sabato 25 maggio 2019
La coordinatrice del mensile femminile dell’Osservatore Romano: vogliamo raccontare la presenza della donna nella Chiesa, ma anche offrire uno sguardo differente sulle grandi tematiche
Lunga carriera professionale. Rita Pinci è attualmente giornalista di Tv2000, la televisione dei cattolici italiani. Qui è giunta dopo una lunga carriera professionale che l’ha vista lavorare al quotidiano romano “Il Messaggero” (di cui è stata anche vicedirettore, prima donna giornalista a ricoprire in Italia una così alta responsabilità), passando poi per altre testate: il magazine “Lo Specchio” de “La Stampa”, “Panorama”, “Chi” e “Huffington Post Italia”. Tra gli autori della trasmissione «In mezz’ora», su Rai 3. (foto Stefania Casellato)

Lunga carriera professionale. Rita Pinci è attualmente giornalista di Tv2000, la televisione dei cattolici italiani. Qui è giunta dopo una lunga carriera professionale che l’ha vista lavorare al quotidiano romano “Il Messaggero” (di cui è stata anche vicedirettore, prima donna giornalista a ricoprire in Italia una così alta responsabilità), passando poi per altre testate: il magazine “Lo Specchio” de “La Stampa”, “Panorama”, “Chi” e “Huffington Post Italia”. Tra gli autori della trasmissione «In mezz’ora», su Rai 3. (foto Stefania Casellato)

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«Il nostro Comitato di direzione è una sorta di laboratorio nel quale sono presenti diverse sensibilità e realtà del mondo femminile dentro e fuori la Chiesa. Un laboratorio che speriamo di portare nelle pagine del mensile». Rita Pinci, coordinatrice di questo Comitato, usa l’immagine del laboratorio per spiegare il lavoro che la nuova redazione del mensile Donne Chiesa Mondo, allegato all’Osservatore Romano, ha iniziato a svolgere con il numero di maggio in edicola da pochi giorni.

Nel suo editoriale ribadisce la «volontà di rendere testimonianza al lavoro prezioso svolto dalle donne nella Chiesa». Dunque cambio di redazione, ma continuità di linea?
Assolutamente sì. Il percorso del mensile non si interrompe. È una esperienza preziosa, visto che da sette anni non solo affronta temi femminili dentro la Chiesa, ma guarda con occhio femminile ai temi della Chiesa. La redazione è cambiata, ma proseguiamo nel compito di fare comunicazione con stile, competenza e capacità.

Il cambio alla guida del mensile, però, non è stato indolore e neppure tranquillo. Cosa vi siete detti con il direttore dell’Osservatore Romano Andrea Monda?
Ho conosciuto Monda a Tv2000 (la televisione dei cattolici italiani) dove io lavoro e lui realizza un programma. Mi ha chiamato proponendomi l’incarico e io ho risposto subito di “sì” per due motivi. Il primo: perché si tratta di una bella esperienza professionale e umana, che in parte mi costringerà a ricominciare da capo. Il secondo è l’opportunità di poter restituire ciò che ho imparato in una lunga e fortunata carriera professionale che mi ha fatto crescere. Insomma ho voluto mettere la mia esperienza e la mia capacità al servizio degli altri.

Ha ricevuto qualche indicazione su come svolgere il suo incarico?
Il direttore Monda, che è anche responsabile del mensile, non mi ha dato alcuna indicazione né su come fare né su quali temi trattare. Quella che possiamo chiamare linea editoriale la stiamo costruendo noi come Comitato di Direzione. Noi vogliamo raccontare la vita delle donne nella Chiesa, di quelle che stanno intorno a questo mondo. Intendiamo continuare a osservare le questioni della Chiesa con occhio femminile e anche porre questioni femminili dentro la Chiesa. Dobbiamo essere un ponte tra queste due realtà, porgendo a un pubblico vasto le notizie, raccontando ciò che succede e individuando magari questioni da affrontare. Insomma osservatrici, ma con una visione ben attiva.

Chi l’ha preceduta, però, ha lamentato una mancanza di libertà di azione...
Sinceramente nessuno ci ha concesso libertà d’azione o autonomia, perché libertà e autonomia penso siano connaturali nell’essere umano e dunque le esercitiamo. Con il direttore Monda, che conosco come persona corretta, onesta e gentile, non abbiamo mai parlato di questi aspetti. Nel Comitato ci sono donne di pensiero, con me che mi definisco “una tecnica della comunicazione”. Noi faremo quello che pensiamo sia giusto e quello che sappiamo di saper fare.

Nella sua storia personale e professionale c’è stato spazio per il femminismo. Cosa significa essere una femminista nel mondo cristiano?
Vengo da una famiglia credente e nonostante nella vita abbia cambiato idea su molte cose, la fede non è mai stata messa in discussione. All’università, negli anni Settanta, mi sono avvicinata al movimento femminista di cui ho condiviso contenuti e metodi per incidere davvero nel cambiamento. Ma ho sempre avuto un approccio pratico e, anche davanti all’insegnamento e alla testimonianza di vita di mia mamma che ha cresciuto quattro femmine e un maschio, decisi di militare nel collettivo che puntava al salario per il lavoro domestico, perché, oltre a crescere con amore i figli, la donna casalinga cresce anche dei futuri cittadini. E questo è un lavoro sociale.

Papa Francesco invita spesso ad aumentare la presenza e il ruolo della donna nella Chiesa. In che modo pensa di poter aiutare il cammino su questa strada? E anche come pensa di farlo con il mensile?
I due aspetti sono abbinati. Penso al mensile come a uno strumento per camminare sulla strada indicata dal Papa. Non a caso abbiamo intitolato il numero di maggio della rivista “Le voci delle donne”. Mi pare si possa quasi definire una linea editoriale. Si cambiano le situazioni se ci si confronta. Anche con gli uomini, che non sono esclusi da questo percorso di maggior coinvolgimento del mondo femminile. Solo parlando, confrontandosi, rappresentando la realtà, puoi conoscere le cose. Raccontare per andare in profondità.

Pensate di affrontare anche temi critici come, ad esempio, gli abusi nei confronti delle religiose, denunciati dal Papa?
D’impulso risponderei: “Ma se su queste questioni ci va il Papa vuole che non ci andiamo noi?”. Abbiamo un Papa che sentiamo come compagno di viaggio. Non penso che ci siano temi che non possono essere affrontati. Tutto si può raccontare, con due paletti da tenere presenti: il primo è quello rappresentato da onestà, correttezza e verità. Il secondo è il buon gusto nel raccontare le storie.

Il mensile ha sette anni di vita. Pensa che il mondo ecclesiale sappia cogliere l’opportunità offerta da questa presenza editoriale?
Mi auguro di sì. Di certo lo è quella parte del mondo cattolico rappresentato dalle donne, che è, numericamente parlando, maggioranza. Le donne della Chiesa stanno in alcuni casi addirittura “avanti”, tanto che verrebbe da dire che le dobbiamo “rincorrere” nel loro cammino. Credo che da parte di tutti dobbiamo mettere in campo una grande capacità di ascolto, che è il primo strumento per poter capire quanto sta accadendo e permette anche di riconoscere le questioni da porre e da affrontare. Una capacità di ascolto che coinvolge donne e uomini.

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