giovedì 6 marzo 2014
​Così il presidente della Cei nella preghiera per i popolo ucraino organizzata dall'Ufficio diocesano Migrantes e celebrata nell'Abbazia di Santo Stefano insieme al cappellano della comunità ucraina, padre Vitaliy Tarasenko.
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Domenica prossima in tutte le chiese italiane si pregherà per il popolo ucraino. Lo ha annunciato , il cardinale Bagnasco presidente della Cei e arcivescovo di Genova, nella preghiera per il popolo ucraino organizzata dall'Ufficio Diocesano Migrantes e celebrata oggi pomeriggio nell'Abbazia di Santo Stefano insieme al cappellano della comunità ucraina, padre Vitaliy Tarasenko. L'iniziativa è nata "accogliendo anche l'invito del Santo Padre perché - ha concluso - la preghiera è la più grande arma della giustizia e della pace". 
Il presule in precedenza aveva sottolineato che "Vogliamo far visita e abbracciare il popolo ucraino in questo giorni di grandi ansie sofferenze e preoccupazioni. Vogliamo far sentire il nostro affetto al cuore di un popolo sofferente e ferito" che "non deve sentirsi solo in questo momento in cui ha tanta apprensione per la propria nazione". Il cardinale Bagnasco si è poi rivolto alle famiglie che nel conflitto hanno perso i loro congiunti e, in particolare, alla mamma di un giovane di 21 anni, Vasjlji, ucciso da un cecchino a Lutsk e la cui foto è stata esposta nell'Abbazia durante la preghiera. "Vogliamo raggiungere in modo particolare - ha aggiunto il porporato - attraverso la preghiera il cuore ferito, anzi straziato di tante famiglie, mamme e papà, che hanno perso i loro figli, i loro congiunti in questi giorni di conflitto e di morte. In modo particolare, vogliamo raggiungere e abbracciare una mamma qui presente che ha perso il figlio: è qui che prega con noi e con lei - ha concluso - vogliamo raggiungere tutti quanti siano stati raggiunti da lutti e crudeltà". Tra i fedeli, alcuni bambini avevano, disegnata sulle gote, la bandiera azzurra e gialla dell'Ucraina. A margine della preghiera, il porporato ha aggiunto che "questa preghiera vuole essere un segno esterno, oltre che un atto di fede, di vicinanza alla comunità ucraina che vive in particolare qui a Genova.
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