martedì 13 luglio 2010
La questione del crocifisso nelle scuole va risolta con «un pizzicodi buon senso»; la necessità di un'autoriforma e di una purificazione della Chiesa, l'esigenza di una nuova generazione di politici cattolici; il persistere della crisi economica; sono alcuni dei temi della lunga intervista che il cardinale Angelo Bagnasco ha rilasciato all'Osservatore Romano.
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La controversa sentenza della Corte di Strasburgo che vieta l'esposizione del crocifisso nelle scuole pubbliche da affrontare con un pizzico di buon senso; la malintesa e pervicace forma di laicità, che ignora il fatto religioso e anzi esplicitamente lo esclude; la necessità di un'autoriforma e di una purificazione della Chiesa indicata da Benedetto XVI; l'esigenza di una nuova generazione di politici cattolici; il persistere della crisi economica; l'anniversario dell'unità d'Italia come occasione per ritrovare coesione e convergenza secondo l'auspicio, tra gli altri, del presidente della Repubblica Napolitano; il federalismo come intuizione già presente nella dottrina sociale della Chiesa; la bellezza, la gioia e la responsabilità dell'essere preti come frutti dell'Anno sacerdotale; sono i questi i temi della lunga intervista che il cardinale Angelo Bagnasco, arcivescovo di Genova e presidente della Conferenza episcopale italiana ha rilasciato all'Osservatore Romano, nell'edizione del 14 luglio. IL CROCIFISSO E LA CORTE DI STRASBURGOSul ricorso presentato dall'Italia contro la sentenza della Corte di Strasburgo, che nel novembre scorso aveva vietato l'esposizione del crocifisso nelle scuole pubbliche, il cardinale spiega di attendersi «solo un pizzico di buon senso». È strano infatti che «proprio oggi, quando il confronto interculturale si fa più esigente, a motivo della crescente mobilità, si pretenda poi di censurare una delle matrici fondamentali della storia del nostro continente. Ipotizzare, come taluni fanno, che il crocifisso leda la laicità dello Stato significa dimenticare che ben prima dello Stato vi è la gente; esiste infatti un humus profondo che identifica il sentire comune della gran parte della popolazione italiana». Volere eliminare le caratteristiche tradizioni culturali e religiose di un Paese, specie quelle legate agli ambienti di vita, come la scuola o i luoghi di aggregazione giovanile, ha aggiunto il cardinale  Bagnasco, «significa rinunciare proprio a quella ricchezza delle culture che si vorrebbe per altri versi tutelare e difendere». I MALI INTERNI ALLA CHIESAL'opera di autoriforma alla quale Bendetto XVI ha chiamato tutti i cattolici e la Chiesa, è «una provocazione non solo per il mondo ecclesiale, ma per la stessa società civile», afferma anche il presidente della Cei, perché racchiude «un'immensa forza rinnovatrice, una forza di concretezza e di azione». È evidente che l'insidia maggiore – ha continuato il cardinale – nasce sempre dal di dentro e non dal di fuori. «Ciò che fa vacillare, infatti, non sono gli attacchi, anche virulenti, che possono esserci da parte di chi nutre pregiudizi o ostilità nei riguardi della fede, ma quelli da parte di chi alla fede si appella, rinnegandola poi nel concreto con l'insipienza e lo scandalo dei suoi comportamenti». Quanto agli abusi su minori che hanno coinvolto alcuni ecclesiastici, «l'accertamento dei fatti, nelle sedi e nei modi dovuti, garantisce alla giustizia i colpevoli di questi terribili delitti». Ma se la crisi che si sta attraversando ha un senso, esso consiste secondo Bagnasco «proprio nel ritornare con umiltà alle sorgenti del Vangelo, che chiama ogni generazione di cristiani a dare ragione della propria speranza con le parole e con la vita». LA QUESTIONE EDUCATIVA«Il mondo degli adulti ha smesso di generare alla vita»; è questa la severa diagnosi del cardinale riguardo alla crisi educativa in cui si dibattono le scoeità occidentali. Aver perso il senso di Dio ha prodotto mancanza di autorevolezza, e finito col creare una società senza padri, cioè fatalmente senza testimoni. «Al contrario, sulla scena pubblica proliferano comportamenti narcisistici, quando non addirittura adolescenziali». I POLITICI CATTOLICIL'affezione per la cosa pubblica, ha dettoil cardinale Bagnasco rispondendo a una domanda dell'Osservatore Romano, «sta scemando e sempre più rarefatto è il consenso intorno al bene comune, privilegiando ciascuno beni di piccolo cabotaggio e senza prospettiva alcuna». Il cardinale poi ha evocato un "sogno", cioè il comparire di una generazione nuova di italiani e di cattolici che sentano la cosa pubblica come importante e siano disposti a darle «il meglio dei loro pensieri, dei loro progetti, dei loro giorni». Quanto alla politica attuale, più che un problema di rappresentanza politica delle posizioni cattoliche, c'è un problema di coerenza personale. LA CRISI ECONOMICA, LA COESIONE NAZIONALE E IL FEDERALISMOIl cardinale ha citato la sua città, Gonova, per ricordare come ancora le preoccupazioni delle famiglie non siano affatte finite. Quanto alle misure per sostenere l'economia, il cardinale indica il criterio dell'equità economica. «Sta poi a chi ha la responsabilità politica affrontare in concreto la situazione, declinando l'equità economica dentro a una cornice di libertà politica e di coesione sociale. Solo così i tre valori in gioco - la libertà politica, la giustizia economica, la coesione sociale - si salvaguardano insieme». Proprio riguardo alla coesione nazionale, Bagnasco sottolinea come l'anniversario dell'unità d'Italia sia una occasione provvidenziale «per ritrovare le comuni radici che hanno fatto il nostro Paese, ben prima del suo riconoscimento come Stato». Un apprezzamento va a quanti, «innanzitutto il presidente della Repubblica, invitano continuamente a ritrovare la coesione e la convergenza, al di là delle legittime differenze». Il presidente della Cei risponde poi a una domanda sul federalismo, che, lungi dall'essere una ricetta magica, «rappresenta  un'intuizione ben presente nella dottrina sociale della  Chiesa»,  ma va coniugato  con  la solidarietà  «per evitare che chi sta indietro resti ancora più arretrato».
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