lunedì 7 settembre 2015
Il dramma dei migranti scuota le coscienze: non basta dire “coraggio, pazienza!”: Il Papa all’Angelus ha chiesto gesti concreti di solidarietà a tutte le Chiese e i fedeli d’Europa, in vista del Giubileo della Misericordia.  IL TESTO INTEGRALE. Le due parrocchie vaticane già pronte

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Il dramma dei migranti scuota le coscienze: non basta dire “coraggio, pazienza!”: Il Papa all’Angelus ha chiesto gesti concreti di solidarietà a tutte le Chiese e i fedeli d’Europa, in vista del Giubileo della Misericordia.
 
“Di fronte alla tragedia di decine di migliaia di profughi che fuggono dalla morte per la guerra e per la fame, e sono in cammino verso una speranza di vita, il Vangelo ci chiama, ci chiede di essere “prossimi” dei più piccoli e abbandonati. A dare loro una speranza concreta. Non soltanto dire: “Coraggio, pazienza!...”. La speranza cristiana è combattiva, con la tenacia di chi va verso una meta sicura”.
“Ogni parrocchia, ogni comunità religiosa, ogni monastero, ogni santuario d’Europa ospiti una famiglia, incominciando dalla mia diocesi di Roma”. “Misericordia è il secondo nome dell’Amore” ha ricordato il Papa a tutti i fratelli vescovi d’Europa, perché sostengano il suo appello, cosi come farà la città leonina. Anche le due parrocchie del Vaticano accoglieranno in questi giorni due famiglie di profughi.
La catechesi del Papa ispirata dal Vangelo domenicale, è stata incentrata sulla guarigione da parte di Gesù di un sordomuto, simbolo dei non credenti “…la sua sordità esprime l’incapacità di ascoltare e di comprendere non solo le parole degli uomini, ma anche la Parola di Dio”.
Per questo Gesù compie tre gesti, anzitutto lo allontana dalla folla:
“non vuole dare pubblicità al gesto che sta per compiere, ma non vuole nemmeno che la sua parola sia coperta dal frastuono delle voci e delle chiacchiere dell’ambiente".
La Parola di Dio che il Cristo ci trasmette - ha spiegato Francesco - ha bisogno di silenzio per essere accolta come Parola che risana, che riconcilia e ristabilisce la comunicazione”.
Gesù tocca poi le orecchie e la lingua del sordomuto, ripristina “la relazione con quell’uomo ‘bloccato’ nella comunicazione”, ristabilisce con lui un contatto. Quindi “alza gli occhi al cielo e comanda “Effatà - Apriti”.
“Ma questo Vangelo ci parla anche di noi”, ha sottolineato Francesco
“…spesso noi siamo ripiegati e chiusi in noi stessi, e creiamo tante isole inaccessibili e inospitali. Persino i rapporti umani più elementari a volte creano delle realtà incapaci di apertura reciproca: la coppia chiusa, la famiglia chiusa, il gruppo chiuso, la parrocchia chiusa, la patria chiusa…E quello non è di Dio! Quello è il nostro peccato!”
“Guariti dalla sordità e dall’egoismo della chiusura e del peccato veniamo inseriti nella grande famiglia della Chiesa” “…possiamo ascoltare Dio che ci parla e comunicare la sua Parola a quanti non l’hanno mai ascoltata, o a chi l’ha dimenticata e sepolta sotto le spine delle preoccupazioni e degli inganni del mondo”.
Nei saluti dopo la recita dell’Angelus, il Papa, ha reso omaggio alle tre suore martiri nella guerra civile del 1936, Fidelia Oller, Giuseppa Manrabal e Faconda Margenta, beatificate ieri in Spagna. “Malgrado le minacce e le intimidazioni queste donne rimasero al loro posto per assistere i malati, confidando in Dio “La loro eroica testimonianza, fino all’effusione del sangue, dia forza e speranza a quanti oggi sono perseguitati a motivo della fede cristiana. E noi sappiamo che sono tanti”.
Il pensiero di Francesco è andato poi ai vescovi del Venezuela e della Colombia riuniti nei giorni scorsi - quale "chiaro segno di speranza" - per esaminare la critica situazione tra i due Paesi, innescata dalla chiusura del confine ordinata dal governo di Caracas.
Infine una segnalazione gioiosa l’apertura degli XI Giochi Africani, a Brazzaville, nella Repubblica del Congo, perché “questa grande festa dello sport - ha auspicato Francesco - contribuisca alla pace, alla fraternità e allo sviluppo di tutti i Paesi dell’Africa”.
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