mercoledì 6 marzo 2013
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Era prevedibile che accadesse, ma è pur sempre legittimo sperare che possa andare diversamente: col passare dei giorni e delle congregazioni generali, fioriscono le chiacchiere mediatiche attorno al crescente (e comprensibile) riserbo dei cardinali.
Si coglie come un’impazienza per spingere gli elettori nella Cappella Sistina, c’è l’ansia di una data per l’avvio del Conclave, si va a caccia di un’indiscrezione qualunque, di una polemica che non c’è, di ruggini e dissapori in un Sacro Collegio che va completandosi (ormai è imminente l’arrivo dell’ultimo tra i 115 cardinali attesi dal voto). Richieste perentorie, alchimie elettorali e teoremi fantasiosi vengono sovrapposti ai semplici fatti, forse troppo semplici e a un tempo misteriosi per chi preme attorno alle mura vaticane per raccontare un pre-conclave già immaginato in chiave “politica” e addirittura “romanzesca”. La Chiesa dentro l’Aula nuova del Sinodo (e nel pomeriggio in San Pietro nell’atto della pubblica preghiera comune) fa quel che deve, sa che deve restare se stessa, e rispetta priorità, linguaggi e tempi propri. All’informazione spetterebbe di avvicinarsi con rispetto giornalistico a questa realtà millenaria incarnata da uomini di fede, intelligenza e spiritualità più che provate, astenendosi una buona volta dallo strattonarli per la veste.
La Santa Sede, alla vigilia delle riunioni dei cardinali, ha ricordato con fermezza che la Chiesa non si lascia piegare dalle logiche di chi la vorrebbe condizionare. Discernere sfide, mettere a fuoco novità e soluzioni possibili, abbozzare il profilo del nuovo Papa, e farlo nella collegialità di un’”orchestra” senza smanie da “solisti” – come ha spiegato Benedetto congedandosi dai cardinali – , è un’opera che richiede la saldezza dei veri credenti. I cardinali certamente si sentono confortati da una grande preghiera globale, assai più che incalzati dal ronzio di certe telecamere e dal ticchettio dei computer.
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