diffusa la notizia della sua nomina a presidente della Cei: essendo benvoluto e stimato dall’intera comunità locale c’è una corona d’affetto che in questo momento si sta manifestando in maniera particolare.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: