martedì 28 settembre 2010
Discordie e inerzia? «Cambiare si può». Un messaggio di speranza a un’Italia ferita dalla conflittualità politica e dall’incapacità di attuare le riforme più urgenti: lo ha lanciato il presidente della Cei nella prolusione al Consiglio permanente. Un forte richiamo al federalismo solidale, radicato nel «senso di unità della nazione», e a un fisco finalmente a misura di famiglia.
- Il testo della Prolusione
- Inseparabile dedizione a Chiesa e Italia di Francesco Botturi
- Ostellino: così la Chiesa sa essere riferimento proprio per tutti
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Pur «angustiati» per l’Italia, «nazione generosa e impegnata» che però «non riesce ad amarsi compiutamente», i vescovi lanciano un messaggio di speranza al Paese. «Cambiare si può». Ma «bisogna far presto», riscoprendo «la bellezza del bene comune» ed attuando le riforme (compresa quella del federalismo) con occhio attento alla solidarietà, all’unità nazionale e ai «valori costitutivi della civiltà: vita, famiglia, libertà religiosa e libertà educativa». Ad interpretare il comune sentire dell’episcopato italiano è stato ieri il presidente della Cei, cardinale Angelo Bagnasco, nella prolusione con cui nel pomeriggio ha aperto i lavori del Consiglio permanente. Le 11 cartelle del discorso, che come di consueto Avvenire pubblica integralmente, contengono uno sguardo a tutto tondo sulle maggiori questioni ecclesiali e sociali dell’attualità. E naturalmente non poteva mancare l’esame della situazione socio-politica del Belpaese, per la quale il porporato non ha nascosto la preoccupazione propria e dei suoi confratelli. «Anche a noi – ha ricordato, infatti –, è capitato di vivere nell’ultimo periodo momenti di grande sconcerto e di acuta pena per discordie personali che, diventando presto pubbliche, sono andate assumendo il contorno di conflitti apparentemente insanabili; e questi sono diventati a loro volta pretesto per bloccare i pensieri di un’intera Nazione, quasi non ci fossero altre preoccupazioni, altri affanni».Di qui l’invito del cardinale a porre fine al malcostume della «denigrazione vicendevole» o della «polemica inconcludente», per mettere mano invece alle necessarie riforme. «Il Paese non può attardarsi – ha sottolineato Bagnasco –. Povero di risorse prime, più di altri deve far conto sull’efficienza del sistema e su una sempre più marcata valorizzazione delle risorse umane». Dunque è necessario «deporre realmente i personalismi, che mai hanno a che fare con il bene comune, e di mettere in campo un supplemento di reciproca lealtà e una dose massiccia di buon senso per raggiungere il risultato non di individui, gruppi o categorie, ma del Paese».Ecco, dunque, il messaggio di speranza, «cambiare si può». Unito tuttavia al pressante appello a «far presto». «Bisogna comprendere – ha messo in guardia il presidente della Cei – che se si ritardano le decisioni vitali, se non si accoglie integralmente la vita, se si rinviano senza giusto motivo scadenze di ordinamento, se si contribuisce ad apparati ridondanti, se si lasciano in vigore norme non solo superate ma dannose, se si eludono con malizia i sistemi di controllo, se si falcidia con mezzi impropri il concorrente, se non si pagano le tasse, se si disprezza il merito, si è nel torto, si cade nell’ingiustizia».Al contrario «lo scopo di ogni partecipazione politica è proprio la giustizia». E perciò «occorre superare la logica del favoritismo, della non trasparenza, del tornaconto». In sostanza, ha sottolineato Bagnasco, «l’Italia, nel suo complesso, ha bisogno di riscoprire la bellezza del bene comune, perseguito nell’azione politica come nella vita quotidiana dei cittadini». E in questo compito devono distinguersi specialmente i credenti. Perciò il cardinale ha ribadito il suo «sogno ad occhi aperti»: quello di «una nuova generazione di italiani e di cattolici che sentono la cosa pubblica come fatto importante e decisivo» e che «credono fermamente nella politica come forma di carità autentica perché volta a segnare il destino di tutti».Di bene comune si parlerà alle prossime Settimane sociali di Reggio Calabria. E Bagnasco ha auspicato che sia proprio il bene comune «la divisa che consente di identificare là dove i cattolici, ma non solo loro». Sulla scia di Benedetto XVI, infatti, il cardinale ha ricordato che «la ragione è capace di distinguere ciò che è bene fare». E che «i valori non negoziabili non sono tali in ragione di una pregiudiziale cattolica». Vita, famiglia, libertà religiosa e libertà educativa, infatti, «sono i valori primi e costitutivi della civiltà».Il presidente della Cei si è quindi soffermato sulla questione del federalismo. «Gestire un Paese come il nostro in chiave federalista – ha fatto notare – presuppone una diffusa capacità di selezionare con rigore gli obiettivi, scadenzarli, argomentare le scelte, e saper dire dei no anche a chi si conosce. Riuscire a rispettare i vincoli di bilancio, rimanendo attenti alle implicanze umanistiche connesse con l’amministrazione politica, diventerà un’attitudine inderogabile, che presuppone sì un’abilità tecnico-gestionale, non però questa soltanto. Diversamente prevarranno le spinte ad un contrattualismo esasperato e ad una demagogia variamente declinata». «La riforma non deraglierà se potrà incardinarsi in un forte senso di unità e indivisibilità della Nazione: il tricolore è ben radicato nel cuore del nostro popolo». Ciò vale anche per la riforma fiscale: «Se non si combinano insieme federalismo e sussidiarietà, ma anche sviluppo e unità nazionale, col superamento di entrambe le sindromi, del vittimismo da una parte e dell’elargizione dall’altra, la sfida difficilmente si potrà vincere». La Chiesa, da parte sua, farà il possibile per sostenere il federalismo solidale e per evitare l’acuirsi del solco che divide in due il Paese.Numerosi altri temi hanno trovato posto nell’ampia prolusione di Bagnasco. Scuola, casi di malasanità («uno spregio intollerabile»), condizione delle carceri, violenza sulle donne («comportamenti irragionevoli e talora bestiali»), crisi e lavoro. Sul piano ecclesiale il porporato ha messo in rilievo il grande ruolo sociale della parrocchie, ha ricordato il sacrificio di monsignor Luigi Padovese, ha fatto proprie le parole di condanna del Papa sui casi di pedofilia sacerdotale e messo in guardia l’intero corpo ecclesiale da «atteggiamenti negativi» quali «egoismo, vanità, orgoglio, attaccamento al denaro, divisioni».Ma soprattutto, prendendo spunto dalla recente costituzione del Pontificio Consiglio per la nuova evangelizzazione, ha affermato: «È la questione di Dio il problema dell’Occidente». Per questo, ha detto, «ci sentiamo coinvolti a far sì che il cittadino italiano non accantoni la questione-Dio, non la rimuova ritenendola anti-umana». La Chiesa, ha concluso, deve avere un «più ampio respiro missionario».
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