mercoledì 1 gennaio 2014
​Alla celebrazione dei Vespri, seguiti dalTe Deum, il Pontefice ieri ha ricordato che la chiusura dell'anno non è una “fine” ma «un ulteriore passo verso la meta che sta davanti a noi: una meta di speranza e di felicità perché incontreremo Dio». E ai fedeli ha chiesto: quanto tempo dedichiamo agli altri? IL TESTO DELL'OMELIA
 La preghiera per tutti gli «esiliati»
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"Questa sera concludiamo l'Anno del Signore 2013 ringraziando e chiedendo perdono, due cose insieme". Lo ha detto ieri papa Francesco presiedendo, alle 17 nella Basilica Vaticana, i primi Vespri della Solennità di Maria Santissima Madre di Dio, seguiti dall'esposizione del Santissimo Sacramento, il canto del tradizionale inno Te Deum di ringraziamento a conclusione dell'anno civile e la benedizione. Al termine il Pontefice ha reso omaggio al Bambino Gesù nel presepe allestito in Piazza San Pietro."Ringraziamo per tutti i benefici che Dio ci ha elargito - ha detto il Papa - e soprattutto per la sua pazienza e la sua fedeltà, che si manifestano nel succedersi dei tempi ma in modo singolare nella pienezza del tempo, quando “Dio mandò il suo Figlio, nato da donna”. La Madre di Dio, nel cui nome domani inizieremo un nuovo tratto del nostro pellegrinaggio terreno, ci insegni ad accogliere il Dio fatto uomo, perché ogni anno, ogni mese, ogni giorno sia colmo del suo eterno Amore"."Un anno che è passato - ha ribadito il Papa - non ci porta ad una realtà che finisce ma ad una realtà che si compie, è un ulteriore passo verso la meta che sta davanti a noi: una meta di speranza, una meta di felicità, perché incontreremo Dio, ragione della nostra speranza e fonte della nostra letizia".Il pensiero del Papa è quindi andato ai poveri, agli infelici e ai sofferenti. E il Pontefice ha parlato anzitutto come vescovo di Roma. Dapprima ha chiesto ai fedeli di domandarsi quanto tempo, in questo anno che finisce, abbiano saputo spendere non solo "per noi stessi, per i nostri interessi" ma "anche per gli altri. Quindi, parlando a nome di "noi cittadini romani", ha invitato a guardare alla "qualità della vita in questa città" e a quanto "quest'anno abbiamo contribuito, nel nostro piccolo, a renderla vivibile, ordinata accogliente". "Certo - ha sottolineato - chi è investito da autorità ha maggiore responsabilità, ma ciascuno è corresponsabile, nel bene e nel male"."Roma è una città di una bellezza unica", ha sottolineato il Papa, "il suo patrimonio spirituale e culturale è straordinario". Eppure, "anche a Roma ci sono tante persone segnate da miserie materiali e morali, persone povere, infelici, sofferenti, che interpellano la coscienza di ogni cittadino". A Roma, ha insistito, "forse sentiamo più forte questo contrasto tra l'ambiente maestoso e carico di bellezza artistica, e il disagio sociale di chi fa più fatica". Inoltre, "Roma è una città piena di turisti, ma anche piena di rifugiati". "Roma è piena di gente che lavora - ha ricordato il Pontefice -, ma anche di persone che non trovano lavoro o svolgono lavori sottopagati e a volte indegni; e tutti hanno il diritto ad essere trattati con lo stesso atteggiamento di accoglienza e di equità, perché ognuno è portatore di dignità umana".Papa Francesco ha esortato tutti ad agire, nel prossimo anno, "per rendere un poco migliore la nostra Città". Ed essa, ha detto, "avrà un volto ancora più bello se sarà ancora più ricca di umanità, ospitale, accogliente; se tutti noi saremo attenti e generosi verso chi è in difficoltà; se sapremo collaborare con spirito costruttivo e solidale, per il bene di tutti". E sarà migliore "se non ci saranno persone che la guardano 'da lontano', in cartolina, che guardano la sua vita solo 'dal balcone', senza coinvolgersi in tanti problemi umani, problemi di uomini e donne che, alla fine e dal principio, lo vogliamo o no, sono nostri fratelli".
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