«La Santa Sede e la Repubblica dell'Unione del Myanmar, desiderose di promuovere legami di mutua amicizia, hanno deciso di comune accordo di stabilire relazioni diplomatiche a livello di nunziatura Apostolica da parte della Santa Sede e di Ambasciata da parte della Repubblica dell'Unione del Myanmar». La svolta, preannunciata a marzo, è stata ufficializzata stamani poco dopo che papa Francesco ha ricevuto in udienza Aung San Suu Kyi, Nobel per la pace nel 1991, per anni segregata in casa dal regime dittatoriale, attualmente ministro degli Esteri birmano e consigliere di Stato nell'esecutivo del suo fedelissimo HtinKyaw, eletto nel 2016.
Il Myanmar è il 183° Stato ad avere pieni rapporti diplomatici con la Santa Sede. Lo scorso 10 marzo il Parlamento del Paese asiatico ha approvato all’unanimità la richiesta che gli era pervenuta dal Vaticano l’8 febbraio. Ne dava notizia l’agenzia Asianews specificando tra i protagonisti di questo “storico accordo” c’era il cardinale salesiano Charles Bo, il primo porporato birmano della storia, creato da papa Francesco nel 2015.
Il Myanmar è un Paese dove i cattolici sono appena l’1% della popolazione. Questa notizia quindi è significativa di come le cancellerie di ogni parte del mondo guardino con particolare interesse al nuovo dinamismo geopolitico vaticano impresso dal pontefice venuto “quasi dalla fine del mondo”.
I rapporti diplomatici della Santa Sede
Con Papa Francesco infatti si è assottigliata ancora di più la lista dei Paesi che non hanno rapporti diplomatici con la Santa Sede. La Santa Sede ormai intrattiene pieni rapporti diplomatici con quasi tutti gli Stati del mondo. Nel 1900 questi Paesi erano appena una ventina, nel 1978 ammontavano già a 84 e nel 2005 erano 174. Con Benedetto XVI sono arrivati a 180 e con papa Francesco sono diventati appunto 183, Gli ultimi Stati ad allacciare pieni rapporti diplomatici con Oltretevere sono stati il Montenegro (2006), gli Emirati arabi uniti (2007), il Botswana (2008), la Federazione russa (2009), la Malaysia (2011), il neonato Sud Sudan (febbraio 2013), la Mauritania (il 9 dicembre 2016) e ora il Myanmar.
La fitta rete degli osservatori vaticani nel mondo
Lo scorso anno poi le 'relazioni speciali' intrattenute con lo Stato di Palestina - definito così ufficialmente dalla Santa Sede dopo che la risoluzione Onu 67/19 del novembre 2012 gli ha concesso lo status di osservatore permanente – sono diventati rapporti diplomatici a pieno titolo dopo l’entrata in vigore dell’Accordo globale firmato nel giugno 2015. La Santa Sede ha poi legami diplomatici con l'Unione Europea e l'Ordine di Malta, e mantiene osservatori permanenti presso le principali organizzazioni internazionali governative, come ad esempio l'Onu (nelle sedi di New York e Ginevra), il Consiglio d'Europa a Strasburgo, la Fao a Roma, l'Unesco a Parigi, il Wto (Organizzazione mondiale per il commercio) e, inoltre, presso la Lega degli Stati arabi e l'Organizzazione dell'unità africana.
Dell'Osce con sede a Vienna è storico membro fondatore. Dal 2011 poi per la prima volta è stato accreditato un nunzio presso l'Asean, l'associazione delle nazioni del Sud Est asiatico. Mentre dal 2013 il nunzio in Nigeria è stato accreditato presso la Comunità economica degli Stati dell'Africa occidentale e dal 2015 il nunzio in El Salvador è anche osservatore extraregionale presso il Sistema dell'Integrazione Centroamericana.
Il caso della Cina
Tra i Paesi con cui la Santa Sede ha rapporti diplomatici c'è anche la Cina-Taiwan dove però dal 1979 non risiede più un nunzio, ma un semplice 'incaricato d' affari ad interim'. A Roma comunque si attende sempre il momento di poter trasferire finalmente - quando sarà possibile - la nunziatura a Pechino. Nel frattempo una rappresentanza diplomatica vaticana risiede stabilmente nella cosiddetta 'missione di studio' ad Hong Kong, pur figurando formalmente collegata alla nunziatura delle Filippine (nell' Annuario Pontificio del 2016 per la prima volta viene indicato, in nota, indirizzo e numero di telefono di questa 'missione').
Ecco gli Stati che mancano ancora all'appello
La Santa Sede quindi non intrattiene ancora relazioni con dodici Stati, perlopiù asiatici e in buona parte a maggioranza islamica. In otto di questi Paesi non è presente nessun inviato vaticano (Afghanistan, Arabia Saudita, Bhutan, Cina popolare, Corea del Nord, Maldive, Oman, Tuvalu). Mentre sono in carica dei delegati apostolici (rappresentanti pontifici presso le comunità cattoliche locali ma non presso i governi) in altri quattro Paesi: due africani (Comore e Somalia) e due asiatici (Brunei e Laos).
Non mancano comunque contatti, anche formali, tra Santa Sede e alcuni di questi Stati. Alla Messa di inaugurazione del pontificato di papa Francesco hanno assistito, ad esempio, anche delegazioni ufficiali dell'Afghanistan e dell'Arabia Saudita. Un caso particolare è quello del Vietnam, con il quale sono iniziate formalmente le trattative per arrivare a pieni rapporti diplomatici e, a questo fine, nel 2011 è stato nominato un rappresentante vaticano non residenziale presso il governo di Hanoi.
Per quanto riguarda poi il Kosovo - il cui riconoscimento avverrà quando il suo status internazionale sarà meno controverso -, la Santa Sede si è per ora limitata a nominare un delegato apostolico nella persona del nunzio in Slovenia.
Gli 89 ambasciatori accreditati con sede a Roma
Attualmente sono 88 le cancellerie di Ambasciate con sede a Roma, comprendendo anche quelle dell’Unione europea e dell’Ordine di Malta. L'altro centinaio sono rappresentati in genere da diplomatici residenti in altre capitali europee. La Santa Sede infatti non accetta ambasciatori accreditati anche presso il Quirinale.
Nel 2014 è tornata ad essere residenziale la rappresentanza dell'Irlanda che nel 2011 il governo di Dublino aveva declassato a non residenziale. Con Benedetto XVI sono diventati 'residenti' gli ambasciatori 'non residenti' di Australia, Camerun, Timor Est, Benin e Nigeria, il più popoloso Paese africano. Con papa Francesco lo sono diventati anche quelli di Armenia, Belize, Ghana e, dallo scorso anno, Palestina e Malaysia.
Nel corso della recente visita del cardinale Segretario di Stato Pietro Parolin in Repubblica del Congo il governo di Brazzaville ha annunciato la decisione di rendere “residente”, sarà quindi l’89ma, anche la propria rappresentanza diplomatica.
Il ruolo attivo della diplomazia vaticana
Proprio il cardinale Parolin aveva previsto che la diplomazia vaticana con papa Francesco avrebbe avuto un ruolo più proattivo nel mondo, non solo attendendo gli eventi ma facendo proposte. Un nuovo dinamismo geopolitico che si è manifestato in modo eclatante con il 'ruolo chiave' giocato dalla Santa Sede nella storica svolta dei rapporti Usa-Cuba, e anche nell'impegno per la conclusione positiva del processo di pace in Colombia. Senza contare all’accelerazione impressa nei contatti con Pechino. L’ulteriore incremento del numero degli Stati con cui la Santa Sede intrattiene rapporti diplomatici e la crescita dei Paesi che vogliono avere un proprio ambasciatore presente nella città di cui il Papa è vescovo sono quindi segni tangibili di come questo nuovo dinamismo sia accolto con interesse dalle diplomazie di ogni parte del mondo.