sabato 21 ottobre 2017
Il vescovo Savino tra i migranti, sotto a destra con un gruppo di fedeli, più in basso mentre parla ai giovani.
Savino: «Vorrei essere un vescovo fatto popolo»
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Monsignor Francesco Savino è un vescovo che vive il suo servizio 'con' e 'per' la gente. Un pastore che crede nella forza rivoluzionaria del Vangelo, quella che punta sul dialogo e mette al centro gli ultimi. Un uomo calato nel suo tempo, desideroso di farsi compagno di strada soprattutto di chi resta indietro. Pugliese di Bitonto, 63 anni tra meno di un mese, da maggio 2015 guida la diocesi calabrese di Cassano all’Jonio dove è subentrato a monsignor Nunzio Galantino.

«Quando ho ricevuto la telefonata che mi annunciava la scelta del Papa – spiega Savino – non mi aspettavo la nomina a vescovo. Però in quel momento ho sentito che il Signore mi chiamava a mettere, tutto quello che avevo maturato come sacerdote, a disposizione di un popolo. L’aver fatto sempre il parroco mi aiuta molto, anche se è diverso lo sguardo, la prospettiva, soprattutto la responsabilità». Le priorità, come annunciato sin dal primo messaggio alla diocesi, restano però le stesse. Pastore di tutti, ma con un’attenzione privilegiata ai giovani. E, soprattutto agli ultimi «che diventano pietre angolari, quelli che don Tonino Bello chiamava i drop out, cioè gli emarginati, i rifiutati, chi non conta e non viene ascoltato, quelli che una definizione sociologica terribile chiama 'gli invisibili'. Questo perché il primo scartato è stato Gesù. I poveri sono i protagonisti del Vangelo e, più laicamente i protagonisti della storia. Sono gli avanzi, i crocifissi di carne a innescare i processi di cambiamento».

E poi i giovani. «Credo che noi adulti dobbiamo chiedere perdono per aver consegnato un mondo in cui è già stata tolta loro una buona fetta di futuro». Ai ragazzi Savino si rivolge spesso con parole affettuose e insieme forti. Pressante il richiamo a non lasciarsi asservire, a ribellarsi alla sudditanza, a studiare. «L’ignoranza è funzionale, organica al potere, un potere che li vuole impreparati, dopati, drogati, addormentati, alcolizzati. Ai giovani chiedo di essere intelligenti, sapienti, di impegnarsi ad acquisire gli strumenti per capire la realtà». Decisivo, in questo senso, il ruolo formativo della scuola. Nel bene come nel male. «Ai ragazzi dico che l’alternativa è tra il libro e il muro. Cioè tra una scuola che educa all’inclusione e l’indifferenza, l’intolleranza. I muri appunto. Il libro invece è strumento di liberazione, un 'vaccino' contro ogni forma di potere oppressivo». Il modello, il riferimento è don Lorenzo Milani, prete, autore, educatore, particolarmente amato da Savino.

«La bellezza della scuola di Barbiana si fonda su due principi pedagogici straordinari: nessun giovane va escluso o è irrecuperabile; non si possono fare parti uguali tra diseguali. Mi spiego: finché ci saranno due persone di cui una conosce cento parole e l’altra mille, esisteranno un oppresso e un oppressore. La cultura è strumento di liberazione, di autocoscienza, ti dà gli strumenti ermeneutici per capire le contraddizioni sociali, per sottrarti alle sirene persuasive della massoneria deviata, della ’ndrangheta, della politica collusa». In effetti quando ci si interroga sui problemi della Calabria, il pensiero va subito alla disoccupazione. E all’arrogante invadenza della criminalità organizzata. «Io credo che l’emergenza delle emergenze sia la mancanza di lavoro dignitoso, che dovrebbe essere garantito. E invece spesso, purtroppo, sembra che il vero Stato sia il potere criminale, che ti fa mangiare e ti dà lavoro. Un messaggio terribile». La sfida dunque è prima di tutto culturale. «Il popolo calabrese è intelligente e generosissimo. Il problema semmai è l’individualismo, il silenzio di fronte alle grandi questioni che emergono. Invece se si vuole dare una chance alla speranza occorre mettersi insieme, ragionare in maniera comunitaria, eliminare il sospetto con cui si guarda all’altro». E qual è la miglior scuola di speranza se non il cristianesimo, che, spiega il Papa, è relazione?. «Quando papa Francesco dice che il tempo è superiore allo spazio, chiede di attivare processi di liberazione, ma di farlo insieme, non da soli. Sono entusiasta del suo magistero perché imposta la riflessione pastorale su un concetto biblico, evangelico fondamentale: Dio è di tutti, appartiene a tutti. È inclusivo, per cui la Chiesa non può che esserlo a sua volta».

La questione sociale come elemento importante dunque. «Papa Francesco ci fa capire che non si può annunciare che Gesù è nato, morto e risorto per me, per te e per tutti, se non partiamo dagli ultimi. Detto in altro modo, la questione sociale fa parte del kerygma, il punto di partenza dell’evangelizzazione». Una priorità pastorale e insieme uno stile di condivisione che deve diventare prossimità, carità concreta, pane spezzato.

A Bitonto come parrocorettore della parrocchia-santuario dei Santi Medici, Savino ha tradotto questa esigenza di attenzione agli ultimi in un hospice con trenta posti letti, in una mensa, in una casa alloggio per i malati di aids, in una struttura di accoglienza per sfrattati, in una casa per donne con figli, in un centro di ascolto delle povertà. Un impegno che, una volta diventato vescovo, è stato calibrato sui bisogni del territorio calabrese. «In coincidenza con l’Anno Santo è nata la Fondazione di Comunità 'Casa della Misericordia', frutto dell’incontro tra la Fondazione 'Rovitti', dal nome di una famiglia che ha lasciato un’eredità alla diocesi, e il Seminario diocesano per offrire servizi socio-sanitari alle persone più fragili, integrando offerte lavorative con pratiche gratuite di volontariato. Si chiama 'Casa' perché luogo dell’accoglienza, dello stare insieme, delle relazioni belle e positive.

A Castrovillari è stato recuperato un convitto abbandonato di proprietà del Seminario per dare vita al progetto 'Isacco 1' e 'Isacco 2' per il 'Dopo di noi' di ragazzi autistici e diversamente abili che perdono i genitori. A Francavilla c’è una casa di riposo per anziani, a Mormanno una struttura di prossimità per i malati di Alzheimer. E, ancora, tre centri per gli immigrati: a Morano e Francavilla per gli adulti, a Mormanno per minori non accompagnati. Accogliere significa obbedire a un’opera di misericordia corporale straordinaria. Si tratta di una scelta anche di civiltà e di democrazia».

C’è poi l’impegno contro la disoccupazione, per il lavoro pulito. «Grazie alla Fondazione Rovitti, i terreni ricevuti in eredità vengono destinati al lavoro agricolo per la produzione di riso, arance, clementine. E guardiamo avanti. La nuova sfida è l’agricoltura sociale, sono gli orti solidali, le fattorie didattiche per cercare non solo di garantire occupazione dignitosa e trasparente, ma anche per dare risposte di speranza, di accompagnamento, di vicinanza, di prossimità a chi è in difficoltà». In tutto questo impegno 'sociale', Savino non perde però di vista il primo compito di un vescovo che è la cura pastorale del suo popolo ed in particolare dei sacerdoti. «Sono fortunato: il clero di Cassano all’Jonio è buono, obbediente. Ha però bisogno di essere sostenuto e incoraggiato. Per quanto posso giro, vado anche nei paesi più lontani della diocesi. Credo che l’unità presbiterale debba partire da quella sacramentale per poi diventare unità pastorale. E al concetto di unità preferisco quello di fraternità, termine oggi largamente disatteso».

Un uomo di preghiera innamorato di Gesù, un padre per i suoi preti, un pastore per il popolo diocesano, un fratello per gli ultimi. Monsignor Savino, il 'mestiere' del vescovo è impegnativo... «Una volta, monsignor Tonino Bello di cui ero amico mi regalò un libro sull’arcivescovo Romero con la dedica 'Romero: un vescovo fatto popolo'. Se c’è un’idea ispiratrice del mio servizio episcopale è essere un vescovo fatto popolo».

Chi è?

Francesco Savino è nato a Bitonto (Bari) il 13 novembre 1954. Ordinato sacerdote il 24 agosto 1978 è prima vice parroco di San Silvestro-Crocifisso poi parroco a Cristo Re Universale. Il 2 ottobre 1989 è nominato parroco rettore della Parrocchia Santuario Santi Medici di Bitonto dove mette al centro del servizio pastorale l’attenzione ai fedeli devoti dei Santi Cosma e Damiano. Parallelamente apre un Centro d’Ascolto, una Casa d’Accoglienza per senza fissa dimora, dà impulso alla mensa dei poveri e avvia l’Associazione famiglie contro la droga. Nel 1992 consegue il Baccalaureato in Sacra Teologia e nel marzo 2000 discute la tesi di licenza in Antropologia. Come parroco realizza inoltre una Casa alloggio per malati di Aids, il Progetto della Casa d’accoglienza per donne in difficoltà e l’Hospice Centro di Cure Palliative “Aurelio Marena”. Il 28 Febbraio 2015 viene eletto vescovo di Cassano all’Jonio ricevendo l’ordinazione episcopale il 2 maggio. Il 31 Maggio 2015 inizia il suo ministero nella diocesi calabrese.

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