lunedì 7 febbraio 2022
La coordinatrice di Talitha Kum: «Una schiavitù a cui un cristiano non può restare indifferente»
Suor Gabriella Bottani

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La pandemia non ha cambiato le forme di sfruttamento. È stata l’entità del fenomeno a mutare. E in peggio. Con il Covid, la tratta è cresciuta ulteriormente. «Perché in questi anni segnati dal virus si sono acuite le contraddizioni dell’economia e le diseguaglianze, amplificando le condizioni di vulnerabilitità che rendono gli uomini e le donne facili prede del sistema di sfruttamento alla base della tratta di persone», spiega suor Gabriella Bottani, comboniana e coordinatrice internazionale di Talitha Kum, la rete globale della vita consacrata contro schiavitù moderna. A quest’ultima è affidata l’organizzazione della Giornata mondiale di preghiera e riflessione contro la tratta di persone, promossa dalle Unioni internazionali delle superiore e dei superiori generali (Uisg e Usg). È l’ottava volta che essa viene celebrata ed ormai è diventata un punto di riferimento fuori e dentro la Chiesa.
Ricorrenze come questa sono spesso considerate mere formalità. Possiamo, invece, dire che questa Giornata ha almeno avviato un processo di cambiamento?
La Giornata ha contribuito molto nella sensibilizzazione e coscientizzazione in forma capillare, non come evento isolato nell’anno, ma come una tappa importante nel cammino di impegno contro la tratta. Il cambiamento si vede da tanti piccoli gesti. Come quello di una mamma ugandese che, al ricevere la chiamata della figlia partita per un Paese del Golfo, capisce: “Questa è tratta”. O di una ragazza del Togo che ha il coraggio di chiedere aiuto alle religiose per la sorella trafficata negli Usa. Da quando è cominciata la Giornata, inoltre, sempre più organizzazioni – delle più varie provenienze – si sono unite alla rete, dal Movimento dei Focolari al Servizio gesuita per i rifugiati a vari gruppi di altre tradizioni religiose.
Perché combattere contro la tratta è un dovere per un cattolico?
Il Vangelo, l’incontro con Dio in Cristo Gesù è un’esperienza profonda di liberazione dal male, di scoperta della propria dignità di figlie e figli amati. Questo è fondamentale per la nostra fede. Chi lo vive non può restare indifferente di fronte alla schiavitù e alla distruzione della dignità di milioni di fratelli e sorelle.
Per la terza volta, la Giornata cade in periodo di pandemia. Al di là di aumentare il rischio per i più fragili, il virus ha mutato alcune caratteristiche del sistema di sfruttamento?
I cambiamenti più significativi riguardano lo sfruttamento sessuale. Il Covid ha accelerato l’utilizzo di spazi privati e della Rete. È aumentata, così, la difficoltà per gli operatori di avvicinare le vittime perché il tutto avviene in modo più nascosto. Al contempo, la distribuzione di informazioni e materiale utile per il contenimento della pandemia ha offerto opportunità importanti per chi è riuscito ad adeguare il proprio servizio al nuovo contesto.
Quali sono i principali hub della tratta nel mondo?
I luoghi sono tanti e diversi, vorrei ricordare soprattutto le regioni di confine, dove si riversano gli esodi contemporanei. Mi riferisco alla rotta balcanica o al Nord Africa, in particolare la Libia, e la frontiera tra Messico e Usa. In queste grandi linee di faglia geopolitiche e sociali, migrazione, tratta, traffico, sfruttamento, impunità si intersecano, generando situazioni limite che ricadono come un macigno sulle spalle dei più deboli.
Il tema della Giornata stavolta sottolinea la tragedia delle donne – i due terzi delle vittime – ma anche la loro forza nel riscattarsi e riscattare. Perché questa scelta?
Sono convinta che i cambiamenti più belli e profondi non vengano dal centro bensì dalla periferia. Noi donne, nostro malgrado, siamo state messe ai margini. Per andare avanti, dunque, abbiamo dovuto imparare la resistenza, l’energia, la creatività, il coraggio, trasformando la situazione di emarginazione in laboratorio di cambiamento e di cura. Ora queste sono risorse preziose per promuovere percorsi di liberazione e dignità per noi stesse e per l’umanità.

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