venerdì 16 dicembre 2022
L’ente di formazione Galdus ha dedicato al beato lo spazio al centro della sua sede principale, presenti l'arcivescovo Paglia e la mamma, Antonia Salzano
A Milano l’intitolazione della “Strada beato Carlo Acutis”, nella sede di Galdus, alla presenza della mamma Antonia Salzano e di monsignor Paglia

A Milano l’intitolazione della “Strada beato Carlo Acutis”, nella sede di Galdus, alla presenza della mamma Antonia Salzano e di monsignor Paglia - Galdus

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Intitolare una strada a Carlo Acutis. Perché i ragazzi d’oggi possano imparare da lui, e con lui, che nel cammino della vita non siamo mai soli, ma c’è un amico fedele, affidabile. Un amico che ci ama: Gesù. Intitolare una strada all’adolescente milanese che amava l’Eucaristia e i poveri, che una leucemia fulminante ha portato via a 15 anni, il 12 ottobre 2006, e che la Chiesa ha beatificato il 10 ottobre 2020: è il gesto compiuto da Galdus, ente di formazione lombardo, che ha deciso di dedicare a Carlo lo spazio centrale della sua sede principale, a Milano.

L’intitolazione è avvenuta ieri mattina. Non una “cerimonia ufficiale”, ma una festa. E un’occasione di incontro e dialogo con gli studenti. Che ha visto la partecipazione di Antonia Salzano, la mamma di Carlo, dell’arcivescovo Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia Accademia per la vita e membro del Dicastero delle cause dei santi, e di monsignor Carlo Azzimonti, che in diocesi di Milano è vicario episcopale per la Città.

Il primo atto: la visita dei tre ospiti – accolti dal presidente di Galdus, Diego Montrone, e da dirigenti e docenti – ai laboratori di ristorazione e di oreficeria, con i ragazzi all’opera. Un modo per entrare nella realtà di Galdus, ente di formazione nato nel 1990 che oggi, nelle sedi di Milano e di Lodi, conta 1.500 studenti nella scuola professionale (che si inizia dopo la terza media) e 250 nell’alta formazione (dopo i 18 anni), oltre alle tremila persone in cerca di occupazione che hanno avuto accesso ai suoi “centri per il lavoro”.

Il secondo atto: l’intitolazione, con lo svelamento della targa. «Vorremmo che questa strada a lui dedicata fosse segno per noi che la percorriamo e la viviamo quotidianamente, e per tutti i giovani della nostra diocesi che vorranno venire a conoscere la storia di Carlo e venerare la sua reliquia», dice Stefano Crescenzio, 18 anni, del corso di alta formazione in pasticceria, salutando gli ospiti a nome dei compagni raccolti attorno all’insegna con la scritta “Strada beato Carlo Acutis”.

Un grazie speciale lo riceve mamma Antonia, che ha «prontamente risposto alla richiesta della nostra scuola», scandisce Stefano: «Ci hai ascoltati, donandoci una matita di Carlo, una reliquia preziosissima che sarà nostra cura custodire e rendere ben visibile, perché ci sproni a imitare l’impegno di Carlo nello studio e il suo desiderio di capire a cosa siamo chiamati, nella vita, per essere felici».

«Questa matita sia il simbolo che ci chiama a scrivere la storia unica, straordinaria, che Dio ha progettato per ciascuno di noi», auspica la signora Antonia, che ai ragazzi ha portato in dono anche dei rosari, per potersi unire alla preghiera tanto amata dal figlio. «Ognuno di noi è unico, ma nessuno è un’isola: senza gli altri e senza Dio, non saremmo noi stessi», incalza Paglia. Quindi tutti nella vicina chiesa di Sant’Andrea, per rispondere ad alcune domande dei ragazzi.

Con Azzimonti a parlare dell’Eucaristia, presenza reale di Gesù, e a ricordare cosa abbia significato per Carlo (che in Gesù ha scoperto «l’amico a cui affidarsi totalmente»). E con Paglia a suggerire ai ragazzi di «uscire in strada, andare incontro ai clochard, agli anziani soli, ai poveri, e di chiamarli per nome: così potrete vedere e incontrare il Dio “che non si vede”, e sarà veramente Natale».

Mamma Antonia, a parlare del suo Carlo ai ragazzi, mette un tale ardore che è come se ogni volta lo desse nuovamente alla luce. E, d’altronde, Carlo non appartiene al passato ma, come ogni santo, è nostro contemporaneo. «Nell’Eucaristia, Carlo ha imparato a incontrare Gesù vero e vivo. E se cresci alla scuola di Gesù, impari a donarti agli altri. E per te, com’era per Carlo, ogni persona è speciale. I santi – conclude Antonia – ci aiutano a capire che la santità è possibile per tutti, ed è amare Dio sopra ogni cosa e il prossimo come noi stessi». È questa la via per compiere «la missione speciale che Dio ha dato ad ognuno di noi».

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