venerdì 16 maggio 2014
​Il rabbino argentino, amico di Francesco, interviene sull'Osservatore Romano in vista del viaggio in Terra Santa
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"Quando Papa Francesco sarà davanti al muro del Tempio, testimone inerme dell'opera e della passione di Gesù, il popolo ebraico si troverà accanto a lui". Ne è convinto, e lo scrive sull'Osservatore romano, il rabbino argentino di origine polacca Abraham Skorka, amico di Jorge Mario Bergoglio dai tempi in cui l'attuale papa era arcivescovo di Buenos Aires, e che accompagnerà il Papa a Gerusalemme e Betlemme, nel'ormai imminente viaggio di papa Bergoglio in Terrasanta. Il rabbino Skorka firma sul giornale vaticano un articolo intitolato "Le vie della pace", in cui spiega il senso del pellegrinaggio per l'ebreo, come porsi davanti al Signore "offrendogli il migliore dei doni: una realtà nella terra che egli possa benedire pienamente con la sua pace". In questa interpretazione ebraica del pellegrinaggio, condivisibile per i cristiani, va cercato il senso della speranza comune del Papa e del rabbino Skorka, speranza che il loro viaggio possa contribuire alla pace effettiva in Terrasanta, nei tempi e modi che le condizioni storiche consentiranno. Un elemento di interesse dell'articolo di Skorka è nel suo ricordo del sionismo di Martin Buber. Agli albori del sionismo, Buber pubblicò un saggio, "Tra il popolo e la sua terra", in cui, osserva il rabbino amico di Bergoglio, "si sofferma sul profondo significato che la terra d'Israele ha per il popolo ebraico nel suo rapporto con Dio". "Ritornare pienamente a Sion dovrebbe significare, seguendo Buber, ricreare il patto di Israele con Dio", ma la "sfida che il popolo ebraico deve affrontare per tornare alle sue origini, nel luogo dove si trovavano da sempre le sue radici", è "la sfida posta da Dio, attraverso i suoi profeti, di plasmare una società di giustizia, di rettitudine e di misericordia e d'impegnarsi profondamente nella ricerca delle dimensioni spirituali dell'esistenza". "Per tornare pienamente a Sion - sottolinea Skorka - il popolo ha bisogno di una realtà di pace che gli consenta di smettere di concentrare la propria attenzione e i propri sforzi sulla sua difesa, al fine di potersi guardare dentro". Il popolo deve affrontare "la sfida di compiere uno sforzo sincero affinché nella regione il dialogo prevalga sulla violenza, il riconoscimento della fratellanza superi l'odio che acceca". "Comprendo - commenta Skorka - che il popolo ebraico in Israele e in tutte le comunità sparse nel mondo desideri dal Papa gesti che sappiano lasciare un segno indelebile, capaci d'ispirare tutti a forgiare la via che conduce alla materializzazione del sogno profetico che presenta Sion come l'epicentro mondiale della pace, dove le spade diventano vomeri e dove nessuno si esercita più per la guerra, come predisse Isaia". "D'altro canto - prosegue il rabbino - desiderano un approfondimento del processo di riconciliazione e di dialogo avviato con Nostra aetate", "dobbiamo allontanarci da ogni espressione che conduca a un qualsivoglia sincretismo e unirci in un fecondo dialogo fraterno".
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