mercoledì 24 luglio 2013
​Sono tre i punti chiave che lo stesso Bergoglio, nel segno dell’apertura, individuava come i “pilastri” di Aparecida: l’accoglienza di tutto quello che viene dal basso, cioè dal popolo di Dio, la pietà popolare e la missione.
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«Un testo – diceva il filosofo Paul Ricoeur – non è mai una grandezza chiusa, ma aperta». Ed è proprio in questa sua insita “apertura” che si può racchiudere il senso ultimo del documento finale della Quinta assemblea della Conferenza episcopale latinoamericana svoltasi ad Aparecida nel 2007 e che ha segnato il passo della Chiesa del Sud America e del Caribe in questi anni. L’allora arcivescovo di Buenos Aires, Jorge Mario Bergoglio, non esitò ad affermare che la Conferenza di Aparecida «è stata un momento di grazia». Bergoglio sottolineava come già l’inizio dei lavori era stato caratterizzato da tale disposizione, sollecitata dallo stesso papa Benedetto XVI: «Il Papa ha dato indicazioni generali sui problemi dell’America Latina, e ha poi lasciato aperto: fate voi, voi fate! È stato grandissimo, questo, da parte del Papa» commentava Bergoglio. La conferenza cominciò così non da un testo preconfezionato ma da un dialogo aperto, con le esposizioni dei ventitré presidenti delle diverse conferenze episcopali e da lì la discussione sui temi nei differenti gruppi. «La nostra disposizione – affermava Bergoglio – è stata perciò quella di ricevere tutto ciò che veniva dal basso, dal popolo di Dio, e di non fare tanto una sintesi, quanto piuttosto un’armonia». E spiegava: «L’armonia nella Chiesa la fa lo Spirito Santo, perché lui stesso è l’armonia, quando infatti siamo noi a voler fare la diversità facciamo gli scismi e se siamo noi a voler fare l’unità facciamo l’uniformità, l’omologazione, lui solo invece è autore al medesimo tempo della pluralità e dell’unità». «Ad Aparecida abbiamo collaborato a questo lavoro dello Spirito Santo – concludeva così Bergoglio – e il documento, se si legge bene, si vede che ha un pensiero circolare, armonico. Si percepisce quell’armonia non passiva, ma creativa, che spinge alla creatività, all’apertura, perché è dello Spirito». Sono perciò tre i punti chiave che lo stesso Bergoglio, nel segno dell’apertura, individuava come i “pilastri” di Aparecida: l’accoglienza di tutto quello che viene dal basso, cioè dal popolo di Dio, la pietà popolare e la missione.La missione così come emerge dalle pagine di Aparecida non è il proselitismo, non è una prestazione di operatori pastorali e di chi pretende col suo sforzo di costruire la Chiesa «perché la cosa più importante nella Chiesa rimane sempre l’azione Santa del Signore» (Conclusione n. 5). È una nuova Pentecoste (n. 547) secondo una visione della Chiesa che è «madre che viene, che esce all’incontro» (n. 240), che allarga le braccia e si fa prossima, vicina ai bisogni, alle necessità degli uomini, che sa ascoltare e accogliere i segni dei tempi e in fretta si muove a stare vicino, ad accompagnare, aiutare. È l’invito ad uscire da se stessi che già tante volte papa Francesco ha ricordato «perché per rimanere fedeli bisogna uscire, rimanendo fedeli si esce». Questo dice in fondo Aparecida, che è il cuore della missione: «Dobbiamo andare verso le persone, le famiglie, le comunità, i popoli per comunicare, condividere con tutti il dono dell’incontro con Cristo, che ha riempito le nostre vite di senso, di verità, di amore, di gioia di speranza. Non possiamo rimanere tranquilli dentro le nostre chiese, urge invece correre in tutte le direzioni per proclamare che il male e la morte non hanno l’ultima parola, che l’amore è più forte» (n. 548).Anche le pagine sulla pietà popolare sono tra le più interessanti del documento finale. E meritano un’attenzione. Nel contesto e nell’orizzonte della missione della Chiesa, infatti, il documento recupera e valorizza pienamente la pietà popolare come una «modalità legittima» di vivere la fede, un modo di sentirsi parte della Chiesa e al tempo stesso una forma dell’essere missionari. Alla stesura di queste pagine certamente contribuì il fatto che i lavori della Conferenza si svolsero nel Santuario mariano di Nossa Senhora Aparecida (dove oggi il Papa presiederà la Messa alle 15,30 ora italiana, ndr). Il luogo dei lavori era situato proprio sotto il Santuario e da lì i vescovi riuniti poterono continuare a sentire le preghiere, i canti dei fedeli. «Nella pietà popolare si sentono le vibrazioni più profonde della profonda America – è scritto nel documento –, essa è parte dell’originalità storico-culturale dei poveri di questo Continente, e frutto di una sintesi tra le culture dei popoli originari e la fede cristiana. Nell’ambiente secolarizzato in cui vivono oggi i nostri popoli, continua a essere una grandiosa confessione del Dio vivente che agisce nella storia, e un canale di trasmissione della fede» (n. 264). Anche il camminare insieme verso i santuari e la partecipazione ad altre manifestazioni della pietà popolare, «portando con sé i figli e coinvolgendo altre persone», viene a essere così considerato in quest’atto del magistero della Chiesa come «un’azione di evangelizzazione, attraverso la quale il popolo cristiano si autoevangelizza e realizza la vocazione missionaria della Chiesa» (n. 265). In un intervento del luglio 2012 riguardo alla pietà popolare Bergoglio faceva questa ulteriore osservazione: «Quando noi avviciniamo il nostro popolo con lo sguardo del Buon Pastore, quando non lo avviciniamo per giudicarlo ma per amarlo, incontriamo che questo modo culturale di esprimere la fede cristiana prosegue vivo tra di noi, specialmente nei nostri poveri. Questo fuori da ogni idealismo sopra i poveri e da ogni pauperismo teologico. È una grande ricchezza che Dio ci ha dato. Mi fa male quando sento dire: "Questi dobbiamo educarli". Sempre il fantasma dell’intellettualismo ci perseguita, e questo riduzionismo ideologico nominalista ci porta a non rispettare la realtà concreta… Anche oggi possono esserci posture gnostiche di fronte a questo fatto della pietà popolare». Ed è proprio il documento di Aparecida, riconoscendone l’importanza «come cammino originale per il quale lo Spirito Santo ha condotto e continua a condurre milioni di nostri fratelli», a definirla «spiritualità popolare». Dopo l’Evangelii Nuntiandi di Paolo VI, Aparecida costituisce perciò su questo punto una fonte che non è stata superata.«Non si tratta di manifestazioni di religiosità popolare che dobbiamo tollerare – conclude Bergoglio – dopo Aparecida non possiamo più trattare la pietà popolare come una Cenerentola di casa».

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