mercoledì 3 dicembre 2014
L’iniziativa è del movimento fondato nel 1972 a Piacenza da don Vittorio Pastori e dall’allora vescovo Enrico Manfredini per ridare speranza a un’Uganda stretta dal morso della carestia.
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Il pozzo numero 1.000 in dono a Papa Francesco. L’iniziativa è di Africa Mission-Cooperazione e Sviluppo,  il Movimento fondato nel 1972 a Piacenza da don Vittorio Pastori e dall’allora vescovo Enrico Manfredini per ridare speranza a un’Uganda stretta dal morso della carestia. Oggi in cinquecento dai 22 gruppi sparsi in tutta Italia, insieme al vescovo di Moroto Damiano Guzzetti, parteciperanno all’udienza generale in Aula Nervi, a conclusione della quale una delegazione consegnerà simbolicamente al Papa un modellino di pozzo, realizzato da artigiani ugandesi, che raffigura una famiglia mentre attinge l’acqua.Una  scelta non casuale, precisa il direttore di  Africa Mission Carlo Ruspantini: «Da sempre nelle nostre attività si è scelto di valorizzare la famiglia come luogo di crescita armonica della società». Si uniranno ai pellegrini il sindaco di Piacenza Paolo Dosi, in rappresentanza della città che ospita la sede centrale del Movimento, e Domenico Matera, primo cittadino di Bucciano, in provincia di Benevento, dove si trova una delle sedi distaccate. L’evento chiude le celebrazioni per il ventennale della morte di don Pastori, per tutti «don Vittorione », il «bulldozer della carità » che a dispetto dei suoi 240 chili ha compiuto 147 viaggi in Uganda, inaugurando una storia che continua con il popolo di  Africa Mission, presente in 13 regioni, dal Trentino alla Puglia.

L’ex ristoratore varesino, trasferitosi a Piacenza al seguito dell’amico Manfredini, ha coronato il desiderio di diventare prete solo a 58 anni, il 15 settembre 1984. Per l’ordinazione, i parrocchiani di San Giuseppe Operaio vollero regalargli il primo pozzo trivellato dall’ong «Cooperazione e Sviluppo», nata nel 1982 per fungere da «braccio operativo » del Movimento. «Alla morte di don Vittorio, nel 1994, i pozzi erano 500, nei vent’anni successivi ne abbiamo realizzati altrettanti: un bel risultato, se pensiamo che tutti dicevano che saremmo morti insieme al nostro fondatore – sottolinea Ruspantini –. Invece la sua testimonianza sta contagiando anche tanti giovani che non lo hanno conosciuto di persona, ma attraverso la sua opera». La carenza di risorse idriche è cronica in Karamoja, regione dell’Uganda, sia per la scarsità di sorgenti in superficie che per l’irregolarità delle piogge. Senz’acqua è a rischio il bestiame (il territorio è popolato da oltre 800mila pastori seminomadi), non si può coltivare, non si riesce a mantenere strutture che garantiscano assistenza e istruzione. Per non parlare delle condizioni igieniche. Per ogni pozzo perforato mille persone sono liberate dall’obbligo quotidiano di percorrere decine di chilometri a piedi, con un bidone di 25 litri sulle spalle, per approvvigionarsi di acqua potabile. «Non posso dimenticare la prima volta che siamo andati a scavare, con la gente che guardava passare esterrefatta le macchine per la perforazione. E non posso scordare le feste, i ringraziamenti, gli abbracci per il primo pozzo e i primi zampilli», sottolinea Egidio Marchetti, quarant’anni in Africa e Sud America come meccanico e perforatore, oggi in pensione ma ancora con la valigia in mano per «colpa» di Africa Mission. Una scena, in particolare, gli è rimasta nel cuore. Vi ha assistito ad Amudat, al confine tra Uganda e Kenya. «Le donne, nel veder l’acqua uscire, si sono precipitate verso la perforatrice, si sono impiastricciate le mani di acqua e terra e si sono toccate testa, petto e ventre – racconta – ripetendo lo stesso rito sul perforatore e sul responsabile di Africa Mission  del luogo, come segno di benedizione e gratitudine».

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