sabato 21 settembre 2013
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Un passo avanti. Nella continuità con i Papi che hanno preceduto Francesco, certo. Ma con elementi di novità che non possono essere sottovalutati. Così la filosofa Paola Ricci Sindoni invita a rileggere i passaggi dell’intervista apparsa su «Civiltà Cattolica» in cui papa Bergoglio esalta l’importanza del genio femminile. «Mi ha colpito – dice – l’insistenza sulla necessità di elaborare una specifica teologia della donna. È un tema già presente nel Magistero, ma mai dichiarato in modo tanto esplicito da un Papa».Quale prospettiva si apre a questo punto?«Di metodo, anzitutto. Una teologia della donna non può essere pensata in maniera astratta dagli uomini, né tanto meno rielaborata in termini di mera rivendicazione femminista. Da un lato c’è il rischio di un linguaggio che, nella sua genericità, non contiene la ricchezza della differenza perché, in sostanza, non ne tiene affatto conto. Sull’altro versante, c’è la deriva di quello che il Papa definisce “machismo in gonnella”».Vale a dire?«È la trasposizione meccanica delle forme di potere maschile in ambito femminile. O, se si preferisce, la confusione tra la funzione svolta e la dignità delle differenza. A farne le spese è sempre la specificità dell’essere umano nella sua natura duale di maschile e femminile. L’orizzonte al quale il Papa fa riferimento è questo».Con quali conseguenze pratiche?«Immagino una maggior collaborazione fra l’elemento petrino, maschile, della Chiesa, e quello mariano, prettamente femminile. Quando Francesco afferma che le donne devono essere chiamate a partecipare alle decisioni, quella che si delinea è un’integrazione fra struttura e profezia, fra organizzazione e missione. Il pensiero della differenza, se autentico, genera distinzione, ma non separazione. E tanto meno opposizione».Una Chiesa più sinodale in quanto più femminile?«Senza dubbio meno gerarchica e meno interessata alla logica del potere declinato in senso maschile. Qui l’apporto del genio femminile è davvero determinante: per la donna il potere è il possum, l’apertura alla possibilità. Il limite di molta teologia femminista sta nel non accettare questa peculiarità, interpretando come limite quello che è, al contrario, un valore irrinunciabile. Proprio perché non partecipa del “potere” comunemente inteso, la donna ha il “potere” di testimoniare un nuovo modello ecclesiale, che in questo momento ci si presenta come uno dei frutti maturi del Concilio».Nell’intervista Francesco parla molto anche del ruolo delle donne nella sua famiglia.«Sì, è un tocco di concretezza, che lascia intendere come la famiglia possa essere il primo luogo in cui la differenza fra maschile e femminile viene vissuta in tutta la sua bellezza, in tutta la sua forza profetica e comunitaria».
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