domenica 2 febbraio 2020
L’arcivescovo di Bamberga racconta il Sinodo tedesco: «Due le posizioni: c’è chi propone nuove vie di annuncio; chi una nuova forma di Chiesa aperta anche al sacerdozio femminile»
«Non siamo rivoluzionari. Vogliamo vincere la crisi»

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Monsignor Ludwig Schick, 71 anni, dal 2002 è arcivescovo di Bamberga dopo essere stato ausiliare di Fulda per un quadriennio. Personalità stimata da tutte le componenti dell’episcopato tedesco. Nella prima assemblea del Cammino sinodale della Chiesa in Germania, a lui è stato chiesto di svolgere una relazione sugli aspetti giuridici del contrasto al triste fenomeno degli abusi perpetrati da chierici nei confronti dei minori. Uno scandalo scoppiato in tutta la sua virulenza nel 2010, le cui ricadute hanno portato alla decisione di iniziare questo Cammino. Lo intervistiamo al termine dei lavori.

Eccellenza, qual è il senso del Cammino sinodale intrapreso dalla Chiesa cattolica tedesca?
In Germania, e forse anche in altri Paesi europei e in altre parti del mondo, sentiamo e sperimentiamo una crisi. Come vescovi e laici abbiamo deciso che per cercare di uscire dalla crisi dobbiamo intraprendere questo Cammino sinodale. L’unica opinione condivisa da tutti è che c’è una crisi, poi cominciano le differenze.

Cioè?
La differenza fondamentale è su quali siano le cause della crisi. Alcuni dicono che la radice è interna alla Chiesa: il celibato, il non accesso delle donne al diaconato e al sacerdozio, lo scandalo degli abusi sessuali e finanziari. Altri invece affermano: no, le cause sono la secolarizzazione, il consumismo, l’individualismo, le scienze che mettono in discussione la nostra dottrina. Gli esponenti di questa opinione sostengono che quindi è necessaria una nuova evangelizzazione, un nuovo modo di annunciare il Vangelo, un nuovo dialogo con il mondo scientifico, forse una differente forma della Chiesa, ma in senso tradizionale, ottimizzando le strutture che ci sono. Gli altri invece ritengono che per uscire dalla crisi va introdotta una nuova forma della Chiesa con, ad esempio, il sacerdozio femminile, la democrazia nel governo della Chiesa con un maggior controllo del potere dei sacerdoti. Ci sono poi posizioni più sfumate, ma sostanzialmente sono queste le due dominanti, che propongono soluzioni differenti. E al momento non so come possiamo uscire da questa situazione. Spero e prego che queste due parti cerchino di trovare una strada comune che soddisfi tutti in modo da uscire da questa crisi e andare avanti con il Vangelo, con i Sacramenti, con la nostra Chiesa per la gloria di Dio e la salvezza degli uomini.

In base a questi primi giorni di lavoro quali sono gli aspetti positivi e quelli critici che ha riscontrato?
Le domande fondamentali ancora non sono state toccate. Abbiamo discusso di questioni procedurali e abbiamo votato per i fori di discussioni. Ma i lavori veri e propri non sono ancora iniziati. Il rischio è che ci sia più divisione e più frustrazione. Se queste due parti non trovano un senso comune, ciascuno rimane fermo sulle sue convinzioni.

Alcune delle questioni più dibattute, come il celibato e il sacerdozio femminile, sono materie che riguardano la Chiesa universale. E questo che cosa implica?
Nello statuto del Cammino sinodale è scritto che i membri dell’assemblea possono prendere delle decisioni, ma queste decisioni sono solo dei “voti” che vanno ai vescovi diocesani se hanno la competenza di decidere qualcosa nella propria diocesi. Se si tratta di voti su argomenti che riguardano la Chiesa universale, allora vanno al Papa e sarà lui a decidere.

Nel suo intervento il presidente del Comitato centrale dei cattolici tedeschi, Thomas Sternberg, ha affermato che ci potranno essere materie che il Papa non può decidere da solo e che potranno essere affrontate in un Concilio.
Questo è vero, ma il Papa può decidere anche senza un Concilio, secondo il diritto canonico. Però normalmente quando ci sono cose che toccano tutta la Chiesa il Papa convoca un Concilio.

La ritiene una via praticabile, oggi?
È molto difficile, perché ci sono tanti vescovi, siamo più di seimila. E poi alcuni vorrebbero un Concilio con la presenza anche dei laici. È vero che il modo di celebrare i Concili è cambiato nel corso della storia. È difficile immaginare un nuovo Concilio, come lo abbiamo avuto nel Vaticano I e nel Vaticano II con solo i vescovi come membri. Cambiare l’idea del Concilio con una partecipazione allargata ai laici è ancora più difficile. Tornando a questo Cammino sinodale spero e prego che lo Spirito Santo ci aiuti e ci unisca per trovare una via comune che non soddisfi pienamente tutti, ma che sia accettata per andare avanti insieme. Alla luce dei voti che saranno espressi spero che i vescovi tedeschi si metteranno insieme per decidere in comunione e non ciascuno per conto suo.

Prima di questa riunione c’era chi prefigurava una “rivoluzione” nella Chiesa tedesca con il rischio di uno scisma…
Non ho l’impressione che i membri dell’assemblea siano dei rivoluzionari. Cercano una via per la Chiesa del futuro. Tutti quanti vogliono migliorare la Chiesa per affrontare questa sfida. Questa impressione e convinzione mi dà la fiducia che alla fine non ci sarà uno scisma. Qualche volta, a dire il vero, lo temo, ma poi viene di nuovo la speranza.

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