giovedì 19 dicembre 2019
Padre Cencini (Cei) interpreta con chiarezza l'importanza della decisione di Francesco di abolire il segreto pontificio sui casi di abuso sui minori
Padre Amedeo Cencini

Padre Amedeo Cencini - Siciliani

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Martedì scorso, nel giorno del suo 83° compleanno, il Papa ha deciso di abolire il segreto pontificio sui casi di abuso sessuale commessi da chierici su minori e adulti vulnerabili. L’ha fatto con l’Istruzione “Sulla riservatezza delle cause” allegata a un rescritto firmato il 6 dicembre dal cardinale segretario di Stato vaticano, Pietro Parolin. L’abrogazione riguarda tutte le fasi di accertamento delle vicende, dalla denuncia ai processi, alle sentenze. Resta comunque la riservatezza sul procedimento a tutela delle persone coinvolte. Di fatto l’abrogazione del segreto pontificio favorirà la collaborazione fra Chiesa e autorità civili e varrà sia per la Santa Sede sia per le diocesi in materia di abusi. In particolare gli atti dei casi potranno essere richiesti dalla magistratura sia al competente dicastero vaticano (con rogatoria internazionale) sia alle diocesi. Il segreto pontificio a norma dell’Istruzione “Secreta continere” è imposto su materie di particolare gravità o importanza. Ad esempio l’elaborazione di alcuni documenti pontifici; l’attività della Congregazione per la dottrina della fede (e qui, in tema di abusi, sono state introdotte modifiche); la creazione di cardinali, la nomina dei vescovi; i cifrari.


Parla il religioso canossiano membro del Consiglio di presidenza del Servizio nazionale Cei per la tutela dei minori: il Papa ci offre anche una comprensione più autentica del concetto di abuso


Una scelta di portata storica, alla quale seguiranno altri passi altrettanto importanti. Padre Amedeo Cencini, 71 anni, formatore, psicologo e psicoterapeuta canossiano, componente del Consiglio di presidenza del Servizio nazionale per la tutela dei minori presieduto dall’arcivescovo di Ravenna-Cervia, Lorenzo Ghizzoni, interpreta con chiarezza l’importanza della decisione di papa Francesco di abolire il segreto pontificio sui casi di abuso sui minori, violenza sessuale e pedopornografia commessi dai chierici. «Come ha detto l’arcivescovo Charles Scicluna – commenta il religioso – si tratta di una scelta di portata storica che va nella linea dei documenti precedenti e soprattutto del summit in Vaticano dello scorso febbraio. In generale la nuova normativa rende più coerente e lineare il sistema disciplinare che la Chiesa si sta dando. Direi che dobbiamo aspettarci nuove disposizioni normative in questa direzione».

Quali sono i punti più rilevanti dell’Istruzione papale “Sulla riservatezza delle cause”?

Sono quattro. Anzitutto questa nuova interpretazione - definizione che preferisco ad abolizione - del segreto pontificio impedisce di utilizzarlo come un ostacolo all’informazione giusta. La finalità della norma è questa, senza scendere nei dettagli. Prima c’erano troppi impedimenti all’accertamento della verità in materia di abusi sessuali da parte del clero. Penso ad esempio alla buona fama dell’ecclesiastico accusato o al perdono in qualche modo imposto alla vittima per coprire tutto. Secondo, questa norma che si collega al motu proprio Vos estis lux mundi del maggio 2019 ribadisce quella che è la stella polare di tutto il cambiamento normativo proposto dal Papa: il bene dei bambini e dei ragazzi, degli adolescenti (con l’estensione dell’età fino a 18 anni) e delle persone vulnerabili deve sempre venire prima del segreto, anche di quello pontificio.

Una sottolineatura importante...

Estremamente importante. Il loro bene è il vero elemento che motiva questi cambiamenti. Ma anche il terzo punto è fondamentale. La nuova normativa, infatti, facilita la collaborazione con le autorità civili. Significa che le denunce, le testimonianze, i documenti processuali relativi ai casi di abuso contenuti in Vaticano come pure negli archivi diocesani e fino ad oggi sottoposti a segreto pontificio potranno essere consegnati ai magistrati inquirenti dei rispettivi Paesi che li richiederanno. Indubitabilmente è un segno di apertura, trasparenza, disponibilità alla collaborazione che faciliterà l’intesa tra Stato e Chiesa nella gestione di questi casi.


Cencini: «La nuova interpretazione del segreto pontificio impedisce che sia ostacolo all’informazione giusta E facilita la collaborazione con l’autorità civile. La stella polare del cambiamento è il bene dei bambini»



E il quarto punto che cosa riguarda?

Il concetto di abuso. Questa nuova normativa è perfettamente in linea con la comprensione autentica dell’abuso. Mi riferisco soprattutto all’estensione del reato di detenzione di materiale pedopornografico ai ragazzi fino ai 18 anni.

Cosa significa in concreto?

Abuso vuol dire uso improprio del ruolo di prete o di educatore, della relazione e della minore età o dello stato di vulnerabilità dell’altro per gratificare eventuali necessità. L’estensione dai 14 ai 18 anni del limite di età vuole fare capire che anche solo il detenere questo materiale, che sembrerebbe un’azione passiva e non violenta, è in realtà un abuso. Questo è molto importante soprattutto nel ruolo formativo con i giovani.

Il summit vaticano di febbraio sulla tutela dei minori

Il summit vaticano di febbraio sulla tutela dei minori - Ansa



Secondo lei questo non sarà l’unico grande passo in avanti. Cosa si aspetta ora?

Per la mia sensibilità di formatore mi attendo - ed è quello che stiamo facendo al Servizio nazionale della Cei per la tutela dei minori - che ci sia un’uscita dalla fase emergenziale, in cui rientra la gestione degli scandali avvenuti, con la programmazione di una nuova formazione per chi intende accedere al ministero sacerdotale e per tutti gli educatori delle strutture parrocchiali. Una formazione integrale, un progetto educativo che parta dagli abusi per parlare ai giovani della sessualità e dell’affettività, che miri a formare il senso di responsabilità verso minori e persone vulnerabili.

Cosa sta realizzando il Servizio nazionale della Cei per la tutela dei minori?
Stiamo lavorando intensamente perché siamo presi dalla fase emergenziale, ovvero dalla gestione della segnalazione di abusi e delle denunce. La fase interessante è la nascita delle strutture diocesane, una novità assoluta. Stiamo creando un nuovo servizio per problematiche molto complesse dal punto di vista giuridico.

Come stanno rispondendo le diocesi?
Positivamente, stiamo effettuando molti incontri con i servizi diocesani e regionali trovando accoglienza, una grande presa di coscienza e molto senso di responsabilità. È importante il messaggio che sta arrivando a tutti: la Chiesa non solo accoglie le segnalazioni, ma invita a farle e prende in serissima considerazione i casi e le sofferenze delle vittime.

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