mercoledì 25 marzo 2015
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​“Monseñor vive nel cuore del popolo che tanto lo ha amato”, intonava la folla scandendo il ritornello di uno dei molti brani popolari dedicato a Óscar Arnulfo Romero. E, mai come quest’anno – il 35esimo dalla morte -, queste parole si sono fatte realtà a El Salvador. Il 24 marzo è stato una festa ininterrotta per le strade della capitale e dell’intero Paese più piccolo d’America. Il primo appuntamento, poco dopo l’alba, all’Ospedale della Divina Provvidenza, meglio noto come El Hospitalito, il luogo del martirio, per la prima Messa. Poi, in decine di migliaia – credenti di ogni religione e no - hanno sfilato, fra canti e preghiere, fino alla Cattedrale, ripercorrendo simbolicamente il percorso del corpo dell’arcivescovo assassinato, là nella cripta.

La marcia si ripete da 35 anni: nemmeno la guerra civile e la repressione nei confronti di quanti ricordavano la memoria di Romero, l’ha mai fermata. Stavolta, però, l’annuncio dell’imminente beatificazione, il 23 maggio, l’ha resa un evento indimenticabile. Il parco Cuscatlán, dove si trova il mural con 30mila nomi delle oltre 80mila vittime della guerra civile, non riusciva a contenere la moltitudine riunita per la consueta sosta di preghiera.

Nemmeno l’enorme Cattedrale è stata sufficiente: tanti hanno partecipato alla Messa, celebrata dal cardinale José Luis Lacunza insieme ai vescovi salvadoregni, assiepati sulla piazza. Per concludere l’intensa giornata, il popolo di El Salvador si è stretto intorno alla tomba di monsignor Romero, nella cripta della Cattedrale. Per il saluto finale. “Hanno ucciso il profeta. Ma la sua voce continua a parlare – hanno cantato -. E a indicarci la strada per un mondo più umano”.
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