martedì 31 agosto 2010
«Trascurare la famiglia, ad esempio nelle sue esigenze economiche, significa sgretolare la società stessa»: lo ha ribadito l'arcivescovo di Genova e presidente della Cei, cardinale Angelo Bagnasco, nell'omelia pronunciata domenica al santuario della Madonna della Guardia durante le celebrazioni per il 520/mo anniversario dell'apparizione della Vergine.
COMMENTA E CONDIVIDI
All’Italia serve molta più cura nel promuovere la famiglia fondata sul matrimonio. Altrimenti si rischia di «sgretolare la società». E serve anche «una nuova classe politica, cristiana nei fatti non nelle parole». Nel giorno della festa della Madonna della Guardia - santuario caro ai genovesi,  soprattutto alle mamme e ai nuclei familiari - il cardinale Angelo Bagnasco coglie l’occasione per lanciare a tutto il Paese un nuovo monito in chiave di politica demografica. L’arcivescovo di Genova e presidente della Cei ne ha parlato domenica nelle due omelie tenute durante le celebrazioni del mattino e del pomeriggio. E poi ha affrontato anche altri argomenti incontrando brevemente i giornalisti a margine delle liturgie. Le parole del Capo dello Stato sulla vertenza Fiat, ha detto ad esempio, «rappresentano un criterio di azione e di giudizio valido per tutti».  Su un altro piano, ha poi aggiunto in una delle due omelie, punto di riferimento resta il magistero del Papa. «Noi cattolici - ha detto infatti nella liturgia del pomeriggio - abbiamo l’inestimabile dono del successore di Pietro. A lui dobbiamo guardare per scoprire e riscoprire la fede autentica, quella degli Apostoli, i criteri morali per muoverci nella complessità inedita e chiassosa del nostro tempo».Un tempo che richiede soprattutto, ha sottolineato Bagnasco nell’omelia di domenica mattina, il sostegno alla famiglia. «La società deve considerare seriamente questa realtà che è la base, il suo fondamento naturale: deve innanzitutto difenderla da ogni deformazione. Ma deve anche promuoverla in tutti i modi.  Trascurare la famiglia, ad  esempio nelle sue esigenze economiche, - ha fatto rilevare il porporato - significa sgretolare la società stessa. Per contro, mettere in atto delle politiche adeguate ai reali bisogni della famiglia perché possa avere dei figli, significa guardare lontano, assicurare un corpo sociale equilibrato. Non si finirà mai di insistere perché le misure siano sempre più aderenti ed efficaci alla realtà della famiglia grembo della vita». Il mondo, infatti, «potrà continuare a guardare con fiducia al futuro finché un uomo e una donna uniranno le loro vite per sempre nel vincolo del matrimonio». Che cosa sta succedendo, invece, nel nostro Paese? «Che l’Italia non goda di buona salute sul piano della natalità è sotto gli occhi del mondo intero ha risposto il presidente della Cei -. Che gli altri Paesi non se ne preoccupino è scontato, ma che non ce ne preoccupiamo e non ce ne occupiamo noi è stolto. La Liguria, poi, si trova nelle primissime posizioni in quella che è una vera corsa verso la morte.  Per la verità, i segni di una ripresa esistono anche da noi, e non solo grazie agli immigrati. Ma l’inversione di tendenza non è ancora decisa. Quali siano gli effetti negativi a tutti i livelli di questo inverno demografico sono noti a chi riflette e s’informa: sul piano economico, politico, sociale, psicologico, culturale, ecclesiale». A rischio, ha notato l’arcivescovo di Genova, c’è la stessa democrazia. «Sembra strano parlare di rapporto tra demografia e democrazia, ma bisogna tuttavia riconoscere che l’equilibrio demografico non solo è necessario alla sopravvivenza fisica di una comunità - che senza bambini non ha futuro! -  ma è anche condizione per quella alleanza tra generazioni che è essenziale per una normale dialettica democratica. Anche per questo la Chiesa da molto tempo va dicendo che, in Occidente,  dietro ad una bassa demografia sta una catastrofe culturale grave». Infatti «la scarsità di bambini - ha spiegato il cardinale - significa non solo un futuro autunnale, ma già ora crea squilibri tra le generazioni, causa una povertà educativa non solo perché noi adulti siamo sottratti al compito di educare, ma anche perché  non siamo più educati noi stessi. I ragazzi e i giovani, infatti, ci costringono  a metterci in discussione; ci provocano a uscire da noi che, per età e acciacchi, tendiamo a  ripiegarci  sui nostri bisogni immediati. Per assurdo, dunque, «una società senza bambini e ragazzi, così come una società senza anziani, sarebbe gravemente mutilata, non potrebbe funzionare»«una società senza bambini e ragazzi, così come una società senza anziani, sarebbe gravemente mutilata, non potrebbe funzionare».Bagnasco ha anche sottolineato il valore della fedeltà all’interno della coppia. Una virtù «non solo possibile», ma che ha un «fascino e una bellezza tutta speciale che vediamo sul volto di chi - giovane o vecchio - la vive giorno per giorno - fiero di essere fedele anche se una certa cultura irride a questi valori ritenuti antiquati». La fedeltà è la condizione della crescita. «Non sono infatti le tempeste delle grandi passioni e dei trasporti impetuosi che fanno crescere o misurano la sostanza dell’amore, ma - ha rimarcato il cardinale - la fedeltà quotidiana e umile nel segno dell’amore».Naturalmente tutto questo non potrà avvenire, se non sorgerà una classe politica all’altezza del compito. Per questo, parlando con i giornalisti, Bagnasco ha ripetuto quello che in altre occasioni aveva definito «un sogno a occhi aperti». In pratica «una nuova classe politica, cristiana nei fatti non nelle parole». E’ indubbio, infatti, che «il mondo politico abbia bisogno sempre di presenze qualificate e coerenti. Affinché - ha concluso il presidente della Cei - la storia proceda».
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: