giovedì 1 dicembre 2016
Il vescovo di Albano, Marcello Semeraro, torna sulla lettera apostolica Misericordia et misera per sottolineare l'importanza dell'accoglienza verso le donne che hanno vissuto questa tragedia
«Aborto e perdono, vi spiego la scelta del Papa«
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Per comprendere la decisione del Papa, espressa nella lettera apostolica Misericordia et misera, di estendere nel tempo a tutti i sacerdoti la facoltà di assolvere dal peccato di aborto, occorre tenere presenti due punti fermi: la distinzione tra "peccato" e "sanzione penale. E il cosiddetto "caso urgente" previsto dal diritto canonico.

Lo scrive il vescovo di Albano, Marcello Semeraro, in una lettera inviata alla diocesi per ribadire il rilievo pastorale della scelta di Francesco e per fare chiarezza a proposito di alcune interpretazioni distorte fornite da certi media. Semeraro, che è anche segretario del C9, parte dalla distinzione tra peccato e sanzione penale. In questo caso l’aborto è il peccato grave a cui si fa riferimento – e sul quale il Papa «non ha fatto nessuno sconto» – mentre la scomunica latae sententiae è la sanzione penale. «Due realtà concettualmente diverse» che però con la decisione del Papa risultano unite nell’atto della confessione.

«Qui il confessore esercita la giurisdizione di rimettere la censura di scomunica (che vietata la ricezione di tutti i Sacramenti) – annota il vescovo di Albano – ed esercita anche il potere sacerdotale che ha di perdonare i peccati». Semeraro collega poi la decisione del Papa anche a quanto già previsto dall’articolo 1357 del Codice di diritto canonico, che permette al confessore di sospendere gli effetti della scomunica quando si rende conto che la sanzione penale rischia di incidere troppo pesantemente sulla salute spirituale del fedele pentito.


«Considerata in questa luce giuridico-canonica, la decisione del Papa ha il suo fondamento e la sua radice nello stesso fine ultimo della disciplina canonica ossia – ribadisce il presule – la salus animarum». Non un elemento esterno, ma «la dimensione costitutiva della stessa realtà soprannaturale dello ius in Ecclesia». Altro punto di grande rilievo, anzi la stessa ragione teologica che sostiene la decisione di Francesco, è il riferimento alla misericordia. Se è vero – come è vero – che non “c’è alcun peccato che la misericordia di Dio non possa raggiungere e distruggere”, ecco allora che la misericordia stessa è legata alla salvezza delle anime e raffigura la dimensione pastorale e caritativa del diritto canonico.

In questa prospettiva i confessori che accolgono le donne pentite dopo l’aborto, devono assumere come loro indirizzo le due parole che anche il Papa sottolinea nella lettera apostolica: sostegno e conforto. Sostenere il peccatore vuol dire farsi carico delle sue pene. Dare conforto è incoraggiarlo per continuare sulla strada della conversione. Ecco perché è importante, conclude Semeraro, che tutti, ma noi sacerdoti in particolare «giungiamo a cogliere la dimensione “generativa” della dimensione del Papa».

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