lunedì 24 marzo 2014
Un “pressante appello” a porre fine alle violenze in Sud Sudan, assicurare gli aiuti umanitari. Francesco lo ha chiesto in un messaggio alla diocesi di Juba. All’Angelus: “Il Signore è più grande dei pregiudizi”.  Quaresima tempo per “guardarci dentro”. Il Pontefice ha dato appuntamento, venerdì prossimo, alla Giornata penitenziale “24 ore per il Signore”.
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Un “pressante appello” a porre fine alle violenze in Sud Sudan, assicurare gli aiuti umanitari e promuovere la pace: è quanto chiede Papa Francesco in un messaggio inviato alla diocesi di Juba. Il testo, a firma del segretario di Stato, Pietro Parolin, è stato letto ieri mattina dal card. Peter Turkson, presidente del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace, che ha presieduto la Messa nella cattedrale di Santa Teresa a Juba, a conclusione di cinque giorni di visita nel Paese. “Senza pace non può esserci sviluppo”: lo scrive a chiare lettere Papa Francesco nel suo messaggio all’arcivescovo di Juba, mons. Paulino Lukudu Loro. Un’affermazione quanto mai calzante per il Sud Sudan: nazione giovane, divenuta indipendente solo tre anni fa, nel dicembre del 2013, che ha visto esplodere un conflitto etnico tra le forze governative del presidente Kiir, di etnia dinka, e quelle fedeli all'ex vicepresidente Machar, di etnia nuer. Una guerra che, sottolinea il Pontefice, è costata la vista a persone innocenti, provocando divisioni e causando “povertà, fame, malattie, morte”. “Non possiamo rimanere indifferenti di fronte a questa realtà”, sottolinea il Papa, che non dimentica “la drammatica situazione” di sfollati e rifugiati costretti all’esilio, in condizioni “abiette per la loro dignità”, in cui non sono considerati più persone, bensì “statistiche senza nome”. Di qui, “il pressante appello” del Pontefice affinché tutte le parti in causa, con il supporto della comunità internazionale, pongano fine alle violenze, assicurino “l’accesso agli aiuti umanitari per i bisognosi” e cerchino “senza sosta soluzioni pacifiche, per far prevalere il bene comune sugli interessi particolari”. Per questo, il messaggio pontificio richiama la necessità di “promuovere la cultura dell’incontro”, che implica innanzitutto il rifiuto dell’egoismo e la capacità di vedere nell’altro “non un nemico, ma un fratello da accettare e con cui lavorare insieme”. L’impegno a creare un clima sociale “costruttivo”, afferma il Papa, deve prevalere sulla “brama di potere” personale, con il “chiaro riconoscimento che gli esseri umani, con le loro legittime aspirazioni morali, etiche e sociali”, vengono sempre “prima dello Stato e dei diversi poteri che cercano di sottometterli”. Guardando, poi, al tempo di Quaresima, “momento privilegiato per intraprendere un percorso di purificazione e conversione della mente e del cuore”, il Papa esorta alla “conversione delle coscienze alla giustizia, alla fraternità ed alla condivisione”. Il messaggio si conclude con l’affermazione chiara che “la Chiesa cattolica condanna ogni atto di violenza e lavora generosamente nella ricerca di un clima di dialogo, riconciliazione e pace tra tutti i membri della società”. Iniziata il 19 marzo, la visita del cardinale Turkson in Sud Sudan è legata all’iniziativa quaresimale promossa dalla Chiesa locale e intitolata “Quaranta giorni di preghiera, digiuno e carità per la giustizia, la pace e la riconciliazione”. Nei giorni scorsi, il porporato ha presieduto la Messa di dedicazione della nuova Parrocchia di San Giuseppe a Juba ed ha avuto diversi incontri con i vescovi e le autorità locali. In particolare, mercoledì il porporato ha incontrato il presidente Kiir e i membri del governo, ai quali ha consegnato il messaggio del Papa.
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