Il Papa ai seminaristi: protagonisti, ma non “solisti”. Le crisi? Sono utili
di Matteo Liut
Ieri e oggi il Papa ha avuto due diversi incontri con i futuri preti. Ai seminaristi del Triveneto: non sentitevi soli, no alle doppiezze. Ieri ai seminaristi del mondo: curate la formazione a

Diventare preti oggi è una sfida che richiede il coraggio di andare controcorrente, ma anche di sapersi mettere in gioco con se stessi, senza temere crisi e ferite o nascondendosi dietro a maschere o doppiezze. A dare le coordinate fondamentali del cammino che porta all'ordinazione sacerdotale è stato Leone XIV che ieri e oggi ha avuto due momenti di incontro e confronto con i seminaristi. Ieri assieme ai quattromila futuri preti arrivati da tutto il mondo per il loro Giubileo, oggi assieme ai seminaristi delle diocesi del Triveneto.
Ai seminaristi del Triveneto: no alle doppiezze. Guardate ai testimoni santi
«Non pensatevi soli, e nemmeno pensatevi da soli. Senza dubbio – come afferma la Ratio fundamentalis – ognuno di voi "è il protagonista della propria formazione ed è chiamato a un cammino di costante crescita nell’ambito umano, spirituale, intellettuale e pastorale" - ha sottolineato stamattina il Papa -; ma protagonisti non significa solisti! Perciò vi invito a coltivare sempre la comunione, anzitutto con i vostri compagni di Seminario. Abbiate piena fiducia nei vostri formatori, senza ritrosie o doppiezze».
Poi l'invito ai formatori: «Siate buoni compagni di strada dei seminaristi che vi sono affidati: offrite loro l’umile testimonianza della vostra vita e della vostra fede; accompagnateli con affetto sincero. Sappiatevi tutti sostenuti dalla Chiesa, anzitutto nella persona del vescovo».
Ai seminaristi di Friuli-Venezia Giulia, Trentino-Alto Adige e Veneto Leone XIV ha indicato alcuni testimoni particolari. a partire da Giovanni Paolo I, «in cui sono brillate le migliori virtù della vostra gente: in lui avete un vero modello di vita sacerdotale». E poi i santi legati in particolare all'eredità dell'antica Chiesa di Aquileia: il vescovo Cromazio, ma anche Girolamo e Rufino, «esemplari nello studio e nella vita ascetica» e poi i beati Tullio Maruzzo e Giovanni Schiavo, «missionari che irradiarono il Vangelo in diversi popoli, lingue e culture».
D'altra parte nell'elenco di coloro che sono sulla via della santità riconosciuta dalla Chiesa, non mancano i nomi di diversi seminaristi, il cui cammino sacerdotale è stato interrotto, ma che hanno lasciato un segno profondo, come raccontiamo in un articolo dedicato ai futuri preti di cui è in corso la causa di beatificazione o canonizzazione.
Ai seminaristi del mondo: le crisi servono a capire chi soffre
Le parole di oggi che in qualche modo fanno ecco a quelle pronunciate ieri nelle Basilica di San Pietro, dove Prevost è stato accolto dai seminaristi dei cinque continenti in un clima di festa. Anche lì il Pontefice ha ricordato che chi si prepara a diventare sacerdote non può indossare maschere o vivere nell’ipocrisia, ma è chiamato a guardare in faccia le proprie ferite e i propri limiti, perché così sarà in grado «di stare accanto a coloro che soffrono». Un cammino interiore, questo, che aiuterà i seminaristi, i futuri preti, a testimoni «la gratitudine e la gratuità di Cristo, l’esultanza e la gioia, la tenerezza e la misericordia del suo Cuore». Segni controcorrente «in un mondo dove spesso c’è ingratitudine e sete di potere, dove a volte sembra prevalere la logica dello scarto».
Parole che non fanno sconti e che puntano alto: «Il seminario, in qualunque modalità sia pensato, dovrebbe essere una scuola degli affetti – dice Prevost –. Oggi in modo particolare, in un contesto sociale e culturale segnato dal conflitto e dal narcisismo, abbiamo bisogno di imparare ad amare e di farlo come Gesù». D’altra parte, aggiunge il Papa, Cristo chiama i seminaristi «anzitutto a vivere un’esperienza di amicizia con Lui e con i compagni di cordata».
E allora, aggiunge il Pontefice, va curato il centro di tutto: il cuore. In questo modo tutta la persona per diventare segno di speranza: «Non c’è niente di voi, che debba essere scartato, ma tutto dovrà essere assunto e trasfigurato nella logica del chicco di grano, al fine di diventare persone e preti felici, “ponti” e non ostacoli all’incontro con Cristo per tutti coloro che vi accostano».
Quindi l’invito a curare il “motore” di tutto, il cuore appunto. Parole, cui Leone XIV accosta il ricordo della Dilexit nos, l’enciclica di Francesco (e sul ricordo di Bergoglio si è fatto sentire forte l’applauso).
Quindi l’invito a curare il “motore” di tutto, il cuore appunto. Parole, cui Leone XIV accosta il ricordo della Dilexit nos, l’enciclica di Francesco (e sul ricordo di Bergoglio si è fatto sentire forte l’applauso).
«Scendere nel cuore a volte può farci paura – nota ancora il Papa –, perché in esso ci sono anche delle ferite. Non abbiate paura di prendervene cura, lasciatevi aiutare, perché proprio da quelle ferite nascerà la capacità di stare accanto a coloro che soffrono. Senza la vita interiore non è possibile neanche la vita spirituale, perché Dio ci parla proprio lì, nel cuore».
La chiave, secondo Prevost, è tutta lì: «Se imparerete a conoscere il vostro cuore, sarete sempre più autentici e non avrete bisogno di mettervi delle maschere». Per fare questo, secondo il Papa, lo strumento privilegiato è la preghiera: «In un’epoca in cui siamo iperconnessi – spiega Leone XIV –, diventa sempre più difficile fare l’esperienza del silenzio e della solitudine. Senza l’incontro con Lui, non riusciamo neanche a conoscere veramente noi stessi».
Ma chi si prepara a diventare un ministro ordinato, testimone di speranza nella storia, deve aprirsi al mondo attraverso anche le espressioni della cultura, anche quelle di frontiera poste dalle tecnologie digitali: «Vi invito a invocare frequentemente lo Spirito Santo, perché plasmi in voi un cuore docile, capace di cogliere la presenza di Dio, anche ascoltando le voci della natura e dell’arte, della poesia, della letteratura e della musica, come delle scienze umane – nota il Papa –. Nell’impegno rigoroso dello studio teologico, sappiate altresì ascoltare con mente e cuore aperti le voci della cultura, come le recenti sfide dell’intelligenza artificiale e quelle dei social media. Soprattutto, come faceva Gesù, sappiate ascoltare il grido spesso silenzioso dei piccoli, dei poveri e degli oppressi e di tanti, soprattutto giovani, che cercano un senso per la loro vita».
E di fronte alla complessità, della vita sacerdotale, ma anche del mondo attuale, il suggerimento di Leone XIV è quello di coltivare il discernimento: «Quando siamo giovani, ci portiamo dentro tanti desideri, tanti sogni e ambizioni. Il cuore spesso è affollato e capita di sentirsi confusi. Invece, sul modello della Vergine Maria, la nostra interiorità deve diventare capace di custodire e meditare», sottolinea il Pontefice.
In definitiva, al centro della formazione in seminario, secondo Prevost, va posta «la maturazione umana, respingendo ogni mascheramento e ipocrisia. Tenendo lo sguardo su Gesù, bisogna imparare a dare nome e voce anche alla tristezza, alla paura, all’angoscia, all’indignazione, portando tutto nella relazione con Dio. Le crisi, i limiti, le fragilità non sono da occultare, sono anzi occasioni di grazia e di esperienza pasquale».
E, infine, il mandato fondamentale ai seminaristi a «non giocare mai al ribasso» e a «non essere solo ricettori passivi», ma di essere appassionati «alla vita sacerdotale, vivendo il presente e guardando al futuro con cuore profetico».
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