venerdì 28 luglio 2017
Intervista al presule, che guida questa Chiesa calabrese dal 2014. Tra le sue priorità «favorire occasioni di condivisione tra i preti per non sentirsi isolati»
Il primo saluto dell’allora nuovo arcivescovo Giuseppe Satriano ai suoi nuovi fedeli di Rossano-Cariati nella Cattedrale

Il primo saluto dell’allora nuovo arcivescovo Giuseppe Satriano ai suoi nuovi fedeli di Rossano-Cariati nella Cattedrale

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Camminare tra la gente con il Vangelo in mano per essere testimoni credibili della buona novella. È il motto di vita ma anche la stella polare che da sempre ha contraddistinto l’azione di monsignor Giuseppe Satriano, classe 1960. Tra i dati singolari della sua vita – prima dell’elezione ad arcivescovo di Rossano-Cariati – l’essere stato a fianco come guida spirituale dei disabili del centro “La Nostra Famiglia” di Ostuni e poi l’essere stato missionario fidei donuma Marsabit in Kenya, «dove ho imparato sulla mia pelle il significato più autentico della povertà. E lì ho toccato veramente il dramma della siccità. Un fenomeno – dice sorridendo l’arcivescovo, originario di Brindisi – ben diverso di quello che sta vivendo il nostro Paese in questi giorni…».

Dal 2014 monsignor Satriano ha lasciato la sua amata terra, la Puglia, e la sua Brindisi – culla della sua vocazione sacerdotale e cristiana – per divenire il pastore di un’antica Chiesa – con radici anche nel monachesimo orientale, basti pensare a san Nilo, l’eremita fondatore dell’abbazia di Grottaferrata e meta privilegiata delle tante peregrinazioni di un santo molto amato in questo angolo di Calabria come san Francesco di Paola – come quella di Rossano- Cariati: il 26 ottobre di quell’anno fece il suo solenne ingresso in Cattedrale. «Soprattutto ho imparato – è la confidenza dell’arcivescovo – a capire che questa gente non solo ama il suo pastore ma come ogni autentico calabrese che si rispetti ha bisogno di capire e di sentirsi compreso e accolto. Una volta superato questo esame la gente si fida di te e si affida».

Monsignor Satriano rievoca il giorno del suo ingresso in diocesi, la scelta di un gesto particolare: «Anziché donare un testo o un regalo particolare ai miei fedeli, ho voluto offrire a ciascuno dei presenti nella Cattedrale un pezzo di pane, come segno di un pane da spezzare e da condividere con ogni uomo di buona volontà». E non a caso parole come condivisione e «camminare insieme» – appresa alla scuola di un «vescovo che mi è stato maestro di vita come don Tonino Bello » – fanno parte della trama ordinaria dell’esistenza di questo vescovo, spesso sorridente, dalla corporatura forte e imponente: vive in episcopio con il suo segretario don Giuseppe Scigliano e un piccolo drappello di suore Serve di Maria, provenienti dalle Filippine e dall’Indonesia. «Con loro condivido l’inizio e la fine delle mie giornate, i miei pasti ma anche i momenti di preghiera a cominciare dall’Eucaristia mattutina » confida. E non a caso una delle sue prime intuizioni pastorali – «frutto anche dei miei anni di formatore e di guida spirituale nel Seminario di Ostuni » ammette Satriano – è stata quella di favorire delle “Fraternità sacerdotali”: «Cioè dei luoghi comunitari dove i nostri presbiteri – anche quelli in formazione come i nostri 4 seminaristi – che spesso vivono da soli in parrocchie sperdute, possano partecipare a momenti di condivisione e di convivialità – almeno un pasto assieme – con altri loro confratelli della nostra diocesi».

Una Chiesa quella di Rossano-Cariati, tra mare e montagna, carica di storia e di vita contemplativa – «qui abbiamo importanti realtà monastiche come le clarisse – sottolinea l’arcivescovo – e presto metterà piede stabilmente non lontano dalla Sila una comunità di monache agostiniane» – e di contraddizioni. «Penso spesso all’emigrazione di tanti dei nostri giovani verso il Nord Europa – spiega Satriano – e di riflesso allo spopolamento dei nostri borghi storici come Rossano, Cariati e Corigliano. Il mio augurio? È che questi luoghi ritornino a ripopolarsi e ridiventino degli spazi di cultura e di vita come è successo nella mia Puglia».

Il presule indica i punti di forza di questa terra: dall’agroalimentare (con la famosa produzione dei mandarini clementini), alla liquirizia, a un prodotto veramente di qualità e «unico al mondo » come l’olio. «Credo che la vera sfida sia quella di non defraudare e derubare la speranza a questo popolo buono».

Il presule non dimentica nel suo articolato ragionamento i tanti piccoli drammi di questo lembo di Mezzogiorno: la disoccupazione (dovuta ad esempio anche alla dismissione di importanti siti come la centrale Enel di Rossano), l’infiltrazione di fenomeni malavitosi dentro il «vissuto comune e deprivato» di tanta povera gente. «Un territorio – afferma Satriano – che custodisce e preserva con sapienza il retaggio della cultura della Magna Grecia e della grande tradizione cristiana che ci arriva da Bisanzio. Basti pensare alle tante liturgie che vengono recitate qui, in alcuni periodi dell’anno, in greco e in italiano». E non dimentica monsignor Satriano altri rischi che si annidano nell’esperienza ordinaria della fede in questo angolo di Calabria: il pericolo di una pratica lontana da un’autentica testimonianza cristiana «coerentemente vissuta». «Io stesso recentemente ho indirizzato una lettera ai miei fedeli – racconta – dove ho voluto indicare dei criteri di scelta per individuare delle figure adatte nella veste di padrini e madrine ad accompagnare nei sacramenti del Battesimo e della Cresima. Il mio suggerimento? Trovare, come direbbe il giudice Livatino, “credenti e cristiani credibili”». L’attenzione ai bambini come agli anziani ma anche a questioni come la «legalità», la «giustizia sociale» – tipico del magistero itinerante di quella “Chiesa col grembiule”, definizione tanto cara al vescovo Tonino Bello – ma soprattutto il farsi prossimo verso chi non si può difendere, sono la principale bussola di orientamento, – quasi uno zenit – dell’impronta pastorale di Satriano qui in Calabria.

«Forse perché frutto della mia precedente esperienza fatta con i disabili e nel solco degli insegnamenti del beato Luigi Monza – è la riflessione del presule – ci siamo mobilitati come diocesi per realizzare dei convegni. L’ultimo si è svolto il maggio scorso a Schiavonea, dal titolo “La vita in Cattedra”, per porre l’attenzione al mondo dei disabili. Ora pensiamo di mettere in piedi un osservatorio permanente dedicato a questa emergenza che tocca il welfare di questa Regione e lascia soprattutto soli e abbandonati al loro destino i genitori, spesso anziani, che devono assistere queste persone fragili e indifese». Una lezione e uno stile di prossimità – quello indicato da Satriano – che ha radici antiche: «Molto di quanto fiorito qui è frutto del lavoro dei miei predecessori come gli arcivescovi Santo Marcianò e Andrea Cassone. Penso alle tante mense Caritas sorte per venire incontro all’ondata di migranti, arrivati spesso per lavori stagionali, alle iniziative di microcredito rivolte soprattutto a favore dei giovani, in particolare dopo l’alluvione del 2015, grazie ai fondi dell’8xmille o a una casa famiglia per ragazze madri in difficoltà». Ma un sogno da tempo accarezzato da monsignor Satriano – sulla scia della magistero della “Chiesa in uscita” tracciata da papa Francesco – è l’imminente nascita di un’“opera segno” come la “Casa della Speranza” in alcuni spazi un tempo occupati della stazione ferroviaria di Rossano. «Qui verrà allestito un consultorio, un piccolo emporio con i beni di prima necessità, un servizio doccia e di cambio abiti con annesso un ambulatorio. Un segno questo che rappresenta un “lumino di speranza” per i nostri poveri».

Dal suo studio in episcopio, a conclusione del nostro colloquio, mentre ci guarda dall’alto un bellissimo mosaico che raffigura un ascetico e austero Cristo Pantocratore monsignor Satriano sembra soprattutto cogliere degli spunti di speranza per il suo ministero in una Chiesa da lui descritta come «vestita di popolo». «Da quando sono divenuto vescovo qui – è la sua riflessione finale – ho sempre in mente questa frase, spesso ripetuta dell’allora vescovo di Locri-Gerace GianCarlo Maria Bregantini, che “la Calabria è un giardino che attende di fiorire”. Credo che anche da qui possa sorgere una nuova aurora. Il mio auspicio? Quello di continuare ad essere un vescovo in ascolto delle attese del suo gregge e capace di leggere il “semplice vivere” di questa gente».

LA BIOGRAFIA. Pugliese, è stato fidei donum in Kenya

Le parole chiave, al suo ingresso nell’arcidiocesi di Rossano-Cariati in Calabria, sono state «umanità» e «umiltà», la visita d’esordio l’ha riservata ai carcerati prima ancora della presa di possesso della Cattedrale. È il biglietto da visita con cui l’arcivescovo Giuseppe Satriano si presentò a Rossano il 26 ottobre 2014. Nato a Brindisi l’8 settembre 1960, è stato ordinato presbitero il 28 settembre 1985. Il 15 luglio 2014 papa Francesco lo ha nominato arcivescovo di Rossano-Cariati. Monsignor Satriano ha ricevuto la consacrazione episcopale il successivo 3 ottobre dal cardinale Salvatore De Giorgi, arcivescovo emerito di Palermo. Prima della sua elezione ad arcivescovo è stato anche sacerdote “fidei donum” in Kenya e guida spirituale per tanti anni – nel solco degli insegnamenti del beato Luigi Monza – all’interno della struttura presente a Brindisi e Ostuni “Nostra Famiglia” – a fianco dei ragazzi disabili. All’interno della sua arcidiocesi di origine, Brindisi-Ostuni, ha ricoperto l’incarico di vicario generale, educatore e guida spirituale del Seminario (per 12 anni) e di parroco-arciprete della Chiesa Madre di Mesagne.

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